sabato 20 Aprile 2024

Gli studenti russi in Italia stanno subendo una pesante discriminazione

Nel bloccare i codici SWIFT alle banche russe si mirava a esercitare pressioni sugli oligarchi di Mosca. Si è colpito il mucchio per raggiungere i poteri economici vicini al Cremlino così da “stimolarli” nell’interessarsi direttamente nella ricerca di una rapida soluzione al conflitto in Ucraina. Come era facile prevedere, questo sbarramento economico coatto ha coinvolto inevitabilmente anche alcuni soggetti che nulla hanno a che vedere col il Governo Putin. Tra questi, non mancano i giovani studenti, i quali vivono oggi in un limbo kafkiano che evidenzia alcune delle criticità nella gestione italiana della crisi bellica.

Seppure non rappresenti un fenomeno particolarmente evidente a un occhio esterno, bisogna considerare che si contano diverse migliaia di studenti provenienti dalla Federazione Russa (nel 2019/2020 erano registrati in 4.190). Molti di questi possono permettersi l’esperienza formativa solamente grazie al supporto della famiglia, che sia nel pagamento delle rette o nelle spese della vita quotidiana, e ora si trovano senza preavviso privi del flusso di introiti su cui facevano affidamento.

Ogni ateneo sta reagendo come può, indipendentemente. Se in molti casi il problema semplicemente non sussiste, negli istituti dalle ambizioni internazionali la cosa viene affrontata secondo differenti gradi di coinvolgimento: la IULM di Milano ha deciso di sospendere la terza rata agli studenti russi, l’Accademia di Belle Arti di Brera ha predisposto un aiuto economico per gli allievi russi e ucraini e l’Università di Torino si è assicurata di agevolare gli studenti colpiti dall’invasione attraverso i bandi per le borse di studio, tuttavia sono molti a non tenere conto delle difficoltà causate dalla guerra agli studenti.

Anche considerando coperti i costi dell’istruzione, restano comunque in attivo quelli di vitto e alloggio, i quali sono tutto meno che secondari, soprattutto per coloro che risiedono a Roma o a Milano. In diversi si sono lanciati sulla ricerca di lavoro, ma i loro contratti d’affitto – spesso non propriamente legali – non consentono loro di firmare un contratto professionale. Agli studenti non resta che desistere o cedere al lavoro in nero, pur di coprirsi le spese quotidiane. Il fatto che il visto studentesco non permette agli stranieri di siglare contratti di lavoro full-time, di certo non aiuta.

A questo punto sarebbe facile suggerire ai soggetti coinvolti di rientrare in patria in attesa di tempi migliori, tuttavia neppure questa opzione risulta particolarmente agile. I voli verso la Russia sono stati bloccati e le alternative a disposizione sono poche: è possibile triangolare il viaggio passando attraverso Paesi terzi, ma i biglietti sono ormai costosissimi, oppure bisogna confidare nell’intervento dell’ambasciata russa, intervento che però non necessariamente potrebbe rappresentare un’opzione desiderabile.

Una fetta non trascurabile di studenti è apertamente critica nei confronti delle manovre militari del Cremlino e teme che un contatto diretto con le autorità di Mosca possa tradursi con grandi noie, se non addirittura in problemi. Bisogna infatti ricordare che il 5 marzo la Federazione Russa ha adottato importanti misure restrittive nei confronti di coloro che diffondono, sulla Rete e non, informazioni che contrastano la narrazione bellica ufficiale. In concreto, chi diffonde “fake news” rischia fino a 15 anni di carcere.

A essere colpiti non sono necessariamente terroristi e nemici dello Stato, ma influencer d’alta visibilità. Questo è almeno quando dichiarato da Veronika Belotserkovskaya, foodblogger con circa un milione di follower, che al The Guardian ha rivelato di essere stata tra i primi bersagli della nuova legge, offrendo una lettura particolare della situazione. «[Putin] vuole dipingere le persone come me come se fossero traditori, la quinta colonna», ha suggerito la donna dalla sua dimora francese. «Vivo una bella vita, pubblico belle immagini di cibo online. Ora vogliono descrivermi come il volto della “decadenza occidentale”».

Belotserkovskaya non ha alcuna intenzione di tornare al suo Paese d’origine fintanto che la legge in questione non verrà abrogata, un’opinione condivisa da tutti i giovani che abbiamo avuto modo di incontrare. Agli studenti russi non resta quindi che stringere la cinghia e attendere che le relazioni nazionali si normalizzano o sperare che il Governo italiano offra una soluzione formale nel gestire i problemi di coloro che sono stati toccati dalla guerra, i quali si trovano più ad avere a che fare con interventi improvvisati che con soluzioni strategiche pensate per reggere nel lungo periodo.

[di Walter Ferri]

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