sabato 10 Maggio 2025
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Gaza, si aggrava la carestia: l’ONU chiude tutti i suoi panifici

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A partire da oggi, mercoledì 2 aprile, tutti i panifici nella Striscia di Gaza sono chiusi. È il risultato della chiusura israeliana delle frontiere dello scorso 2 marzo, che ha portato a un mese di interruzione totale nell’entrata degli aiuti umanitari, il periodo più lungo dall’inizio della guerra. A Gaza mancano farina, gas e carburante per cucinare, e i prezzi dei beni alimentari sono schizzati alle stelle. In tale contesto, il Programma Alimentare Mondiale dell’ONU ha diffuso un comunicato interno in cui suggerisce ai propri operatori di orientare gli sforzi sulla gestione delle scorte rimanenti e di ridurre la quantità di cibo nelle singole razioni, per resistere più a lungo. Intanto, non si arrestano le aggressioni militari. L’esercito israeliano continua i propri bombardamenti e ha ampliato l’assalto terrestre su Gaza su ordine del ministro della Difesa Katz. Dall’alba di oggi, sono state uccise almeno 21 persone.

L’allarme carestia a Gaza è stato lanciato dalle autorità e dai programmi di aiuto umanitario, primo fra tutti il PAM. Ieri sera, i media hanno riportato la notizia di un comunicato interno condiviso agli operatori del PAM, in cui l’agenzia annuncia la chiusura di tutti i panifici, lanciando un allarme globale. L’ultimo aggiornamento pubblico sulla situazione alimentare nella Striscia è stato diffuso dallo stesso PAM il 27 marzo. Il programma ha sottolineato che il blocco totale degli aiuti ha causato un drastico aumento dei prezzi, con il costo della farina aumentato del 400% in una sola settimana e quello del gas del 300% in un mese. Oltre al cibo, infatti, stanno iniziando a mancare anche gas, carburante e medicine, la cui assenza aggrava ulteriormente la crisi umanitaria. Il 27 marzo, già sei dei venticinque forni erano stati costretti a chiudere, mentre gli altri diciannove avevano scorte di farina per circa cinque giorni. Ieri, come preannunciato, è arrivata la chiusura di tutti i panifici.

Nella dichiarazione del 27 marzo, il PAM scriveva di stare riducendo le razioni dei pacchi alimentari per raggiungere quante più persone possibile, cosa ribadita anche nel comunicato interno di ieri. A tale data, secondo il PAM, le scorte totali di cibo bastavano per un massimo di due settimane, ossia fino a circa l’11 aprile. Questo significa che in circa dieci giorni, a Gaza, potrebbero finire completamente le scorte di cibo dell’ONU. Mentre il rischio carestia aumenta, Israele nega l’emergenza e sostiene che a Gaza ci sarebbe ancora «un sacco di cibo». «È ridicolo. Stiamo finendo le scorte alimentari», ha risposto Stéphane Dujarric, portavoce del Segretario Generale dell’ONU. «Il PAM non chiude per divertimento; se non c’è farina e non c’è gas, i panifici non possono aprire».

Nel frattempo, l’esercito israeliano ha ampliato l’operazione terrestre. L’attacco è su larga scala e coinvolge ampie aree del Governatorato di Rafah, all’estremo sud della Striscia, quello di Khan Younis (che confina con Rafah), diverse aree centrali della Striscia e le zone di confine nel Governatorato di Nord Gaza. Lo scopo dichiarato è quello di «catturare un vasto territorio» da aggiungere alle zone cuscinetto nella Striscia. Anche l’aviazione israeliana continua incessantemente le proprie operazioni, portando avanti bombardamenti su vasta scala. Nelle ultime ore, Israele ha attaccato una clinica dell’UNRWA situata a Jabaliya, nel nord della Striscia, uccidendo almeno 8 persone. In totale, dall’escalation del 7 ottobre, l’esercito israeliano ha ucciso direttamente almeno 50.399 persone, anche se il numero totale dei morti potrebbe superare le centinaia di migliaia, come sostenuto da un articolo della rivista scientifica The Lancet e da una lettera di medici volontari nella Striscia. Dalla ripresa delle aggressioni su larga scala del 18 marzo, invece, Israele ha ucciso almeno 1.042 persone.

