In tutto il mondo si stanno svolgendo manifestazioni di solidarietà a sostegno del popolo palestinese: da New York, all’Australia, passando per Berlino, Londra, Istanbul, Milano e molte altre città del mondo. Non è che un antipasto, perché ovunque ci si sta organizzando per cortei nel fine settimana. I dimostranti hanno invitato a sostenere la resistenza e il popolo palestinese che da 75 anni subisce espropri illegali, violazioni costanti dei diritti umani e vive in un vero e proprio regime di apartheid e occupazione. Tutte queste manifestazioni hanno in comune il fatto di essere state del tutto ignorate dai principali media, i pochi che hanno coperto la notizia lo hanno fatto per stigmatizzarle accusando i partecipanti di antisemitismo e di appoggiare il terrorismo. Le esternazioni di solidarietà verso la causa palestinese sono quasi represse in buona parte dell’Occidente, compresa l’Italia dove, ad esempio, il ministro dell’Istruzione Valditara ha inviato degli ispettori in due scuole di Milano per punire degli studenti che si sono espressi a favore delle sigle della resistenza palestinese, augurandosi nientemeno che vengano arrestati per un reato di opinione che in Italia, ancora, fortunatamente non esiste.
In Australia, a Sydney, centinaia di persone hanno marciato contro l’occupazione israeliana e il Palestine Action Group Sydney ha chiesto all’Australia di tagliare i legami con lo Stato ebraico: l’attivista e accademico Fahad Ali ha invitato la folla a resistere all’occupazione israeliana della Palestina: «Abbiamo sofferto 75 anni di espropri, sono stati negati i nostri diritti alla vita e alla libertà, sotto un’occupazione sempre peggiore da parte di un regime coloniale che ha perpetrato contro di noi ogni tipo di atrocità», ha detto. Da parte sua, il primo ministro Anthony Albanese ha scoraggiato la manifestazione in segno di rispetto per la perdita di vite umane, sostenendo che le proteste non sarebbero servite a creare un clima che favorisce la pace. Dichiarandosi sostenitore della soluzione dei due Stati, ha affermato che l’attacco di Hamas non è nell’interesse né degli israeliani né dei palestinesi.
In Germania, già lo scorso 30 settembre – prima dello scoppio della guerra – la polizia tedesca ha represso una manifestazione organizzata da Samidoun, la Rete di solidarietà per i prigionieri palestinesi, e altri attivisti che si sono riuniti per parlare del caso di Kayed Fasfous e della campagna “StandWithZaid”, a sostegno di Zaid Abdulnasser, coordinatore di Samidoun in Germania, che rischia il ritiro della sua residenza a Berlino come rifugiato palestinese dalla Siria a causa delle sue attività politiche per la Palestina. La polizia ha circondato la Sonnenallee – un’importante strada di Berlino – vicino a Hermannplatz per intimidire gli attivisti e scoraggiarli dal partecipare all’evento. Nella capitale tedesca è presente la più grande comunità palestinese d’Europa.
Negli Stati Uniti, invece, la dimostrazione di solidarietà verso la Palestina da parte dei Democratici Socialisti d’America (DSA) svoltasi l’8 ottobre a New York, ha diviso e messo in imbarazzo i rappresentanti democratici, molti dei quali hanno condannato l’evento. I partecipanti al corteo, composto da più di mille persone, hanno cantato «La resistenza è giustificata quando le persone sono occupate», ma diversi esponenti progressisti hanno condannato fortemente la manifestazione: il governatore di New York Kathy Hochul l’ha definita «abominevole e moralmente ripugnante» e alcuni importanti esponenti democratici ne hanno approfittato per tracciare una linea di demarcazione netta tra loro e i membri dell’ala sinistra del partito come Alexandria Ocasio-Cortez e Jamaal Bowman, i quali hanno condannato le azioni di Hamas chiedendo un cessate il fuoco, ma non hanno condannato l’evento. «Il NYC-DSA si sta rivelando per quello che è veramente: una macchia antisemita nell’anima della più grande città d’America», ha scritto su X il deputato del Bronx Ritchie Torres.
Nonostante il netto schieramento della politica europea e statunitense a favore di Israele, con poche e marginali eccezioni, non manca comunque il sostegno da parte della popolazione civile a alle ragioni della resistenza palestinese. I media dominanti non solo cercano di nascondere le numerose dimostrazioni di solidarietà, ma sfruttano la carta dell’“antisemitismo” come arma per demonizzare chi difende la resistenza palestinese. L’antisemitismo, infatti, non ha nulla a che fare con l’antisionismo e la difesa del diritto dei palestinesi ad avere un loro Stato indipendente, tanto che diversi ebrei e rabbini ortodossi si sono opposti al sionismo e considerano inaccettabili le azioni del governo israeliano. Il rabbino Rabbi Weiss, ad esempio, portavoce del Movimento dell’organizzazione ebraica Neturei Karta, un gruppo di ebrei ortodossi la cui fondazione risale quasi a un secolo fa, sostiene l’opposizione all’ideologia sionista, e quindi anche allo stato d’Israele, in quanto la sua realizzazione contraddice, a suo dire, i principi e gli insegnamenti ebraici.
L’antisemitismo, dunque, è solo un pretesto per “blindare Israele”, impedendo qualsiasi critica e dissenso verso lo Stato ebraico. Nonostante ciò, le manifestazioni a favore della Palestina proseguiranno in tutto il mondo secondo un programma preciso pubblicato dalla rete Samidoun.
[di Giorgia Audiello]
Il caso per Israele ha come origine l’aver tenuto al potere il criminale Netanyahu perché sebbene tutti lo sapevano criminale era contro i Palestinesi e questo serva di lezione: Se si segue un criminale corto i nemici si finisce martoriati.
Stessa storia per il criminale Sarkozy in Libia, il criminale contro il suo stesso popolo Zelensky, il figlio di Biden, Trump e troppi Italiani in parlamento, non metto Putin perché fare la guerra non è un crimine in se e perché opporsi ai più forti che vogliono la leadership attraverso attività criminali non è un crimine ma un atto di coraggio.
Credo che in un momento drammatico come questo soprattutto, come sempre, chi ne paga le conseguenze è la popolazione civile dell’una e dell’altra parte, la cosa peggiore da fare è tifare ma ragionare e cercare di soddisfare il giusto diritto dei popoli ad uno stato libero ed indipendente. È indubbio che il popolo palestinese sia stato privato dei loro territori e relegato in una striscia di terra senza possibilità di sviluppare una economia utile ad una vita dignitosa. Non c’è dubbio che Netanyahu è il maggior responsabile di tutto ciò ma in questo momento occorre che la politica e i media si adoprino perché si possa arrivare a riconoscere pacificamente i diritti del popolo palestinese nell’interesse della pace e di Israele. La Meloni tiri giù la bandiera di Israele perché altrimenti non farà altro che tifare come un qualsiasi tifoso senza onorare il ruolo che ricopre.