lunedì 29 Aprile 2024

Le armi nucleari sono in calo, ma troppe nazioni non firmano il trattato (Italia inclusa)

A due anni dall’entrata in vigore del TPNW, il Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari – adottato da 68 Stati e che vieta di sviluppare, fare test, produrre, trasferire, possedere e utilizzare armi nucleari -, che si è aggiunto allo storico Trattato di Non Proliferazione (TNP) del 1970, le armi nucleari rimangono ben presenti nelle strategie militari. Come segnalato dal rapporto redatto da Archivio Disarmo, seppure negli anni si è assistito ad un ridimensionamento quantitativo degli arsenali, passati da circa 70.000 testate nell’epoca della guerra fredda alle 12.700 attuali, la minaccia nucleare è ancora presente anche in Paesi che per legge non potrebbero avvalersene, come l’India, il Pakistan, la Corea del Nord e Israele (il TNP stabilisce che solo Stati Uniti, Cina, Russia, Francia e Gran Bretagna possano dotarsi di testate nucleari).

Delle quasi 13mila armi nucleari individuate nel 2022 dalla Federation of American Scientists – 11.405 delle quali sono in mano agli Stati Uniti e alla Russia – 3.730 sono effettivamente operative mentre altre 5.670 sono presenti come scorte. Le rimanenti 3.300 sono obsolete e in attesa di essere smantellate, pur essendo comunque relativamente intatte. Numeri che evidenziano l’urgenza di sostenere iniziative che vadano in direzione del graduale e sicuro disarmo nucleare totale.

Politiche da cui l’Italia, ad oggi, si tiene ancora piuttosto lontana. Lo scorso giugno siamo stati l’unico Paese – fra i quattro UE che ospitano testate nucleari NATO sul proprio territorio – a non partecipare alla Prima Conferenza degli Stati membri del TPNW. D’altronde, se l’Italia aderisse al trattato, dovrebbe restituire le atomiche statunitensi (circa 40) custodite in patria (su come siano arrivate da noi ne avevamo parlato qui), come tra l’altro vorrebbero gli italiani. Un sondaggio del 2020, elaborato da Ipsos in collaborazione con Greenpeace, ha evidenziato che 8 di loro su 10 credono che le bombe USA posizionate nelle basi militari nostrane dovrebbero essere completamente ritirate dal Paese. L’81% degli intervistati, inoltre, vorrebbe che l’Italia aderisse al TPNW.

Le intenzioni dei Governi, invece, sembrano andare nella direzione opposta: da qualche anno sono infatti in forte aumento i processi di ammodernamento qualitativo delle testate e dei vettori. L’Europa, ad esempio, entro la prossima primavera sarà dotata del nuovo modello di testata nucleare B61-12 (di potenza variabile, tra 0,3 e 50 kilotoni, in grado di raggiungere una forza distruttiva 83 volte la bomba che ha colpito Hiroshima), in sostituzione delle obsolete B61, già presenti nelle basi in Belgio (Kleine Brogel), in Germania (Buchel), in Italia (Aviano e Ghedi), nei Paesi Bassi (Volkel) e in Turchia (Incirlik). L’arma è stata tra l’altro potenziata con un nuovo sistema definito a “coda guidata”, che dovrebbe aumentare la sua manovrabilità e precisione. “Queste innovazioni arrivano in un momento di grande tensione nucleare sul territorio europeo, proprio quando la maggioranza dei cittadini dei Paesi ospitanti vuole invece eliminarle e aderire al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari”, commenta Retepacedisarmo.

Tensione nucleare acuita dalla guerra in Ucraina. Negli ultimi mesi la Russia ha minacciato più volte di utilizzare armi nucleari “per difendere” il proprio territorio nazionale, così come ha fatto la Cina. Il Presidente Xi Jinping, che possiede sul suo territorio fra le 200 e le 300 testate nucleari, sembra intenzionato ad aumentarne la “scorta”. Due esempi – fra molti altri che potremmo fare – che evidenziano quanto la minaccia nucleare, in conclusione, sia reale e concreta.

Motivo per cui lo scorso 22 gennaio l’International Physicians for Prevention of Nuclear War (IPPNW) – organizzazione fondata negli anni ’80 da fisici e medici contro la corsa agli armamenti nucleari – si è riunita davanti al municipio di Amburgo, in Germania, per chiedere la distruzione di tutte le armi nucleari. Come ha dichiarato Angelika Claussen, copresidente del gruppo, devono impegnarsi in questo senso «soprattutto i più grandi Paesi con armi nucleari, tra cui la Russia e gli Stati Uniti, coinvolti indirettamente nella guerra in Ucraina. Devono dichiarare che non useranno armi nucleari in questa guerra».

[di Gloria Ferrari]

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