domenica 24 Agosto 2025
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“Ondeggia, oceano”, una poesia di George Gordon Byron (1812-18)

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Ondeggia, Oceano nella tua cupa
e azzurra immensità.
A migliaia le navi ti percorrono invano;
L'uomo traccia sulla terra i confini,
apportatori di sventure,
Ma il suo potere ha termine sulle coste,
Sulla distesa marina
I naufragi sono tutti opera tua,
è l'uomo da te vinto,
Simile ad una goccia di pioggia,
S'inabissa con un gorgoglio lamentoso,
Senza tomba, senza bara,
senza rintocco funebre, ignoto.

Sui tuoi lidi sorsero imperi,
contesi da tutti a te solo indifferenti
Che cosa resta di Assiria, Grecia, Roma,
Cartagine?
Bagnavi le loro terre quando erano libere
e potenti.
Poi vennero parecchi tiranni stranieri,
La loro rovina ridusse i regni in deserti;
Non così avvenne, per te, immortale e
mutevole solo nel gioco selvaggio delle onde;
Il tempo non lascia traccia
sulla tua fronte azzurra.

Come ti ha visto l'alba della Creazione,
così continui a essere mosso dal vento.
E io ti ho amato, Oceano,
e la gioia dei miei svaghi giovanili,
era di farmi trasportare dalle onde
come la tua schiuma;
fin da ragazzo mi sbizzarrivo con i tuoi flutti,
una vera delizia per me.

E se il mare freddo faceva paura agli altri,
a me dava gioia,
Perché ero come un figlio suo,
E mi fidavo delle sue onde, lontane e vicine,
E giuravo sul suo nome, come ora.

Il romantico non abita il mondo, abita la natura. Di conseguenza detesta i confini che risultano da guerre o da convenzioni. Li odia ma li teme perché segni di un oltraggio sovrumano.

L’infinito stesso di cui cantava Leopardi, o gli sfondi lontani pittorici messi in poesia dalle sorelle Brönte in quegli anni, venivano definiti come «mare», oceano indifferenziato capace di contenere insieme il tutto e la morte.

La morte, anch’essa tuttavia, non come fine ma come accesso a un mondo senza limiti, e quindi senza tempo. Un naufragare della vita quale navigazione. La morte, espressione dell’indicibile poetico, della passione totalizzante dell’amore, che il melodramma e la canzone nell’ Otto e Novecento avrebbero conosciuto benissimo.

Il poeta figlio delle onde, del loro gioco selvaggio, sa che l’eros è un incantesimo immortale, e quindi esprime il suo giovane piacere, la sua visione poetica come abbandono, come attrazione verso l’ignoto.

L’intenzione romantica non crede a un «tu» davvero dialogico, fisico, umano. Sa che i suoi sentimenti deboli e immensi urtano contro le leggi della storia, sormontano ogni fatica umana, rendono religioso e insieme tremendo ogni sguardo.Così si sarebbe espresso, cinquant’anni dopo, Victor Hugo in esilio sulla odiosamata isola di Guernsey, all’ inizio della sua epopea romanzesca della pesca come sfida: Les travailleurs de la mer, I lavoratori del mare.

Iran, attacco armato a tribunale nel Belucistan: almeno 6 morti e 20 feriti

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Nella giornata di oggi, sabato 26 luglio, un gruppo di uomini armati ha lanciato una granata all’interno di un tribunale a Zahedan, capoluogo della provincia del Sistan e Belucistan, nel sud-est dell’Iran. L’attacco ha causato la morte di almeno sei persone e il ferimento di altre 20. Tre degli attentatori sono stati uccisi in un conflitto con la polizia. L’agenzia Tasnim ha ad ora attribuito l’attacco al gruppo terroristico sunnita Jais al Adl, attivo nel Belucistan e in conflitto con il governo iraniano, a maggioranza sciita. Il Belucistan è una regione al confine con il Pakistan, abitata principalmente da sunniti.

