venerdì 11 Ottobre 2024

Non si vive di sola pasta: le alternative giuste per variare

Siamo italiani, amiamo la pasta e si sa. Da sempre medici e nutrizionisti continuano a ripetere che la pasta fa bene e che bisogna mangiarla anche ogni giorno perché ci dà energia e ci fornisce carboidrati a lento assorbimento. Ma è davvero così? Probabilmente no a giudicare da quanto monotona e ripetitiva è diventata la dieta degli italiani spacciata come la “migliore dieta al mondo” e come “dieta Mediterranea” utile per la prevenzione e la longevità. La verità è che le conoscenze in campo nutrizionale e medico si rinnovano di continuo, si scoprono nuovi fattori importanti e si capiscono sempre meglio i meccanismi chimici e biologici che governano il corpo umano. Proprio per questo, oggi sappiamo che è di fondamentale importanza avere varietà di sostanze nella dieta e alternare l’assunzione di cibi farinacei (pane, pasta, pizza, ecc.) con altri tipi di cereali e di carboidrati (riso, patate, mais, segale). Se dare varietà di sostanze è un requisito di base della sana alimentazione, perché gli italiani stentano ad adottare questo principio anche nell’assunzione dei carboidrati? Come mai 8 italiani su 10 consumano tutti i giorni pane e pasta, per non menzionare altri derivati del grano come fette biscottate, biscotti, crackers?  I motivi sono tanti, primo fra tutti la pubblicità martellante dell’industria della pasta e delle farine alla quale si aggiunge la comodità di utilizzo e di preparazione. 

Ciò nonostante, con un po’ più di impegno e una riflessione più obiettiva, possiamo riuscire a individuare delle alternative altrettanto utili, e persino più salutari, del solito piatto di pasta a pranzo. La pasta e la pizza si possono mangiare tranquillamente, per carità, anche più di una volta a settimana, ma proverò a convincervi del fatto che possiamo fare anche di meglio con la nostra dieta sana, e senza rinunciare al piacere. 

Variare fa bene: il problema della furosina

Elenchiamo le seguenti fonti di carboidrati per allargare il discorso sulla varietà alimentare:

  • pastasciutta (pasta essiccata di semola di grano duro)
  • pasta fresca di semola di grano duro (non contiene uovo)
  • pasta fresca all’uovo (è fatta con il grano duro o tenero e l’aggiunta di uovo)
  • cereali in chicco (orzo, farro, avena, frumento, kamut, riso, mais)
  • pseudo-cereali in chicco (quinoa, grano saraceno, miglio, amaranto)
  • patate
  • gnocchi di patate (farina di frumento, patate)
  • farina di mais (polenta)
  • pane
  • spianate, piadine, pizza

Tra tutte queste fonti alimentari di carboidrati, quelle di gran lunga più utilizzate dalle persone sono 4: pastasciutta, pane (panini), spianate e pizza. Ogni italiano mangia in media 32 Kg di pasta in un anno, circa 80 – 90 grammi ogni giorno, non poco! Notiamo subito che in tutti questi casi si tratta di prodotti cotti in forno (pane, pizza, spianate) oppure trattati ad alta temperatura (l’essiccazione della pasta avviene a temperature oltre i 100°C in molti casi). 

Questo aspetto è importante in quanto tutte le restanti fonti alimentari menzionate nell’elenco qui sopra non sono invece pre-trattate con alte temperature. Per esempio, i cereali in chicco come il riso o l’orzo, oppure la pasta fresca, subiscono solo la cottura per breve tempo in acqua a 100 gradi, ma niente più. Al contrario la pastasciutta subisce due “cotture”: dapprima l’essiccazione ad alta o altissima temperatura (85°C-110°C per alcune ore), poi la vera e propria cottura in acqua bollente a 100°C.

La cottura eccessiva del grano e dell’amido comporta la formazione tra le altre cose anche di sostanze tossiche come la furosina e gli AGES (prodotti avanzati della glicazione), un problema alimentare di cui quasi nessuno parla in Italia in relazione all’utilizzo quotidiano di prodotti da forno, ma che è in realtà normato e disciplinato per legge. 

Essiccazione della pasta e formazione di furosina

La pastasciutta, al contrario della pasta fresca e del cereale in chicco, deve essere essiccata prima di diventare commestibile. Nel processo industriale dell’essiccazione la pasta perde acqua e si concentra nella sua densità nutrizionale. Il trattamento ad altissime temperature cambia però il valore nutrizionale del frumento. I sistemi di essiccazione si definiscono HTSt (High Temperature-Short time) e VHTs (Very High Temperature-Short time) e permettono di raggiungere temperature molto elevate, riducendo i tempi di lavorazione/essiccazione ed i costi.

