venerdì 4 Luglio 2025

La lunga storia delle ingerenze statunitensi nella democrazia italiana

Durante la campagna elettorale è riemerso il tema dell’ingerenza di Paesi stranieri nel processo democratico italiano, con particolare riferimento ai presunti finanziamenti russi verso alcune forze politiche. Ultimo atto di una lunga scia di allarmi mediatici e politici sulle possibili ingerenze di Mosca sul nostro Paese. Il report sui finanziamenti russi verso non meglio specificati partiti politici europei è stato paventato dal Dipartimento di Stato americano, ma non pubblicato. Circostanza insolita, che anche a un quotidiano moderato e atlantista come il Corriere della Sera ha descritto come un possibile avviso “per chi vincerà le elezioni italiane rispetto all’atteggiamento da tenere nei confronti di Washington”. Come che stiano le cose, non stupisce che le potenze straniere si preoccupino di quanto avviene nelle elezioni italiane, come di molti altri Paesi, e che cerchino di influenzarle attraverso gli strumenti del soft power. Ma di certo, per quanto ne sappiamo ad oggi, c’è un solo Paese che vanta una lunga storia di ingerenze provate e determinanti nel processo democratico italiano. Una storia che inizia nel dopoguerra e prosegue fino ai giorni nostri. E i suoi protagonisti non stanno a Mosca, ma proprio a Washington.

È possibile, infatti, affermare senza esagerazione che gli Stati Uniti dirigono completamente la vita politica italiana dal secondo dopoguerra in avanti attraverso i più svariati strumenti: economici, militari, diplomatici, mediatici e di intelligence. Come scriveva il magistrato Ferdinando Imposimato – presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione e giudice istruttore dei più importanti casi di terrorismo in Italia – «l’Italia fu in prima linea come terra di frontiera, un vero e proprio laboratorio ove sperimentare le diverse strategie portate avanti dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica. Il nostro Paese, nella spartizione a Yalta, divenne una specie di colonia americana, una nazione a sovranità limitata a causa dell’interferenza d’oltreoceano. Con la caduta del fascismo cominciava la guerra non ortodossa contro la democrazia italiana per impedire il formarsi di nuovi equilibri». Occorre, dunque, fare un passo indietro nella storia per capire la penetrazione profonda e tentacolare degli apparati militari e d’intelligence americani nei gangli vitali delle istituzioni italiane.

La dottrina Truman e il ruolo della Democrazia Cristiana

Fin dall’immediato dopoguerra, il potere “profondo” americano era ossessionato dal contenimento dell’espansione comunista e dell’influenza sovietica in Europa e in particolare in Italia, cruciale per la sua posizione strategica nel Mediterraneo. Nel marzo del 1947, il presidente americano Harry Truman pronunciò un discorso al Congresso degli Stati Uniti in cui sosteneva la necessità di frenare l’avanzata del comunismo: questo compito spettava innanzitutto agli Stati Uniti, in quanto la loro missione era quella di «sostenere i popoli liberi che stanno resistendo ai tentativi di soggiogamento da parte di minoranze armate o di pressioni straniere». I contenuti del discorso divennero noti in seguito come “dottrina Truman”. Già dal 1945 in avanti, negli USA si scatenò una vera e propria crociata contro qualunque eventuale alleanza, in Italia, tra la DC e i social-comunisti e fu proprio Truman ad adottare una dura strategia di lotta al comunismo nella Penisola. A tal scopo si servì di importanti esponenti della DC tra cui lo stesso fondatore Alcide De Gasperi: l’Italia, infatti, divenne il banco di prova della difesa dell’Europa dal comunismo. Dopo aver formato due governi con i comunisti – nel 1946 e nel 1947 – che suscitarono grande disappunto negli USA – De Gasperi si recò in America per accreditarsi presso l’amministrazione statunitense come uomo politico di fiducia. Il suo viaggio segnò una svolta determinante per la politica italiana: al suo rientro, il fondatore della DC cercò di spostare verso destra l’asse di governo, formando un esecutivo di centro con PLI e indipendenti, nel maggio del 1947. Gli ordini di Washington erano stati chiari: i comunisti non dovevano far parte dell’esecutivo.

