domenica 28 Aprile 2024

Torture nel carcere di Modena, nessun colpevole: chiesta l’archiviazione per i poliziotti

La procura di Modena, con la firma del procuratore capo Luca Masini, ha formalizzato il 23 giugno – e reso nota il 29 – la richiesta di archiviazione per i 120 agenti della polizia penitenziaria indagati per violenza, lesioni e tortura verso numerosi detenuti del carcere di Sant’Anna. I fatti risalgono alla rivolta che ha avuto luogo nel penitenziario l’8 marzo 2020, risoltasi con un bilancio di nove morti e diversi feriti. Secondo la procura, le testimonianze dei detenuti sulle botte e le torture subite sono “inattendibili”. Non ci sono video, e la documentazione sanitaria è insufficiente, mentre le dichiarazioni su luoghi e modalità dei pestaggi sarebbero “discordanti”. Nel giugno 2021 era già stata archiviata l’indagine sulle nove morti, in quanto si era esclusa ogni responsabilità delle forze dell’ordine, attribuendo i decessi unicamente all’overdose di metadone e psicofarmaci. Se la richiesta di archiviazione venisse accolta, verrebbe così scritta la parola “fine” a una delle pagine più nere della storia italiana degli ultimi anni. L’unica indagine a rimanere ancora aperta sarebbe quella contro gli stessi carcerati per devastazione e saccheggio, resistenza e lesioni aggravate a pubblico ufficiale. Alcuni dei detenuti imputati sono gli stessi che hanno denunciato le violenze subite.

«La complessa e articolata attività di indagini espletata – hanno scritto i PM – ha messo in evidenza la totale inattendibilità dei racconti forniti da ciascuno dei soggetti coinvolti». Accuse infondate, dicono, testimonianze inattendibili. «I presunti pestaggi non trovano riscontro nella documentazione sanitaria acquisita» ribadiscono. Ossia, non vengono riportate ferite. O in altri casi le ferite riscontrate sui detenuti sarebbero da correlare alle «condotte particolarmente attive e facinorose» messe in atto durante la rivolta. Insomma, i detenuti si sono fatti male da soli, così come si sono uccisi da soli.

Ma non solo. Per i pubblici ministeri: «Appare oltremodo inverosimile che, a fronte di una situazione così allarmante, il personale di polizia penitenziaria concentrasse la propria presenza e le proprie energie per portare a compimento azioni di pestaggio in danno dei detenuti, piuttosto che impegnarsi affinché quella che appariva come una rivolta dalle dimensioni “epocali” potesse essere gestita nel migliore dei modi e nel minor tempo possibile». Secondo i PM, le guardie avevano troppo da fare per mettersi a picchiare i prigionieri. A nulla valgono le testimonianze, le ferite riportate, le morti. La polizia penitenziaria si è trovata a gestire l’emergenza, è scritto nella richiesta di archiviazione, prodigandosi «nell’interesse e a tutela in primo luogo dell’incolumità» dei detenuti.

Alice Miglioli, del Comitato verità e giustizia per la strage del Sant’Anna di Modena, ha pubblicato un contributo in cui esprime la sua indignazione per l’archiviazione e le sue giustificazioni. Per esempio, sull’assenza di video di sorveglianza. «Video che prima non ci sono, poi ci sono, poi non ci sono di nuovo» scrive. Prima perché i detenuti hanno distrutto le telecamere. Ora perché i secondini hanno staccato la corrente. «Video di cui la procura non vuole parlare e che (…) potrebbero comparire magicamente nel momento in cui ci sarà da accusare di devastazione e saccheggio i detenuti ritenuti responsabili della rivolta.» Gli avvocati delle parti offese, tra i quali figurano il il Garante nazionale delle persone private della libertà e l’associazione Antigone, valuteranno le oltre 240 pagine appena presentate dalla procura e decideranno se tentare un’opposizione alla richiesta di archiviazione.
Il senatore e capogruppo di Fratelli d’Italia, Michele Barcaiolo, dà per scontato che l’archiviazione verrà confermata e scrive in un comunicato stampa: «Non ci furono torture al carcere Sant’Anna. Ora si chieda scusa ai nostri agenti. Per loro finisce il calvario. Per questo mi dico soddisfatto dell’epilogo, e rinnovo il ringraziamento verso quegli uomini e quelle donne che con spirito di sacrificio lavorano per assicurare ordine, legalità e sicurezza».

Prove scomparse, testimonianze – quelle dei detenuti – infondate: una consuetudine, ormai, quando si indagano le responsabilità degli uomini in divisa. Conclude Alice Miglioli, nel contributo pubblicato: «Le morti, le botte e le ingiustizie, lo Stato le sta imputando ai detenuti stessi, nell’operazione di capovolgimento tra vittima e colpevole di cui è maestro. In questo gioco perverso, più si è impossibilitati ad agire, più in basso si è tra i gradini della scala sociale, più si è facili vittime di accuse, mentre i veri responsabili si allontanano sempre più dal luogo del fatto.»

[di Monica Cillerai]

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2 Commenti

  1. Da cittadina di un paese che si definisce democratico e civile sono indignata e piena di rabbia!
    L’ennesimo caso di forze dell’ordine che si permettono di compiere abusi e torture indossando la divisa e rappresentando lo stato che al posto che fare giustizia preferisce chiudere entrambi gli occhi e proseguire nel suo lento procedere
    Questo non è da paese democratico e civile…anzi credo che persone in grado di compiere tali atti non siano all’altezza del ruolo che ricoprono e fatto non trascurabile andrebbero allontanate immediatamente e inserite in programmi specifici che indaghino e plachino questi comportamenti alterati e rancorosi.
    Troppi sono stati i casi di torture ,con esito anche mortale, che sono balzati alla cronaca e chissà quanti altri sono sommersi e si perpetuano ogni giorno. C’è bisogno di un intervento deciso per riportare dignità e giuste condizioni di vita all’interno del mondo carcerario italiano…ma purtroppo con il nuovo governo le premesse appaiono un utopia

  2. Un altro esempio di come ”funziona” la giustizia in Italia…se si può ancora chiamare giustizia…
    (giustìzia s. f. [dal lat. iustitia, der. di iustus «giusto»]a. Virtù eminentemente sociale che consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui attribuendo a ciascuno ciò che gli è dovuto secondo la ragione e la legge–b. In senso assoluto e più oggettivo, il riconoscimento e il rispetto dei diritti altrui, sia come consapevolezza sia come prassi dell’uomo singolo e delle istituzioni)
    Vergognose e indegne le motivazione per la richiesta di archiviazione.
    Siamo un paese corrotto, dove tutto è fatto solo per i potenti e i mafiosi.
    Fosse per me rispolvererei le ghigliottine.

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