[di Dario Lucisano]

17 studenti di un liceo milanese sono stati sospesi per un’ora di occupazione

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Un’occupazione-lampo durata poco più di un’ora, una raffica di sospensioni e una scuola divisa tra provvedimenti disciplinari e accuse di ingiustizia. Al liceo scientifico e ITE Moreschi di Milano, a due passi da corso Vercelli, il clima è tutt’altro che sereno dopo che diciassette studenti sono stati sospesi per un periodo tra i due e i quindici giorni. La decisione ha scatenato l’indignazione di molte famiglie, che parlano di una punizione sproporzionata e punitiva, più vicina all’umiliazione che all’educazione. Il tutto ha avuto origine dalla scelta della dirigente scolastica, Carmela Tuè, di annullare una delle due giornate di assemblea autogestita previste per il 12 e 13 marzo, un evento che gli studenti attendevano con grande partecipazione. Da lì, la protesta: prima con un volantinaggio e un presidio fuori dalla scuola, poi con l’occupazione, fermata dall’intervento della DIGOS.

Giovedì 16 marzo, alle prime luci del mattino, una cinquantina di studenti ha fatto ingresso nell’istituto e ha bloccato gli accessi con delle catene, impedendo l’ingresso a compagni e docenti. L’azione, tuttavia, si è conclusa rapidamente: già dalla seconda ora, le lezioni sono riprese regolarmente. Nei giorni successivi, sono arrivate le sospensioni per interruzione dell’attività didattica, scatenando polemiche tra studenti e genitori. Le sospensioni sono state poi convertite in ore di volontariato presso l’associazione Matteo25 e gli Angeli del Bello. Intanto, i rappresentanti dei genitori in consiglio d’istituto hanno espresso solidarietà agli studenti sospesi con una lettera in cui criticano la sproporzione delle sanzioni e chiedono maggiore attenzione al benessere degli alunni. Oltre a ciò, si chiedono per quale motivo siano stati raggiunti solo 17 ragazzi, visto che alla protesta hanno partecipato circa 50 studenti. La dirigente Carmela Tuè ha difeso la sua scelta, affermando di avere stabilito l’annullamento dell’assemblea dopo aver constatato che, in quella del mese precedente, quasi la metà degli studenti era assente e gli ospiti esterni si erano trovati a parlare in un’aula magna semivuota. «I ragazzi devono capire che, quando si chiede qualcosa e non lo si ottiene, si obbedisce», ha dichiarato, aggiungendo: «Non ho negato alcun diritto: l’assemblea di aprile si terrà regolarmente». Nel frattempo, il dibattito sulla rigidità delle sanzioni e il diritto degli studenti ad autogestire momenti di confronto rimane acceso, mentre le occupazioni dei licei si susseguono senza sosta in molte città.

Non è la prima volta che, in seguito alle occupazioni studentesche, le dirigenze scolastiche optano per un’applicazione assai rigida del regolamento. Al liceo Minghetti, sono scattate le sospensioni e addirittura alcune denunce contro gli studenti che recentemente hanno occupato la scuola, con 500 genitori che hanno sottoscritto una richiesta di azzeramento delle sanzioni disciplinari in una lettera inviata al mondo della politica e delle istituzioni scolastiche. Al liceo Cavour di Roma, a dicembre, alcuni studenti sono stati sospesi fino a 15 giorni: secondo i ragazzi, i provvedimenti sono stati assegnati in base alle opinioni espresse sull’occupazione, punendo più severamente chi continuava a sostenerne le ragioni. Al Carducci di Milano, 17 studenti sono stati sospesi fino a quattro giorni con obbligo di frequenza, mentre altri 19 potrebbero subire sanzioni. Gli studenti, che erano rimasti dentro la struttura per tre giorni, hanno denunciato l’assenza di un dialogo reale con la dirigenza. La scorsa primavera, al Severi Correnti di Milano, sei studenti erano stati sospesi per mancato allarme e per mancata percezione della gravità fino a 18 giorni e obbligati a svolgere lavori socialmente utili.