Inoltre, il 19 giugno dello stesso anno, l’Italia notificava ufficialmente agli USA la sua intenzione di collaborare al piano Marshall, entrando così nell’orbita finanziaria americana e sancendo la sua completa sottomissione all’“alleato” d’oltreoceano. Tuttavia, la pressione politica non era il solo strumento utilizzato dalla Casa Bianca per indirizzare la democrazia italiana: accanto ad essa, infatti, si accostavano altri due fondamentali piani: quello massonico e quello dei servizi segreti. Per quanto riguarda il primo, la loggia più nota all’opinione pubblica che ha avuto una parte attiva nella strategia della tensione e nel contenimento del comunismo in Italia è Propaganda Due (P2), appartenente al Grande Oriente d’Italia (GOI) e sospesa in seguito alla sua conduzione da parte di Licio Gelli, durante la quale assunse forme “deviate”. I servizi segreti americani, invece, ebbero un ruolo chiave nella formazione di una rete militare clandestina internazionale “stay behind”, in Italia denominata Gladio.

La Gladio e la strategia della tensione

La Gladio è stata un’organizzazione paramilitare interna al servizio segreto militare italiano, volta inizialmente a contrastare un’eventuale invasione dell’Europa occidentale da parte dei Paesi del Patto di Varsavia e della Jugoslavia di Tito e, in generale, l’avanzata sovietica e la sua influenza nella politica italiana. Le prime iniziative a riguardo furono prese nel 1951 dal generale Umberto Broccoli – capo del SIFAR (il servizio segreto militare italiano attivo dal 1944 al 1966) – secondo il quale «occorreva far sì che in caso di occupazione del territorio nazionale fosse immediatamente attivabile una rete di resistenza capace di fornire informazioni, sabotare gli impianti dell’occupante e fornire assistenza e «vie di fuga» ai militari rimasti dietro le linee nemiche». La base dell’organizzazione fu costruita a Capo Marrargiu, vicino Alghero, con i finanziamenti della CIA, in forza di un accordo tra il servizio informativo italiano e quello americano, perfezionato nel novembre del 1956. L’operazione «Gladio» emerse per la prima volta con questo nome nell’incontro del 18 ottobre 1956 tra i rappresentanti del SIFAR (colonnello Giulio Fettarappa Sandri, maggiore Mario Accasto) e i rappresentanti della CIA (Bob Porter, John Edwards). La “missione” di Gladio non era solo quella esterna di prevenzione e contenimento della minaccia sovietica, ma anche quella interna di impedire la formazione di nuovi equilibri, influenzando illecitamente il sistema politico del Paese per impedire l’ascesa del comunismo. La “Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi” del 1992 ha riferito che a carico di diversi generali appartenenti a Gladio è stato ipotizzato il reato di «banda armata […] avente scopo di impedire determinati mutamenti nell’ambito della vita politica italiana, sia ostacolando la formazione di maggioranze elettorali di sinistra, sia preparando una azione violenta nel caso tale ipotesi si fosse avverata; ciò facendo in stretto collegamento con una potenza straniera (tramite il servizio collegato CIA) che provvedeva a continui e cospicui finanziamenti e invii di materiale bellico».

Nonostante i vertici di Gladio non siano mai stati condannati, ci sono testimonianze della partecipazione diretta dell’organizzazione alla “strategia della tensione”, un periodo assai turbolento della storia italiana che si fa generalmente risalire alla strage di Piazza Fontana del dicembre 1969 e durante il quale si sono succeduti una serie di attentati che hanno insanguinato l’Italia: l’obiettivo delle stragi era diffondere il panico nella popolazione, facendo ricadere le responsabilità sui “rossi”, sebbene per realizzare gli attentati fossero spesso arruolati personaggi appartenenti alle file dell’estrema destra e di movimenti neofascisti. Si tratta di una tecnica militare nota come “false flag” (falsa bandiera) che consiste nel commettere attentati o operazioni di varia natura attribuendone la paternità ad altri. Fondamentale in tal senso è la testimonianza del terrorista Vincenzo Vinciguerra, ex membro dei movimenti neofascisti Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo, condannato all’ergastolo per l’uccisione di tre carabinieri nella strage di Peteano del 1972: «Fin dal dopoguerra sarebbe stata costituita una struttura parallela ai servizi di sicurezza e che dipendeva dall’Alleanza atlantica; i vertici politici e militari italiani ne erano perfettamente a conoscenza. Si trattava di una struttura attrezzata anche sul piano operativo ad interventi di sabotaggio nel caso si verificasse un’invasione sovietica. Il personale veniva selezionato e reclutato negli ambienti di estrema destra. Quindi la strategia della tensione che ha colpito l’Italia, e mi riferisco a tutti gli episodi che partono dal 1969 e anche prima, è dovuta all’esistenza della struttura occulta di cui ho detto e agli uomini che vi appartenevano e che sono stati utilizzati anche per fini interni da forze nazionali ed internazionali. Per forze internazionali intendo principalmente gli Stati Uniti d’America».

