mercoledì 29 Ottobre 2025

Fascisti, servizi, P2 e Stato: sulla strage di Bologna in realtà sappiamo molte cose

Sono trascorsi 41 anni dall’attentato alla stazione di Bologna in cui persero la vita 85 persone e 200 furono ferite, la strage terroristica più efferata compiuta in Italia dal dopoguerra ad oggi.

Nonostante i numerosi tentativi di depistaggio delle indagini e le campagne mediatiche condotte per confondere le idee all’opinione pubblica, che inevitabilmente negli anni passati erano promosse nei giorni precedenti la commemorazione delle vittime, i più recenti sviluppi processuali fanno ben sperare per ottenere una verità più ampia su quanto accaduto quel tragico 2 agosto.

Come noto, alle condanne definitive come esecutori materiali della strage per gli esponenti del gruppo neofascista romano dei Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR) Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, nel gennaio 2020 si è aggiunta la condanna in primo grado per Gilberto Cavallini.

Le nuove rivelazioni processuali

E ora sul banco degli imputati, accusato di essere il quinto componente del commando, siede Paolo Bellini, ex militante di Avanguardia Nazionale, e coinvolto a vario titolo in alcune tra le più inquietanti vicende della storia della nostra repubblica.

Il 21 luglio scorso l’ex moglie di Bellini, Maurizia Bonini, ha confermato durante un’udienza presso Tribunale di Bologna presieduto dal magistrato Francesco Caruso di riconoscere l’ex marito nell’immagine raccolta da un cineamatore straniero alla stazione di Bologna pochi minuti prima dello scoppio della bomba. La Bonini ha inoltre dichiarato di aver dato in precedenza informazioni false per fornire un alibi all’ex coniuge. Quando all’inizio degli anni ‘80 era stata interrogata dagli inquirenti la donna aveva detto infatti che l’ex coniuge era arrivata a Rimini intorno alle 9.00-9.30 del mattino per poi partire con lei, i due figli e la nipote per il Passo del Tonale; questa ricostruzione escludeva la presenza di Bellini in stazione al momento dell’esplosione avvenuto alle 10.25. Dieci giorni fa il clamoroso dietrofront: “Ho detto una bugia, chiedo scusa a tutti. A questo punto posso dire che all’epoca ho dichiarato il falso”. Nella nuova versione della Bonini il 2 agosto 1980 Bellini in realtà sarebbe giunto a Rimini alcune ore più tardi e quindi avrebbe avuto il tempo di passare dalla stazione di Bologna per prendere parte all’attentato. A inchiodare l’imputato anche un’intercettazione in cui Carlo Maria Maggi, leader del gruppo neonazista Ordine Nuovo, condannato per la strage di Piazza della Loggia, sostiene di aver saputo da un militante che la bomba la portava un “aviere”, professione che avrebbe svolto Bellini nei primi anni ottanta.

Eversione nera e Cosa Nostra

Da segnalare anche quanto emerso dalla testimonianza del 30 luglio di Salvatore Bocchino, maresciallo di polizia, che due giorni dopo la strage, perquisendo l’albergo di Aldo Bellini, padre di Paolo, vi incontrò l’ex procuratore di Bologna Ugo Sisti in compagnia dello stesso Aldo Bellini ed una terza persona, la cui identità non è stata rivelata.

Paolo Bellini è stata una figura di primo piano dell’estremismo nero italiano a cavallo degli anni ‘70 e ‘80 ed stato coinvolto in clamorosi intrecci criminali che ha visto il coinvolgimento di estrema destra, organizzazioni mafiose e servizi segreti. Legato al gruppo neofascista di Avanguardia Nazionale, si è autoaccusato dell’omicidio del giovane militante di sinistra Alceste Campanile avvenuto nel 1975 e di una decina di omicidi nella provincia di Reggio Emilia per conto della ‘ndrangheta. Fuggito in Brasile per sfuggire all’arresto, la sua presenza è segnalata nei summit di Enna del 1991 con i principali capimafia siciliani per stabilire la strategia stragista degli anni a venire. Sarebbe stato inoltre protagonista di un negoziato parallelo durante la Trattativa Stato-Mafia dei primi anni novanta, imbastendo un dialogo col mafioso Antonino Gioé in merito al patrimonio artistico nazionale, colpendo il quale la Cosa Nostra avrebbe potuto ricattare lo Stato. Di fatto la strategia perseguita da Cosa Nostra negli attentati di Firenze, Milano e Roma del 1993. Gioé invece morì in carcere con un suicidio che sollevò molte perplessità.