Nel febbraio 2024, dopo l’ondata di occupazioni che ha investito lo Stivale in solidarietà con la Palestina e contro le politiche del governo italiano, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha inviato a tutti gli Istituti Superiori d’Italia una circolare – firmata dal Capo Dipartimento Carmela Palumbo – in cui ha fissato i principi in base ai quali i dirigenti scolastici devono rispondere alle occupazioni studentesche. Essa ha delineato una politica dal pugno di ferro che intende colpire quegli studenti che hanno «impedito il regolare svolgimento delle lezioni per periodi considerevoli, ledendo il diritto costituzionale allo studio della maggior parte degli studenti non aderenti». Nella circolare il ministro ha elencato le misure disciplinari da adottare per fare fronte al fenomeno delle occupazioni nelle scuole, esponendo gli studenti «a possibili reati, anche legati al danneggiamento di beni pubblici», che le scuole sarebbero «tenute a denunciare». In molti hanno sottolineato come la misura si sia inserita in un clima generale di repressione dei movimenti studenteschi, che rischia di ledere la libertà di espressione dei giovani italiani.

Niger, liberati ministri del governo rovesciato

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La giunta militare del Niger, guidata da Abdourahamane “Omar” Tchiani, ha annunciato di aver rilasciato circa 50 persone, tra cui funzionari legati al governo rovesciato nel luglio del 2023. Tra le persone liberate figurano i precedenti ministri della Difesa, delle Finanze, del Petrolio e dell’Energia, l’ex ambasciatore del Paese in Nigeria, ma anche un giornalista e alcuni soldati accusati di aver tentato di compiere un colpo di stato nel 2010. L’ex presidente Mohamed Bazoum è ancora detenuto. La decisione segue una raccomandazione emersa nel Forum nazionale per la ricostruzione, una conferenza dedicata ai piani per il futuro del Paese svoltasi lo scorso febbraio.

I medici hanno scoperto un nuovo promettente meccanismo di rigenerazione del fegato

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È stato scoperto un meccanismo finora sconosciuto che, secondo gli esperti, potrebbe potenzialmente rivoluzionare il trattamento delle malattie epatiche. A rivelarlo è una ricerca condotta da scienziati del National Cancer Research Center (CNIO), sottoposta a revisione paritaria e pubblicata sulla rivista scientifica Nature, la quale ha individuato nei modelli animali un processo di rigenerazione del fegato che si attiva in pochi minuti dopo un danno acuto. Secondo lo studio, la chiave starebbe nel ruolo del glutammato, un amminoacido centrale nella comunicazione tra fegato e midollo osseo che...

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Gaza, raid israeliani uccidono almeno 42 persone in 24 ore

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Continua il massacro da parte di Israele in Palestina. Solo nelle ultime 24 ore, gli attacchi dell’IDF a Gaza hanno provocato la morte di almeno 42 persone. Tra loro c’è il giornalista Mohammed Saleh al-Bardawil, la cui morte porta il numero di giornalisti uccisi nella guerra a 209, secondo il Gaza Government Media Office. Nel frattempo, i panifici di Gaza chiudono a causa della carenza di farina e gasolio causata dal blocco israeliano, con la Difesa civile di Gaza che afferma che l’enclave palestinese è sull’orlo della carestia. I raid israeliani proseguono anche in Libano, dove nella notte sono state uccise quattro persone, compreso un membro di Hezbollah.

