giovedì 18 Aprile 2024

La moneta fiscale per riportare Keynes nell’economia: ma l’Europa fa muro

L’economia del nostro paese si caratterizza da tempo per bassa crescita e scarso potere d’acquisto di alcune fasce sociali. Come possibile rimedio, ci sono una strada conservatrice e una progressista. Da una parte la consueta ricetta liberista applicata negli ultimi 30 anni: rigore dei bilanci e mano libera alle imprese, con agevolazioni e possibilità di rendere il mercato del lavoro più flessibile; dall’altra l’intervento dello Stato che investe e rimodula le sue risorse, facendo fronte a un debito temporaneo che però dà spinta all’attività economica e ai redditi dei cittadini.

Il dibattito sull’alternativa monetaria

Negli ultimi anni si è scelta l’austerità, anche perché l’adesione alla moneta unica e ai parametri di Maastricht rende più difficile spendere. Al netto dei recenti sviluppi, in cui la linea è dovuta cambiare per forza (vedi il piano della Bce e l’attuale approccio espansivo di Draghi), economisti eterodossi si sono chiesti come rendere praticabili politiche keynesiane, pur non intaccando l’ordinamento giuridico-economico europeo.

C’è chi ha proposto una moneta complementare, da subito osteggiata con forza. E chi, un po’ sulla falsa riga di una moneta complementare, ha teorizzato uno strumento assolutamente legale secondo i trattati. Questo strumento sono i CCF, ovvero Certificati di Credito Fiscale. Gli autori della proposta sono un gruppo di economisti riunitisi nel “Gruppo Moneta Fiscale”, nato nel 2014, tra cui figurano oggi Stefano Sylos Labini, Marco Cattaneo, Biagio Bossone e Massimo Costa.

Il progetto di moneta fiscale

Questi certificati sono pensati per poter circolare liberamente nell’economia, passando di mano in mano. Ma non sono una moneta, in quanto hanno una scadenza a due anni e servono soltanto a dare diritto a uno sconto fiscale. Per intenderci, se io vado in un negozio a comprare della merce, posso lasciare al titolare i CCF. Il valore numerico del certificato coprirà parte o l’intero costo dei beni acquistati, mentre il commerciante potrà beneficiare di un equivalente sconto sulle tasse quando il certificato arriverà a scadenza. A sua volta, se lo vuole, il commerciante può cedere il certificato a un terzo prima della scadenza. Capite come questo meccanismo sia un potente propulsore per la domanda e l’attività economica e favorendo coloro i quali, pagando meno tasse, possono aumentare i loro investimenti.

Sul tema dei crediti fiscali, dal 2014 a oggi, sono stati prodotti diversi disegni di legge. Recanti sfumature e specifici utilizzi (ad esempio riservati alle imprese e per le spese sanitarie). Un ddl sui CCF in forma digitale è del M5S (con cui il gruppo di economisti ha collaborato) e reca come primo firmatario Lannutti. Il testo fu presentato al Senato nel 2019. Altri testi sono ora all’esame delle Commissioni. Il 23 settembre 2021 due esponenti del Gruppo Moneta Fiscale, Stefano Sylos Labini e Marco Cattaneo, sono stati chiamati in audizione dalla Commissione Finanze e Tesoro del Senato, in merito a cinque disegni legge tutti in materia di crediti fiscali. La commissione ha voluto chiarire meglio la questione, dato che nel corso del tempo sono emersi non pochi attriti con le istituzioni tenute a valutare le proposte. Oggetto di discussione, ad esempio, è se considerare a tutti gli effetti i CCF come una seconda moneta, in quanto assomigliano non poco a un mezzo di pagamento. Nell’eurozona, ovviamente, l’unica moneta che siamo tenuti ad accettare è l’euro e non ne possono circolare altre. In merito i proponenti rispondono che, appunto, nessun soggetto è vincolato ad accettare la moneta fiscale come se fosse la moneta a corso legale, seppure l’auspicio è proprio questo. Inoltre, la moneta fiscale può essere accettata dallo Stato solo per ottemperare alle tasse.

Un progetto con diversi nemici

Ma la strada è sempre in salita, siccome a preoccupare sarebbe la caratteristica di cedibilità a terzi di questi crediti. Se circolano illimitatamente, i dubbi riguardano gli effetti sul bilancio pubblico poco prevedibili. Il Gruppo, però, sottolinea che i CCF, a differenza dei titoli di Stato canonici, non danno diritto a un rimborso in euro alla scadenza, ovvero come si dice in gergo non sono “pagabili” (ma appunto parliamo solo di una compensazione fiscale).

