martedì 23 Aprile 2024

Uno studio prevede la scomparsa di 1500 lingue entro la fine del secolo

All’incirca 1500 lingue potrebbero sparire entro la fine di questo secolo: è quanto rileva uno studio condotto dall’Australian National University, che ha cercato di identificare i fattori di rischio alla base del fenomeno. La scomparsa delle lingue indigene potrebbe portare alla simultanea perdita di interi patrimoni culturali, inglobati ed annientati dalle civiltà colonizzatrici e dominanti.

Lo studio realizzato dall’Australian National University e pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Ecology and Evolution rivela come su 7000 lingue ad oggi esistenti, all’incirca la metà sono in pericolo di completa sparizione e 1500 potrebbero essere cancellate entro la fine del secolo. Si tratta di un rischio con un’esponenziale tendenza di crescita nei prossimi 40 anni, la cui conseguente perdita in termini di patrimonio culturale sarebbe inestimabile.

Le lingue sono il mezzo primario di trasmissione e di diffusione di una cultura: permettono di trasmettere e tramandare concetti, visioni del mondo e concezioni filosofiche propri di ogni gruppo culturale. La violenta dominazione coloniale messa in atto dalle principali potenze europee a partire dal XVI secolo ha costituito il fattore primario di perdita dell’enorme diversità linguistica e culturale che esisteva tra i gruppi nativi soprattutto nelle Americhe e in Africa, dove il colonialismo ha mostrato il proprio volto più spietato.

Solamente in Australia prima della colonizzazione si parlavano 250 lingue native e 800 dialetti: oggi sono solamente 40, delle quali appena 12 sono parlate dai bambini. Il tasso di perdita della lingua è qui uno dei più alti al mondo. “La lingua è più che un mezzo di comunicazione, è ciò che ci rende unici e ha un ruolo centrale nel nostro senso di identità. La lingua porta dei significati che vanno oltre le parole. È una piattaforma che ci permette di trasmettere il patrimonio e il sapere culturale. Parlare e imparare le prime lingue fornisce un senso di appartenenza ed emancipazione” scrive il sito dell’AIATSIS, l’Istituto australiano di studi aborigeni e degli abitanti dell’isola di Torres.

Lo studio australiano avrebbe individuato 51 fattori o predittori della scomparsa delle lingue, tra i quali il primario è di certo costituito dalla scolarizzazione. Il mancato investimento in un’educazione bilingue a favore dell’idioma coloniale dominante ha fatto sì che le nuove generazioni abbiano perso la capacità di parlare la lingua dei propri genitori, causando in alcuni casi un distacco generazionale oltre che una vera e propria perdita in termini di patrimonio culturale.

Altro fattore inatteso ma determinante è la densità delle strade: maggiori sono i collegamenti stradali tra campagne o villaggi e città, più si alza il pericolo di sopravvivenza delle lingue. “È come se le strade aiutassero le lingue più grandi a “schiacciare” le lingue più piccole” afferma Lindell Bromham, coautore dello studio.

“L’Australia spende solo 20,89 dollari all’anno pro capite della popolazione indigena per le lingue, che è una differenza abissale rispetto ai 69,30 dollari del Canada e ai 296,44 dollari della Nuova Zelanda” dice Felicity Meakins, dell’Università del Queensland e coautrice dello studio, sottolineando quanto sia necessario un intervento urgente per preservare la multiculturalità.

[di Valeria Casolaro]

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