venerdì 29 Marzo 2024

No al bracconaggio nello Stretto di Messina: una battaglia vinta dopo 40 anni

Il Campo Antibracconaggio sullo Stretto di Messina, che rappresenta la rotta primaverile più importante per moltissimi uccelli, ha compiuto 40 anni. Un centro, fra i primi in Italia a contrastare la caccia e l’uccisione di volatili migratori, e allo stesso tempo tra i più longevi, nato grazie alla passione e al coraggio di Anna Giordano, una siciliana appassionata di animali che già a 10 anni girava per mercati e negozi di animali acquistando cardellini e altri piccoli uccelli in gabbia, per poi restituirli alla libertà. È la storia di una mobilitazione di successo che, dopo tanti sforzi, può dichiarare vittoria pur senza abbassare la guardia: «Nel 1984 contammo 3.198 rapaci contro ed udimmo 1.187 spari. Nel 1990 erano stati avvistati 12.303 rapaci e avvertiti 269 spari. E nel 2022, 52.289 rapaci e zero spari». Numeri che dimostrano, tra l’altro, che alla diminuzione del bracconaggio è corrisposto un aumento degli uccelli di passaggio.

Fu proprio Anna Giordano a scoprire che sullo Stretto di Messina passavano ogni primavera migliaia di rapaci in migrazione, la cui sopravvivenza era però minacciata da decine di bracconieri che si nascondevano in bunker di cemento per compiere vere e proprie stragi. Questo nonostante si trattasse di uccelli non cacciabili – e la stagione della caccia, tra l’altro, fosse chiusa. Un atteggiamento – considerato per anni parte della tradizionale locale – fortunatamente mutato grazie all’impegno di decine di volontari e associazioni.

Non è stato facile arrivare a celebrare il traguardo della fine degli abbattimenti illegali. Stando ai racconti di Anna Giordano, i primi tempi, per bloccare gli spari, i volontari mettevano in gioco la loro stessa vita. «I bracconieri erano armati, e per nulla disponibili ad abbandonare la loro tradizione». Motivo per cui negli anni si sono susseguiti inseguimenti, minacce, messaggi intimidatori e accerchiamenti, placati solo con l’intervento delle forze dell’ordine.

Come spiega il WWF, la Sicilia è una rotta migratoria importantissima dall’Europa all’Africa e ritorno. Sullo Stretto di Messina sono state censite 328 specie diverse di uccelli e il loro attraversamento ogni anno, tra marzo e aprile, raduna centinaia di persone provenienti da Paesi diversi. Numeri incredibili sono stati registrati dal 3 aprile al 13 maggio 2006, quando il radar della stazione ornitologica svizzera ha censito 4 milioni e 300 mila uccelli in volo di notte sullo Stretto di Messina. Il record giornaliero però appartiene al 5 maggio del 2000, con 9729 rapaci.

L’isola è in particolare un luogo di ristoro per falchi di palude, nibbi bruni, albanelle minori, albanelle reali e albanelle pallide, falchi cuculi, lodolai, gheppi e grillai e anche di grifoni e capovaccai. L’attesa però è quasi tutta per i falchi pecchiaioli, rapaci in passato presi particolarmente di mira dai bracconieri.

Falco pecchiaiolo
Falco pecchiaiolo\Foto Antonello Turri

Una tradizione che è stata nel tempo così radicata che, nonostante gli ottimi risultati, «non bisogna abbassare la guardia, visto che già nel 2016 è stato per noi un anno di sconfitta, in cui hanno sparato e ucciso di nuovo», come ha raccontato Giordano. E, oltre ai proiettili, bisogna fare i conti con molti altri pericoli per gli uccelli: gli avvelenamenti, le intossicazioni, la distruzione degli habitat, l’impatto contro le strutture aeree. «E oggi, di nuovo, il Ponte sullo Stretto». Tutti ‘strumenti’, tra cui i proiettili e il cemento, che rischiano di interrompere viaggi di migliaia di chilometri.

E anche se i fucili hanno lasciato il posto ai binocoli e alle macchine fotografiche grazie al coraggio e alla passione dei volontari di opporsi a un fenomeno criminale, «teniamo gli occhi aperti, perché all’orizzonte incombono ulteriori e gravi minacce».

[di Gloria Ferrari]

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