Torino, svelata nuova rete che collega ‘ndrangheta e imprenditoria

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L’attività economica e criminale della ‘Ndrangheta in Piemonte è sempre più preoccupante e pervasiva. È quanto emerge dalle risultanze dell’indagine Factotum, condotta dalla DDA di Torino, che potrebbe sfociare in un processo per sei soggetti che, a vario titolo, sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, tentata e consumata, ricettazione e detenzione illegale di armi. Tra loro c’è il presunto boss Francesco D’Onofrio, inquadrato come il principale punto di riferimento della ‘ndrangheta in Piemonte, ma anche un ex sindacalista della Filca-Cisl, Domenico Ceravolo, che tra le altre cose si sarebbe adoperato per «il tesseramento dei dipendenti delle imprese edili gestite da calabresi». Il caso di Ceravolo rappresenta un’eccezione nel panorama delle inchieste sulla criminalità organizzata: sebbene le mafie abbiano storicamente cercato di infiltrarsi in ambiti economici e istituzionali, i casi accertati di sindacalisti coinvolti direttamente in attività mafiose – almeno in Italia – sono rari.

Secondo quanto appurato dall’indagine dei pm torinesi, gli ‘ndranghetisti si muovevano agilmente tra Moncalieri e Carmagnola mantenendo «forme di controllo di attività economiche nel settore edile», costituendo «un solido riferimento per il procacciamento di voti» e risolvendo «contenziosi tra operatori imprenditoriali», in ragione di una «diffusa e ormai ampiamente riconosciuta capacità d’intimidazione». Dall’inchiesta è emerso inoltre che il sodalizio ha fornito sul territorio di Carmagnola protezione a imprenditori in dissidio con altri operatori economici, ottenendo in cambio somme poi veicolate agli associati. La ricostruzione degli inquirenti indica in Francesco D’Onofrio di Mileto, già coinvolto in passato nella maxi-inchiesta Minotauro, il dirigente e l’organizzatore del network ‘ndranghetista in Piemonte. Il presunto boss, secondo i magistrati, promuoveva e prendeva parte a meeting tra membri di diverse articolazioni criminali sul territorio, al fine di delineare alleanze e spartizioni di affari, dando il via libera alla commissione di delitti.

Un capitolo singolare dell’indagine riguarda la posizione di un altro indagato, l’allora sindacalista Domenico Ceravolo, sospeso dalla Filca-Cisl in seguito all’apertura dell’inchiesta. Secondo la Procura, quest’ultimo sarebbe «un partecipe del sodalizio carmagnolese, al quale è legato da diversi anni», che finì «sotto usura ad opera di alcuni appartenenti alla ‘ndrangheta» e da altri «“protetto” ed anche utilizzato quale intestatario fittizio di beni», mettendosi «a disposizione prima della cosca e poi di Francesco D’Onofrio, dirigente della ‘ndrangheta piemontese». Gli inquirenti spiegano che il tutto avvenne dopo il suo trasferimento in Piemonte dal Vibonese, quando si scoprì «la sua contiguità con appartenenti alle locali ‘ndranghetiste di quella zona». Nel fermo dell’indagine “Factotum” è presente una annotazione degli uomini della Guardia di Finanza che riconosce Ceravolo – che nel febbraio 2024 era divenuto componente della segreteria Filca Cisl Torino-Canavese – come «un sodale del gruppo criminale», tant’è che uno dei vertici del clan, Salvatore Arone, conosceva bene «la sua peculiarità operativa», come la capacità di «reclutare operai nelle fila del sindacato per cui lavorava, […] di concerto con i datori di lavoro, per poi disporre di canali relazionali tra i predetti titolari d’impresa ed il sodalizio ‘ndranghetista».