Dunque – non trattandosi di titoli che lo Stato usa per finanziarsi sui mercati finanziari, i quali vanno sempre ripagati – non verrebbero contabilizzati nel debito di Maastricht. Eventualmente solo nel deficit. Un deficit probabile ma neanche certo: primo, perché il possessore del certificato potrebbe per qualsiasi motivo non esercitare il diritto allo sconto sulle tasse. Secondo, perché la somma da abbonare al soggetto può diminuire a seconda di quanto, della cifra preventivata, egli abbia ceduto a terzi. Inoltre, l’eventualità di porre un tetto oltre il quale non si può esercitare il credito. Per un altro motivo l’impatto sul bilancio è mitigabile. Poiché lo Stato stesso può accantonare le somme inerenti, spalmandole sui cinque anni di esercizio finanziario. Anche se calmierata, la circolazione dei crediti fiscali avrebbe comunque un effetto moltiplicatore sul Pil e le possibili minori entrate verrebbero compensate dalla crescita.

I Passi avanti, le sfide incombenti

Va detto che dei passi avanti in direzione di misure del genere sono stati fatti. Con il Decreto Rilancio del 2020, il governo Conte ha infatti introdotto misure che hanno a che fare con detrazioni fiscali importanti, queste appunto cedibili. Si tratta ad esempio del Superbonus edilizio al 110% e dell’Ecobonus, mirati all’efficientamento energetico, del Sismabonus per i lavori antisismici. Vi rientrano anche misure già preesistenti come il credito d’imposta per la ristrutturazione facciate e altri bonus generici per la casa. Le misure sono in scadenza il 31 dicembre 2021. Tuttavia, da quanto emerge nella nota d’aggiornamento al Def di settembre, solo riguardo il Superbonus si è quasi certi di una proroga fino al 2023 e c’è ottimismo anche per il Sismabonus, mentre per gli altri si rischia la cessazione. Il ministro dell’economia Franco reputa infatti onerosa una politica del genere e <<non sostenibile alla lunga>>, quindi figuriamoci se possa prendere in considerazione l’idea di estendere l’uso dei crediti fiscali ad ambiti non solo edilizi come hanno esortato Labini e Cattaneo. Scettico l’Eurostat, a cui l’Istat ha chiesto un parere sui crediti fiscali, che ha già bocciato la cedibilità dei crediti d’imposta per l’industria 4.0. Ed ha espresso preoccupazioni anche sulla contabilizzazione dei superbonus, sostenendo che la trasferibilità illimitata potrebbe tramutarsi in una spesa ingente per lo Stato, determinando un eccesso di risorse detraibili per il beneficiario, con il superamento della capienza detraibile singolarmente. Avvicinandosi così al concetto di “crediti pagabili” (cioè rimborsabili in euro, una fattispecie mal vista). Se poi i crediti venissero ceduti a banche, lo Stato dovrebbe farlo rientrare nel debito di Maastricht. Il Gruppo Moneta Fiscale reputa questa posizione non appropriata e teme che il parere di Eurostat possa celare un intento politico.

[di Giampiero Cinelli]

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3 Commenti

  1. In effetti Massimiliano le idee che circolano sono tante, e ricordiamoci che fu proprio Keynes a proporre una moneta non a debito nel 1944 nella celebre conferenza di Bretton Woods, che diede forma al sistema monetario che avemmo fino al 1971. Chiese una moneta da utilizzare solo nel commercio internazionale che non generasse rapporti di debito-credito tra nazioni. Grazie per lo spunto, ci occuperemo anche di questi concetti.

  2. Stiamo sempre trattando la moneta come una nota di debito. Se si pensasse a una moneta non a debito, non inflattiva ne speculativa e collegata ad un valore che ogni uomo può contribuire a generare e vede la collaborazione come paradigma del sistema e non la competizione si risolverebbe molto facilmente il problema.

    Il bello è che questo sistema esiste già. Solo non ve ne siete ancora accorti. Presto rimedieremo.

    • In effetti Massimiliano le idee che circolano sono tante, e ricordiamoci che fu proprio Keynes a proporre una moneta non a debito nel 1944 nella celebre conferenza di Bretton Woods, che diede forma al sistema monetario che avemmo fino al 1971. Chiese una moneta da utilizzare solo nel commercio internazionale che non generasse rapporti di debito-credito tra nazioni. Grazie per lo spunto, ci occuperemo anche di questi concetti.

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