Una testimonianza illuminante sull’argomento l’ha fornita anche il generale del SID Gianadelio Maletti, in un’intervista rilasciata a La Repubblica: «La Cia voleva creare, attraverso la rinascita di una nazionalismo esasperato e con il contributo dell’ estrema destra, Ordine nuovo in particolare, l’arresto di questo scivolamento verso sinistra. Questo è il presupposto fondamentale alla base della strategia della tensione. […] Gli agenti CIA infiltrati tra i gruppi della destra avevano le loro basi nei comandi NATO di Vicenza e Verona». Dietro gli attentati che hanno insanguinato l’Italia durante gli anni di piombo ci sarebbe dunque la longa manus della CIA e degli Stati Uniti d’America, con la complicità delle alte gerarchie militari e dei vertici politici italiani.

In seguito al crollo dell’URSS e alla fine della suddivisione del mondo in due blocchi, la Gladio venne sciolta: dopo averne rivelato per la prima volta l’esistenza alla Camera dei deputati, l’allora presidente del consiglio Giulio Andreotti ne decretò lo scioglimento il 27 novembre 1990.

Ulteriori ingerenze in Europa: l’American commetee for a United Europe (ACUE)

Tuttavia, lo scioglimento di Gladio non determinò una maggiore indipendenza del nostro Paese dalla potenza a stelle e strisce, in quanto nuove strutture sovranazionali erano pronte ad imbrigliare nuovamente e in maniera ancora più stringente le sovranità nazionali europee e quella italiana in particolare: l’ingresso di Roma nell’Unione Europea vincolò le politiche nazionali a Bruxelles che, a sua volta, era strettamente collegata a Washington. L’Unione europea, infatti nasce fondamentalmente come “succursale” USA, un avamposto politico-militare degli Stati Uniti in Europa di cui servirsi per portare avanti progetti egemonici. Non a caso, secondo documenti ufficiali e desegretati, lo zampino della CIA si ritrova anche nella costituzione e nel finanziamento del progetto dell’Unione europea che non nasce in Europa come sarebbe normale e legittimo aspettarsi, bensì negli ambienti dell’alta finanza d’oltreoceano. Il ricercatore della Georgetown University Joshua Paul, nel 2000 scoprì negli US national archives documenti che provano il determinante contributo americano alla creazione dell’impalcatura europea. I documenti dimostrano che l’American Committee for a United Europe (ACUE) – fondato già nel 1948 – è stato il maggiore finanziatore del Movimento europeo, la più importante organizzazione federalista europea del dopoguerra: in base alla documentazione riportata in dettagliati articoli accademici, risulta che la direzione fosse composta da numerose figure di primo piano dell’intelligence, provenienti sia dalla CIA che dall’OSS (il precursore della Central Intelligence Agency). Il primo presidente fu l’ex capo dell’OSS, nonché generale, William Donovan, mentre il vicepresidente era Allen Dulles, fratello del segretario di Stato, John F. Dulles, e lui stesso direttore della CIA negli anni Cinquanta. L’ACUE era finanziato, tra gli altri, dalle fondazioni Rockefeller e Ford e da gruppi d’affari in stretti rapporti con il governo americano. L’obiettivo di questa occulta e macchinosa operazione la rivelò l’ex Consigliere per la Sicurezza nazionale USA, Brzezinski, nel suo saggio “La grande scacchiera” in cui scrisse esplicitamente che «L’Europa Unita doveva fungere da strumento di colonizzazione USA e testa di ponte verso il continente asiatico». Alla luce di ciò, si spiega anche la totale aderenza di Bruxelles all’agenda americana da tenere verso la Russia che è in palese contrasto con gli interessi del Vecchio continente.