Il progressivo incremento della temperatura durante l’essiccazione provoca un danno alle proteine che possono essere distrutte (con formazione dei prodotti della glicazione avanzata – radicali liberi detti AGES) o diventare meno biodisponibili. Il problema riguarda un po’ tutti gli aminoacidi essenziali delle proteine, in particolare la lisina, che non solo è essenziale per la pasta, ma rappresenta un fattore limitante della qualità, riducendo il valore biologico delle proteine nell’alimento (dal momento che ne contiene quantitativi molto bassi). L’importanza degli aminoacidi essenziali (proteine) deriva dal fatto che l’uomo non è in grado di sintetizzarli in quantità sufficiente e quindi devono essere assunti attraverso il cibo. Il processo di essiccazione inoltre, porta anche alla formazione di una sostanza tossica chiamata furosina, cui si accennava pocanzi.

Perché la furosina è un problema

La furosina (ε-furoilmetil-lisina) è una molecola che si forma durante la produzione della pasta. Deriva dall’unione tra una molecola di glucosio e un gruppo amminico delle proteine contenute nelle farine. La furosina si forma nella fase terminale della lavorazione della pasta asciutta, quando la percentuale di acqua scende fino al 12%, da cui il termine “pasta asciutta”. Questa sostanza si forma anche nella produzione dei formaggi come la mozzarella, nella cottura del pane, nella tostatura del caffè (anche quest’ultimo contiene carboidrati) e in altri cibi. Tuttavia costituisce motivo di preoccupazione specialmente per la pasta, poiché gli italiani ne sono forti consumatori su base quotidiana. 

In definitiva la furosina può creare problemi e andrebbe almeno limitata, cercando di assumere con più moderazione i cibi che la contengono (la pasta, il pane, la pizza ed il latte UHT sottoposto a trattamenti termici ad alte temperature).

Dalle indagini eseguite a campione su pasta secca di semola di grano duro, prodotta sia da grandi aziende (paste “industriali”) che da piccoli pastifici, l’indice di furosina è risultato superiore a 300 mg per 100 g proteine per quasi tutte le paste industriali, così come, sorprendentemente, in alcune paste artigianali. Dosi che destano preoccupazione agli occhi degli esperti di tecnologia alimentare. Tuttavia in commercio abbiamo dei produttori di pasta che credono nell’essiccazione lenta e a basse temperature. 

Cosa fare in concreto?

Occorre far riflettere i consumatori su questi aspetti, perché in questo modo stimoliamo in loro una maggiore consapevolezza sul cibo che mangiano in maniera troppo abitudinaria per comodità e perché la pubblicità martellante fa pensare che la pasta sia l’unico carboidrato a disposizione per gli italiani. Pertanto, prima di tutto andrebbe suggerito di ripiegare più spesso nelle fonti di carboidrati che non vengono cotte o essiccate, come per esempio la pasta fresca, i cereali in chicco, le patate, gli gnocchi di patate oppure la polenta o il mais e lasciare magari pastasciutta e pizza per uno o due giorni la settimana al massimo. Già questo ridurrebbe molto il carico di AGES e furosina che assorbiamo quotidianamente mangiando pane e pasta.  

Fra l’altro mangiando ad esempio le patate o gli gnocchi, ma anche il mais lessato, si assumono meno carboidrati rispetto al piatto di pasta e si dà una tregua provvidenziale dal glutine all’intestino. Sappiamo infatti che un carico eccessivo di questa proteina crea difficoltà digestive e stimola il sistema immunitario che si sensibilizza e si predispone ad intolleranze/allergie. Altre ottime alternative, per quanto riguarda il moderare l’assunzione di cereali senza glutine, sono la polenta ed il riso. 

La spesa furosina-free garantisce la varietà nella dieta

Variare la spesa accrescerà anche il bagaglio di conoscenze sul cibo, pertanto servirebbe mettere nel carrello anche prodotti che di solito non vengono acquistati, come gnocchi di patate, pasta fresca (all’uovo oppure di sola semola di grano duro), mais lessato, farina di mais (polenta), cereali in chicco (orzo, farro, avena, quinoa, miglio, grano saraceno). Di seguito alcuni prodotti eccellenti, acquistabili in Italia e che non contengono furosina, in quanto privi di essiccazione o cottura in forno.

Pasta fresca di semola di grano duro (biologica e integrale):

Carboidrati: 44,8g anzichè i 75g della pastasciutta

Mais lessato biologico e italiano:

Contiene solo 17,4g di carboidrati su 100g di prodotto. 
Un quarto dei carboidrati di un piatto di pasta.

Gnocchi di patate integrali:

25,2g di carboidrati anziché 75g della pastasciutta

Paccheri Bio a lenta essiccazione di 36 ore sotto i 60°C di temperatura: 

pasta furosina-free

Riso integrale, ottima alternativa alla pasta:

furosina-free e gluten-free

Orzo perlato in chicchi:

alternativa alla pasta, furosina-free (ha glutine)

Al prossimo consiglio di spesa! 

[di Giampaolo Usai]

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