I pm ritengono «particolarmente rilevante» la circostanza che Ceravolo «sia un dipendente del sindacato Filca-Cisl, operante nel settore dell’edilizia, che riceva remunerazioni particolari dal sindacato, legate al procacciamento di iscritti presso le ditte del settore», avendo egli svolto tale attività «d’intesa con D’Onofrio» e utilizzando il suo ruolo «per coltivare interessi propri del sodalizio ‘ndranghetista». Ceravolo è inoltre accusato di avere sostenuto economicamente detenuti mafiosi, nonché di aver sfruttato la sua posizione sindacale per far ottenere il reddito di cittadinanza ad affiliati. Inoltre, insieme ad altri elementi di spicco del sodalizio, avrebbe favorito la latitanza di Pasquale Bonavota, presente nella lista dei latitanti più pericolosi d’Italia dal novembre 2018 all’aprile 2023, quando fu catturato a Genova. Ceravolo avrebbe poi garantito un mutuo da 100mila euro per l’acquisto di un appartamento da parte della moglie di un uomo dei clan e aiutato lo stesso a ottenere il reddito di emergenza durante il Covid. Infine, avrebbe protetto imprenditori edili legati alla ‘ndrangheta, danneggiando gli operai sindacalizzati e aiutando aziende mafiose a eludere misure antimafia.

La presenza della ‘ndrangheta in Piemonte è attestata ormai da decenni. Operazioni come “Minotauro” e “Albachiara” hanno evidenziato l’esistenza di “locali” (‘ndrine) attivi nella regione. Negli ultimi anni, diverse operazioni e inchieste hanno fatto luce sulle attività dei clan. L’anno scorso, la DDA ha svelato i progetti della ‘ndrangheta volti a infiltrarsi nelle grandi opere in Piemonte, dalla manutenzione dell’autostrada A32 alla movimentazione terra nei cantieri più importanti, con accuse che spaziano dall’associazione mafiosa al concorso esterno, dall’estorsione alle armi, fino alla ricettazione e al riciclaggio. Solo due settimane fa, l’operazione “Habanero” – condotta dalla DDA di Catanzaro – ha portato a diversi arresti a Torino e provincia. In tutto, la Procura calabrese ha notificato 26 iscrizioni nel registro degli indagati, evidenziando un intenso collegamento tra la mafia calabrese e le sue articolazioni in Piemonte. Nel dicembre 2019, l’assessore regionale piemontese Roberto Rosso, membro di FDI, è stato arrestato con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso per aver pagato 15mila euro alla ‘ndrangheta in cambio di un pacchetto di voti per le elezioni regionali del maggio 2019. A febbraio, la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di appello che aveva sancito la sua condanna a 4 anni e 4 mesi, disponendo un nuovo processo di secondo grado.

Tre soldati USA sono morti in un misterioso incidente al confine con la Bielorussia

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Tre dei quattro soldati dell’esercito statunitense scomparsi nei pressi del confine lituano con la Bielorussia la scorsa settimana sono stati trovati morti. I corpi sono stati rinvenuti all’interno del loro veicolo blindato, recuperato da una zona paludosa ieri mattina, lunedì 31 marzo. Un altro soldato risulta ancora disperso. La vicenda risale a martedì 25 marzo, quando l’esercito lituano ha diffuso un comunicato annunciando la scomparsa dei soldati statunitensi e l’avvio delle operazioni di salvataggio. In un primo momento, i militari erano stati dati per morti a seguito di una dichiarazione del Segretario Generale della NATO, Mark Rutte, immediatamente smentita dall’esercito lituano. L’esercito statunitense non ha comunicato il luogo in cui è stato rinvenuto il veicolo, ma dalle comunicazioni relative alla scomparsa dei soldati è noto che i quattro si trovavano in un’area di addestramento vicino a Pabradė. Le cause che hanno portato alla loro morte risultano ancora ignote.

