venerdì 29 Marzo 2024

Congresso PCC: Xi Jinping delinea il futuro cinese e sfida l’unipolarismo

È cominciato il 16 ottobre il XX Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese nella Grande Sala del Popolo di Pechino: si tratta dell’evento politico più importante della Repubblica popolare cinese avente cadenza quinquennale. Durante il Congresso – cui partecipano tutti i membri del PCC – vengono ufficializzati gli avvicendamenti ai vertici del Partito e vengono stabiliti i piani di sviluppo della nazione per i successivi cinque anni e spesso, come in quest’ultima edizione, anche a più lungo termine. Domenica si è tenuta l’apertura ufficiale del Congresso con il presidente Xi Jinping che si avvia a diventare il primo leader cinese dopo il leggendario Mao Zedong a ricevere un terzo mandato alla guida del Partito. Il presidente, in occasione dell’apertura dei lavori, ha tenuto un lungo discorso di fronte ai 2.296 delegati, durante il quale ha esposto il fulcro della futura politica di sviluppo cinese dei prossimi cinque anni, riassumibile nel concetto di “modernizzazione socialista”: «Da questo giorno in poi, il compito centrale del PCC sarà quello di guidare il popolo cinese di tutti i gruppi etnici in uno sforzo concertato per realizzare l’obiettivo del Secondo Centenario di trasformare la Cina in un grande paese socialista moderno a tutti gli effetti e per far avanzare il ringiovanimento della nazione cinese su tutti i fronti attraverso un percorso cinese verso la modernizzazione», ha affermato. Gli altri temi salienti esposti dal leder cinese riguardano i rapporti pacifici e costruttivi con il resto della comunità internazionale, sullo sfondo del nuovo modello di sviluppo propugnato da Pechino, e la questione di Taiwan, rispetto alla quale Xi Jinping non ha escluso la necessità del ricorso alla forza per attuare la riunificazione nel rispetto del principio dell’“Unica Cina”. Il presidente cinese ha anche difeso la controversa politica “Zero Covid” che, a suo dire, è stata un grande successo, in quanto ha «privilegiato la vita umana», evitando molti morti. Allo stesso tempo, è stata anche la politica di contenimento del virus più rigida e repressiva a livello mondiale.

Gli obiettivi del PCC sono suddivisi in due fasi temporali: dal 2020 al 2035, l’intento è quello di realizzare la modernizzazione cinese, mentre dal 2035 al 2050, il governo mira a «trasformare la Cina in un grande paese socialista moderno che sia prospero, forte, democratico, culturalmente avanzato, armonioso e bello». Per modernizzazione si intende un peculiare modello di sviluppo che si differenzia da quello di tutti gli altri Paesi e, in particolare, da quello Occidentale, basato – secondo alcuni analisti cinesi – sull’egemonia e la colonizzazione. Xi ha affermato che «la Cina accelererà la creazione di un nuovo modello di sviluppo e perseguirà uno sviluppo di alta qualità». Nel dettaglio, sono cinque i pilastri su cui poggia la modernizzazione: il rinnovamento del sistema industriale – volto a rafforzare la produzione, la qualità dei prodotti, l’ambito aerospaziale e dei trasporti, il cyberspazio e lo sviluppo digitale – la rivitalizzazione complessiva dello sviluppo agricolo e rurale; il miglioramento del servizio pubblico di base; la riforma del sistema distributivo del reddito e uno sviluppo pacifico e verde che prevede l’armonia tra l’umanità e la natura.

