domenica 28 Aprile 2024

Giappone: via libera al rilascio dell’acqua di Fukushima in mare

L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) ha dato il via libera al piano del Giappone di rilasciare nell’oceano l’acqua radioattiva trattata e immagazzinata nella centrale nucleare di Fukushima. Secondo l’organizzazione il piano sarebbe in linea con gli standard di sicurezza globali. L’impatto radiologico sulle persone e sull’ambiente sarebbe “trascurabile”. Se la decisione verrà concretizzata dal governo, l’AIEA si stabilirà in modo permanente a Fukushima per revisionare, monitorare e valutare l’attività di smaltimento. L’analisi finale dell’AIEA è frutto di sei rapporti precedenti con visite degli esperti sul posto per verificare il sistema di bonifica del liquido prima del rilascio e di numerosi incontri con funzionari della Tokyo ElectricPower (TEPCO) e il Ministero dell’Economia. I dati dell’operazione, qualora dovesse essere approvata, saranno condivisi con la comunità globale, compreso il monitoraggio delle rilevazioni in tempo reale. Non si è fatta attendere la protesta dei paesi vicini e dei pescatori locali, i quali temono il ritorno delle restrizioni sul mercato alimentare applicate nel 2011.

Il piano per lo smaltimento è stato presentato dal direttore dell’AIEA Rafael Grossi, che si è recato in Giappone per presentare di persona il report al primo ministro nipponico Fumio Kishida. Durante l’incidente del 2011, innescato dal terremoto di magnitudo 9 e il successivo tsunami, si è verificato il surriscaldamento del combustibile nucleare, seguito dalla fusione del nocciolo, a cui si accompagnarono le esplosioni di idrogeno e le successive emissioni di radiazioni. Lo smantellamento della centrale, secondo le stime del governo, potrebbe durare fino al 2051. Il governo giapponese aveva già annunciato nel 2021 l’intenzione di scaricare dall’impianto di Fukushima l’acqua utilizzata per raffreddare materiali altamente radioattivi e poi trattata per rimuovere le sostanze nocive. L’operatore dell’impianto TEPCO ha affermato che lo spazio di stoccaggio si esaurirà presto e che i serbatoi sono attualmente al 98% della loro capacità. L’acqua contaminata viene filtrata da un sistema chiamato ALPS (Advanced Liquid Processing System) che rimuove la maggior parte degli elementi radioattivi. Il governo giapponese ha promesso di filtrare l’acqua più volte, se necessario, affinché vengano rispettati tutti gli standard internazionali. In questo modo, tra tutti gli elementi radioattivi rimarrebbe soltanto il trizio, il quale però sarà ad una concentrazione che rispetterà gli standard internazionali.

Il Giappone spera che la decisione dell’AIEA plachi l’opposizione nei paesi vicini, in particolare Cina e Corea del Sud. Nonostante le dichiarazioni di Grossi, il quale ha spiegato che “il processo di diluizione e filtraggio non è nulla di nuovo”, l’ambasciatore cinese in Giappone Wu Jiangzhao ha dichiarato però che non ci sono precedenti per il rilascio di acque radioattive in un oceano dopo un incidente nucleare. La proposta cinese sarebbe un non ancora specificato “metodo di trattamento scientifico sicuro, trasparente e convincente che altri nazioni possano accettare”. «La parte giapponese afferma che le centrali nucleari di tutto il mondo scaricano acque, ma è la prima volta che si tratta di acqua esposta al nocciolo fuso di un reattore nucleare» ha aggiunto l’ambasciatore, sottolineando che l’operazione “dimostra poco rispetto per la scienza” e metterebbe in dubbio le capacità dell’agenzia stessa. Pechino aggiunge in una nota che il Giappone avrebbe ignorato l’opposizione della comunità internazionale e starebbe per utilizzare l’oceano Pacifico “come una fogna”. Alle critiche della Cina si sono aggiunte poi le proteste dei pescatori locali, i quali temono che possano ripetersi le restrizioni accadute nel 2011. Dodici anni fa, infatti, 55 paesi hanno imposto restrizioni all’importazione di alcuni prodotti alimentari giapponesi. La Cina, la Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong e Macao mantengono tuttora dei divieti e l’Unione Europea impone ancora condizioni speciali per l’importazione di alimenti per animali e prodotti alimentari originari del Giappone o da esso spediti.

Il ministro degli esteri giapponese, Yoshimasa Hayashi, ha risposto che il governo fornirà prove scientifiche e lavorerà per rafforzare la comprensione della comunità internazionale. Il primo ministro Fumio Kishida replica così alle accuse di Pechino: «L’esecutivo garantirà che il rilascio dell’acqua sia sicuro e cercherà di ridurre al minimo eventuali danni alla reputazione».

[di Roberto Demaio]

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