I soldati statunitensi erano scomparsi nelle prime ore del mattino del 25 marzo a bordo del veicolo corazzato di recupero M88A2 Hercules, mentre conducevano una missione per riparare e trainare un veicolo tattico rimasto «immobilizzato». Il loro veicolo è stato trovato il 26 marzo sommerso in uno specchio d’acqua paludoso dopo una ricerca congiunta da parte dell’esercito statunitense, delle forze armate lituane e di altre autorità lituane. Dopo il rinvenimento del veicolo sono iniziate le operazioni di recupero mediante drenaggio, conclusesi ieri, mentre intanto andavano avanti quelle di ricerca e soccorso. Alle operazioni di estrazione del veicolo hanno partecipato le forze armate lituane, statunitensi e polacche. La Lituania ha fornito elicotteri militari, velivoli ad ala fissa, sistemi aerei senza pilota e personale di ricerca e soccorso per unirsi alle operazioni. Nel corso dei giorni sono stati portati sul luogo escavatori, pompe per fanghi, paratoie, altre attrezzature edili pesanti, esperti tecnici e diverse centinaia di tonnellate di ghiaia e terra per consentire il recupero.

Il quarto soldato è ancora disperso, ma sta venendo cercato dalla squadra di sommozzatori. Le autorità stanno ancora indagando sulle cause dell’incidente. I soldati erano stanziati permanentemente a Fort Stewart, avamposto militare degli Stati Uniti in Georgia, ed erano stati dispiegati in Lituania, in un’area di addestramento al confine con la Bielorussia, a supporto dell’operazione Atlantic Resolve, l’attività militare in risposta alle operazioni Russe in Ucraina avviata nel 2014. La loro morte era stata inizialmente annunciata dal segretario generale della NATO in occasione di una conferenza stampa congiunta con il primo ministro polacco Donald Tusk, per venire smentita subito dopo dalle autorità lituane.

Birmania, tre gruppi ribelli annunciano il cessate il fuoco unilaterale

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L’Alleanza delle Tre Fratellanze, coalizione dei gruppi ribelli birmani dell’Esercito dell’Alleanza Democratica Nazionale del Myanmar, dell’Esercito di Liberazione Nazionale di Ta’ang e dell’Esercito di Arakan, ha annunciato un cessate il fuoco unilaterale per favorire una risposta umanitaria internazionale al terremoto che ha colpito il Paese. Per un mese, dichiara l’Alleanza, i membri dei gruppi ribelli non avvieranno operazioni offensive contro l’esercito regolare, a cui hanno chiesto di fare lo stesso. Ieri, il gruppo ribelle Karen National Union, esterno all’Alleanza delle Tre Fratellanze, ha accusato l’esercito birmano di stare continuando i bombardamenti nonostante il disastro naturale. A oggi, le vittime del terremoto hanno superato le 2.700 persone.

Ogni europeo spreca in media 130 chili di cibo l’anno

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Ogni giorno, in Europa, tonnellate di cibo perfettamente commestibile finiscono nei cassonetti, sprecate lungo l’intera filiera alimentare. Dalla produzione alla distribuzione, fino ai consumatori finali, lo spreco di alimenti rappresenta una delle sfide più urgenti per la sostenibilità ambientale ed economica. I numeri sono allarmanti: ogni cittadino europeo, in media, butta via circa 130 chili di cibo all’anno. Questo dato, contenuto nell’ultimo report dell’European Environment Agency (EEA), mette in luce un problema profondo che riguarda non solo l’etica del consumo, ma anche le ripercussioni sul clima e sulle risorse naturali. Su cui l’UE – sebbene con grave ritardo – sta cercando di intervenire.