Secondo Tian Yun, ex vicedirettore della Beijing Economic Operation Association, il discorso di apertura di Xi ha indicato per la prima volta la modernizzazione come «la missione principale del PCC verso il viaggio per una “nuova era”». Inoltre, il nuovo modello di sviluppo non riguarda solo la politica interna e la prosperità cinese, ma è significativo anche del modo cinese di intendere le relazioni con gli altri Stati e coinvolge quindi il piano della politica internazionale: esso, infatti, funziona ed è concepito all’interno di un contesto globale di sviluppo, di cui la Belt and Road Initiative è l’esempio più significativo. Ed è proprio questo aspetto che, secondo molti analisti cinesi, differenzia il paradigma di crescita del Dragone da quello occidentale. Come riferisce il giornale Global Times «Gli analisti hanno affermato che il percorso cinese di modernizzazione riguarda la prosperità comune per tutti, e sarà realizzato dallo sviluppo pacifico e, sotto questo aspetto, è completamente diverso dalla modernizzazione occidentale, che è il risultato dell’ascesa dell’egemonia e si basa sul saccheggio e l’ingerenza nella sovranità di altre nazioni».

Il Presidente Xi Jinping ha avvisato che la Cina ha un futuro «luminoso», ma deve essere preparata ad affrontare difficoltà e persino «tempeste pericolose» che derivano dagli sconvolgimenti a livello internazionale: secondo il segretario del Partito, infatti, nei prossimi cinque anni il mondo assisterà a «cambiamenti globali che non si vedevano da un secolo», in quanto la modernizzazione cinese e altri eventi geopolitici – con verosimile riferimento al conflitto in Ucraina, in verità mai citato – mineranno alla base l’egemonia unipolare statunitense. «Questa egemonia e i suoi seguaci non accettano che la Cina abbia successo, perché ciò potrebbe portare alla fine del sistema che hanno costruito per servire ingiustamente i loro interessi», hanno osservato esperti cinesi. Sul piano della politica internazionale, Xi ha affermato che la Cina è fermamente contraria a tutte le forme di egemonia e politica di potere, alla mentalità della Guerra Fredda, all’interferenza negli affari interni di altri paesi e ai doppi standard: «La Cina aderisce al giusto corso della globalizzazione economica. Si impegna a collaborare con altri paesi per promuovere un ambiente internazionale favorevole allo sviluppo e creare nuovi motori per la crescita globale», ha affermato.

Il punto debole della Cina riguarda la denatalità, un male auto-inflitto dal Partito-Stato cinese che fino al 2015 ha imposto la politica del figlio unico e che ora rischia di rendere più vulnerabile lo sviluppo del gigante asiatico. Lo stesso Xi ha invitato le famiglie cinesi a fare più figli: «stabiliremo una politica per incrementare le nascite e contrastare l’invecchiamento della popolazione». Nonostante gli appelli e gli incentivi, anche quest’anno le nascite sono in calo: si registrano 10 milioni di neonati su una popolazione di 1,4 miliardi di abitanti. Ancora 600.000 bambini in meno rispetto all’anno scorso.

Quanto alla questione di Taiwan, Xi ha affermato che Pechino continuerà a lottare per la riunificazione pacifica con l’isola, senza però promettere di rinunciare all’uso della forza qualora si rendesse necessario. Si tratta di un avvertimento alle forze esterne e ai separatisti che cercano l’indipendenza di Taiwan. Il monito «è diretto esclusivamente all’interferenza delle forze esterne e dei pochi separatisti che cercano l'”indipendenza di Taiwan” e le loro attività separatiste; non è affatto mirato ai nostri compatrioti di Taiwan», ha affermato.

Altro obiettivo del XX Congresso è quello di modificare – mediante una mozione – la Costituzione del Partito, inserendo alcuni aspetti peculiari del pensiero di Xi Jinping, tra cui quello di «prosperità condivisa» che fa riferimento ad una più equa e abbondante distribuzione del reddito e al modello di sviluppo globale. Dal punto di vista degli incarichi e dei ruoli all’interno del PCC, sono in gioco circa 370 seggi del Comitato centrale e i 25 dell’Ufficio politico. Il risultato verrà reso noto domenica 23 ottobre, quando si terrà il primo Plenum del nuovo Comitato centrale.

[di Giorgia Audiello]

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