I “pellegrinaggi” dei politici italiani a Washington

Quello di Alcide De Gasperi negli USA del 1947 è stato il primo di una lunga serie di viaggi dei politici italiani in America, inaugurando una sorta di vero e proprio rito simbolico indispensabile per poter governare e sancendo così la subordinazione manifesta del nostro Paese alla potenza americana.
Similmente, lunedì scorso, Mario Draghi è volato in America proprio per rassicurare Washington sulla collocazione atlantica della Penisola, indipendentemente dal partito che vincerà le elezioni. La stessa Giorgia Meloni, lo scorso febbraio ha partecipato alla convention dei repubblicani americani, mostrando la sua fedeltà alla politica “neocon” statunitense in un discorso celebrativo della politica di potenza targata USA.

La politica internazionale italiana, dunque, è prestabilita e indiscutibile ed è completamente svincolata dalla volontà e dalle preferenze espresse dell’elettorato. Questo è particolarmente grave, in quanto la politica estera non è un blocco monolitico a se stante, ma si riflette su tutti gli altri ambiti della società: economico, monetario, politico e culturale. Quest’ultimo è di particolare rilevanza perché il legame indissolubile con Washington implica anche l’accettazione incondizionata dei principi iper-capitalisti del materialismo, del consumismo e dell’omologazione delle menti, veri pilastri dell’accettazione passiva e acritica dell’impalcatura occidentale e potenti strumenti di dissoluzione antropologica. Se, dunque, è giusto vigliare sulle interferenze russe e ricordare i fondi trasferiti da Mosca al Pci durante la Guerra Fredda, allo stesso tempo non si può non constatare la soverchiante superiorità e profondità delle ingerenze americane nei gangli delle istituzioni italiane che, a differenza di quelle russe, perdurano tuttora.

[di Giorgia Audiello]

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11 Commenti

  1. Fatti ultra noti ormai, ma sempre bene ricordarli peraltro in un quadro sistemico ben dipinto e delineato da Giorgia Audiello. Siamo una repubblica da sempre a sovranità limitata. Mi chiedo, a fronte di tutti gli avvertimenti più o meno palesi che abbiamo ricevuto, che senso ha votare oggi…

  2. l’Italia era una repubblica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene alla popolo statunitense che la esercita nelle forme e nei limiti dei propri interessi nazionali.

  3. Complimenti all’autrice dell’articolo. Tutto maledettamente vero.
    Penso che liberarci dall’ingerenze e predominio americano mascherato da democrazia e progresso, bisogna avere la forza e la consapevolezza di abbandonare e di uscire da questa nuvola di finto benessere.

  4. 10 e Lode
    Di fronte a queste evidenze, viene spesso ripetuto il refrain della “liberazione” dell’italia da parte degli USA nella seconda guerra mondiale. Forse sarebbe il caso di rivalutare l’importanza della nostra autonomia nel presente e capire gli interessi USA nella 2a Guerra M., la modalità ed i motivi della sua entrata in guerra. Un conto è collaborare ed un altro è essere succubi.

  5. Sono d’accordo con la maggior parte….ma sé non fosse intervenuta l’America a suo tempo probabilmente in Germania e Italia oggi sarebbe la madre lingua …..il russo….

  6. Macchinose manovre politiche, economiche e sociali per combattere il cattivo.
    Ma chi è il cattivo?
    Chi le fa o chi le riceve?
    In qualsiasi caso, il giardino dive si discute questa diatriba è l’Europa.

  7. … E come al solito tutti a credere alle baggianate che i ns giornalisti “deviati” ci propinano!!!!! Basta vedere vedere che il premio di “MIGLIOR PASTORE dell’Anno” è stato consegnato negli stati uniti al sig. Draghi….. Beeeeeee

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