Il report “Preventing waste in Europe – Progress and challenges, with a focus on food waste” mostra che, nel 2022, la quantità di cibo sprecato per persona si aggirava attorno ai 132 chili, equivalenti a oltre 59 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, con un elevato impatto ambientale ed economico. Le cause di questo fenomeno sono molteplici. I dati rivelano che le famiglie sono responsabili della quota più significativa del cibo sprecato, contribuendo per oltre il 55% al totale. Seguono la produzione manifatturiera (18-19%), la produzione primaria (8-9%), i ristoranti e i servizi (9-11%) e la vendita al dettaglio (7-8%). La prevalenza del consumo domestico evidenzia come il comportamento individuale e le abitudini di acquisto giochino un ruolo determinante. Il rapporto sottolinea inoltre come il fenomeno dello spreco alimentare non sia solo un problema di quantità, ma abbia profonde implicazioni ambientali ed economiche. Lo spreco di cibo equivale infatti a uno spreco di tutte le risorse impiegate nella sua produzione: acqua, energia, suolo e input chimici, oltre alle emissioni di gas serra associate alle diverse fasi della catena alimentare. La mancata valorizzazione del cibo comporta, dunque, un duplice danno: uno spreco economico e una pressione in più sugli ecosistemi, contribuendo al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità ​.

Per fronteggiare tale problematica, l’Unione Europea ha adottato una serie di politiche e misure volte a ridurre lo spreco alimentare. La direttiva quadro sui rifiuti (WFD) e la strategia “farm to fork” pongono l’accento sulla prevenzione, invitando gli Stati membri a implementare programmi specifici per la riduzione degli sprechi. Tali programmi includono campagne di sensibilizzazione, incentivi economici e l’adozione di strumenti normativi per migliorare la tracciabilità e il monitoraggio dei dati relativi allo spreco alimentare. Per accelerare i progressi, la Commissione europea ha proposto obiettivi vincolanti di riduzione dei rifiuti alimentari che gli Stati membri dell’UE devono raggiungere entro il 2030: una riduzione del 10% nella lavorazione e nella produzione e una riduzione del 30% pro capite a livello di vendita al dettaglio e di consumo. A febbraio, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio su questi obiettivi nel corso di negoziati a tre.

Un altro aspetto rilevante evidenziato dal report riguarda le metodologie di misurazione dello spreco alimentare. Le variazioni nei dati registrati da anno in anno non sempre riflettono cambiamenti reali, ma in parte derivano da modifiche nelle pratiche di reporting. Ciò sottolinea l’importanza di standardizzare le procedure di raccolta dei dati per poter effettuare confronti accurati e monitorare l’efficacia delle misure adottate nel tempo. Infine, è fondamentale evidenziare come la lotta contro lo spreco alimentare rappresenti un’opportunità per promuovere un’economia circolare. Ridurre il cibo sprecato significa infatti non soltanto salvaguardare risorse preziose, ma anche creare nuove opportunità di business e favorire la crescita di settori economici legati al recupero e alla redistribuzione degli alimenti in eccedenza. In questo contesto, iniziative come la donazione di cibo in eccedenza, il recupero tramite il riciclo o la trasformazione in nuovi prodotti possono contribuire a creare un sistema più sostenibile ed efficiente.

Uno sciopero contro l’austerità ha paralizzato il Belgio

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Ieri si è tenuto in Belgio uno sciopero nazionale per contestare le politiche del lavoro del governo, costringendo gli aeroporti a tenere a terra tutti i voli programmati. La protesta ha coinvolto l’intero settore dei trasporti, causando interruzioni del servizio su scala nazionale. Alcuni manifestanti hanno inoltre bloccato l’accesso a diversi negozi nella zona commerciale di Bruxelles. I dimostranti contestavano in particolare le misure di austerità dell’esecutivo, soprattutto in materia di pensioni e politiche del lavoro. Secondo i manifestanti, la riforma delle pensioni pianificata dal governo premierebbe infatti chi lavora oltre l’età pensionabile con almeno 35 anni di servizio, penalizzando invece chi va in pensione anticipata senza aver maturato tale requisito.