Pezzi di Stato e loggia P2

Nel nuovo processo per la strage di Bologna, oltre a Bellini, per cui si ipotizza il concorso in strage, sono indagati per depistaggio l’ex carabiniere Piergiorgio Segatel e per aver fornito false informazioni ai magistrati nel tentativo di sviare le indagini Domenico Catracchia, amministratore di condominio di immobili in via Gradoli a Roma. Quintino Spella, ex capo del Sisde di Padova, accusato di depistaggio, è stato escluso dal processo in quanto deceduto nel gennaio scorso.

L’inchiesta della magistratura bolognese, che ha aperto la strada a questo nuovo processo, ha messo nero su bianco anche i nomi dei mandanti, ossia le menti che hanno ordito l’attentato individuando quattro responsabili, oggi tutti deceduti. Licio Gelli, gran maestro della loggia massonica P2, già condannato in via definitiva a 10 anni per avere depistato le indagini sulla strage e il suo braccio destro Umberto Ortolani sono indicati come i mandanti-finanziatori, mentre Federico Umberto D’Amato, capo dell’Ufficio Affari riservati del Ministero degli Interni e lo storico direttore del giornale Il Borghese e senatore del MSI Mario Tedeschi, sono considerati mandanti-organizzatori. Sono documentati flussi di denaro per alcuni milioni di dollari partiti dagli Stati Uniti, transitati attraverso varie e complesse operazioni – su conti svizzeri riconducibili a Gelli e Ortolani e alla fine destinati, indirettamente, al gruppo dei NAR e a coloro che sono indicati come organizzatori, cioè D’Amato e Tedeschi.

“Sarà un processo durissimo”

Paolo Bolognesi, il presidente dell’associazione dei famigliari delle vittime del 2 agosto: «Sarà un processo durissimo. Noi chiediamo ancora completa verità e dopo i mandanti, non più presunti perché ci sono i conti e non lo dico io mai i giudici, bisognerà individuare gli ispiratori politici». Tutti i capi dei servizi erano appartenenti alla loggia massonica P2 e li nominava il presidente del Consiglio. Inevitabile pensare al ruolo di Giulio Andreotti, a capo del governo dal 1976 al 1979, e di Francesco Cossiga che lo sostituì fino all’ottobre del 1980.

Anche se al quadro mancano ancora molti tasselli, i risultati ottenuti dalla Procura bolognese negli ultimi due anni rappresentano un notevole passo in avanti rispetto alla conoscenza della verità. Le indagini e i processi confermano l’impostazione che vede al centro del quadro la relazione tra gli esecutori materiali neofascisti dell’ambiente romano, ovvero i NAR – in collaborazione con altri gruppi della galassia dell’estremismo di destra, in particolare Terza Posizione, a cui appartenevano Sergio Picciafuoco, in una prima fase condannato per la strage di Bologna e poi scagionato, e lo stesso Gilberto Cavallini prima di passare ai NAR, e la componente veneta di Ordine Nuovo, implicata a vario titolo in altre stragi e omicidi politici dal 1969 in avanti – e i mandanti del nebuloso mondo della P2 e dei servizi segreti di quegli anni, con forti legami oltreoceano, in particolare con i servizi segreti statunitensi e le feroci dittature militari dell’America latina negli anni ‘70 e ‘80.

Quanto sta emergendo da indagini e processi fa ben sperare per il raggiungimento di una ricostruzione storica e processuale più chiara in merito alle strategie di controllo che hanno condizionato la vita sociale e politica del nostro paese durante i cosiddetti “anni di piombo”.

[di Massimo Venieri]

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