Lo sciopero ha fatto fermare il Paese per 24 ore, bloccando il settore pubblico e privato e generando gravi interruzioni nei trasporti e nei servizi essenziali. La protesta, organizzata dai sindacati cristiani e socialisti, è stata una risposta ai tagli al bilancio annunciati dal governo di coalizione guidato dal nazionalista fiammingo Bart De Wever, noto come “Arizona” per i colori dei partiti che lo compongono. Le riforme proposte incidono pesantemente su pensioni, sussidi di disoccupazione, servizi pubblici e mercato del lavoro, suscitando un ampio dissenso tra la popolazione. Fin dalle prime ore di lunedì, i lavoratori hanno formato picchetti in tutto il Paese, paralizzando i trasporti: meno della metà degli autobus e tram nelle Fiandre sono entrati in servizio, mentre il traffico ferroviario ha subito drastici rallentamenti. A livello internazionale, l’impatto si è fatto sentire soprattutto nel traffico aereo, con tutti i 244 voli dell’aeroporto di Bruxelles cancellati e lo scalo di Charleroi completamente fermo. Anche Brussels Airlines ha annullato la quasi totalità dei voli, coinvolgendo passeggeri da Germania, Italia e Spagna. L’agitazione ha coinvolto ampi settori dell’economia. Oltre ai trasporti, anche scuole, uffici postali e servizi di raccolta rifiuti sono stati interrotti, mentre i porti di Anversa e Zeebrugge hanno subito rallentamenti nelle operazioni logistiche. Sebbene l’impatto nel settore sanitario e nella grande distribuzione sia stato più limitato, la mobilitazione ha coinvolto anche lavoratori dell’industria, della cultura e del commercio al dettaglio.

I sindacati accusano il governo di aver tradito le promesse elettorali, implementando oltre un miliardo di euro di tagli ai servizi sociali mentre aumentano le spese per la difesa. «In breve: hanno mentito», ha dichiarato la Federazione generale del lavoro del Belgio (FGTB), denunciando le misure che penalizzano soprattutto lavoratori, pensionati e giovani. Un tema ricorrente nei picchetti è stata la sproporzione nell’impatto delle riforme, con i costi dell’austerità scaricati sulle fasce più deboli della popolazione mentre i grandi capitali restano intoccati. Le nuove politiche – evidenziano i sindacati – colpiscono in modo particolare le donne, già sovrarappresentate nei lavori precari e a tempo parziale. Le riforme sulle pensioni rischiano di rendere ancora più difficile per loro maturare i requisiti per un assegno dignitoso, mentre l’allungamento dell’orario di lavoro e la liberalizzazione dei turni notturni potrebbero aggravare il loro carico di stress. Le organizzazioni femministe, come Collecti.ef 8 maars Ghent, hanno partecipato allo sciopero denunciando il divario salariale e le difficoltà di conciliazione tra vita lavorativa e familiare. Un altro nodo cruciale è rappresentato dalle nuove normative sugli straordinari, che potrebbero aumentare la settimana lavorativa fino a 52 ore, minacciando il benessere fisico e mentale dei lavoratori. «Questo ritmo aumenterà il rischio di malattie legate allo stress e indebolirà ulteriormente la nostra rete di sicurezza sociale», ha avvertito la Confederazione dei sindacati cristiani (ACV-CSC).

Le tensioni tra il governo e i lavoratori non sono nuove. Già a febbraio, centinaia di migliaia di persone erano scese in piazza a Bruxelles contro le politiche dell’esecutivo, in concomitanza con un altro sciopero nazionale. «Oggi il movimento è molto popolare, la gente è stufa. Nessuno vuole lavorare fino a 67 anni per guadagnare meno», ha dichiarato Stefano Scibetta, delegato senior della FGTB. Il Partito dei Lavoratori del Belgio (PTB-PVDA), che ha sostenuto lo sciopero, ha sottolineato come la pressione pubblica abbia già costretto il governo a rivedere alcune proposte. «Abbiamo la sensazione che siano divisi ed esitanti. Più sosteniamo lo sciopero, maggiori saranno le nostre possibilità di bloccare i loro piani di distruzione sociale», ha affermato un rappresentante del partito. I sindacati promettono di non fermarsi qui, annunciando che la battaglia per pensioni dignitose, salari equi e servizi pubblici di qualità è appena iniziata.