Como, sventolano la bandiera palestinese allo stadio: DASPO per 5 tifosi

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È di cinque denunce e un totale di otto anni di divieto di accesso agli stadi (DASPO) il bilancio di quanto avvenuto ieri sera allo stadio Sinigaglia di Como, durante la partita Ajax-Celtic, valida per la Como-Cup 2025. Due tifosi italiani, una donna lecchese di 40 anni e un uomo di 52 anni, poco prima della fine del match hanno esposto una bandiera palestinese verso il settore dell’Ajax. Quello che doveva essere un gesto simbolico di sostegno a una causa politica è divenuto il pretesto per una pesante reazione delle autorità e per l’imposizione di provvedimenti. Oltre ai due tifosi italiani, sono stati identificati altri 3 soggetti – due scozzesi di 29 e 24 anni e un 28enne con cittadinanza marocchina residente a Besana in Brianza – che si sono uniti a quella che la Questura ha definito una «azione provocatoria». Tutti sono stati condotti in Questura e denunciati per l’articolo 604 bis del codice penale, che punisce la propaganda e l’istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa.

Come hanno raccontato gli stessi denunciati, la prima e vera provocazione era arrivata da parte di alcuni tifosi dell’Ajax, che attorno alle 22 avevano esposto una bandiera nordirlandese (dunque filo-inglese) con l’obiettivo di scatenare la rabbia dei tifosi irlandesi del Celtic. «La Polizia ha visto la bandiera palestinese e non quella dei tifosi dell’Ajax, ma tant’è», hanno raccontato i due tifosi italiani che hanno sventolato il drappo coi colori della Palestina. Infatti, nel comunicato emesso dalla Questura in seguito ai fatti, non c’è alcun accenno alla provocazione olandese. «Di sicuro nessuno ci può accusare di razzismo per motivi etnici o religiosi. Naturalmente in questo periodo è più facile vedere solo la bandiera palestinese, che però per noi e per tutti i tifosi del Celtic è solo il simbolo di vicinanza a un popolo oppresso. Nulla che giustifichi l’accusa a noi mossa di antisemitismo», hanno concluso i due. A ogni modo, in risposta all’accaduto, il Questore di Como, Marco Calì, ha disposto immediatamente l’emissione dei provvedimenti di DASPO per tutti i cinque tifosi. Complessivamente, gli otto anni di divieto di accesso agli stadi impediscono ai denunciati di partecipare a qualsiasi manifestazione sportiva sul territorio nazionale per i prossimi anni. Le forze dell’ordine hanno contestato a tutti i coinvolti la violazione dell’articolo 604 bis del codice penale, interpretando l’esposizione della una bandiera palestinese in uno stadio di calcio come atto di discriminazione, con il conseguente rischio di incorrere in accuse di antisemitismo.

Il caso di Como non è certo un episodio isolato, ma inserito in un più ampio contesto di repressione contro chi manifesta solidarietà alla causa palestinese in Italia attraverso l’esposizione della bandiera palestinese. A Putignano, lo scorso maggio, poco prima del passaggio del Giro d’Italia, a una famiglia è stato intimato di rimuovere la bandiera palestinese dal proprio balcone per «motivi di ordine pubblico», mentre a Salò, a gennaio, il fotografo Giulio Tonincelli ha visto la sua espressione di protesta contro il genocidio a Gaza minacciata da un intervento dei carabinieri. Non solo: lo scorso ottobre, a Desio, l’apicoltore Marco Borella si era visto sanzionare con una multa di 430 euro per un «striscione non autorizzato» in cui si invocava lo “Stop al genocidio” ai danni del popolo palestinese. Questi episodi si aggiungono a quelli di Terni, dove un giovane militante di Potere al Popolo che aveva partecipato a una manifestazione contro l’approvazione del DDL Sicurezza, a febbraio, è stato fermato, identificato e perquisito dopo che è stata trovata in suo possesso una bandiera della Palestina.

Italia, sciopero di 4 ore nel settore aereo: molti voli a rischio

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Oggi, tra le 13 e le 17, diversi sindacati del settore aereo hanno proclamato scioperi che potrebbero influire sui voli in Italia. Gli scioperi coinvolgono sia gli operatori di terra che di volo. Il sindacato UILT-UIL ha indetto uno sciopero per il personale di Volotea, in trattativa per un aumento degli stipendi, mentre FLAI Trasporti e Servizi ha organizzato uno sciopero per chi lavora in aziende che gestiscono assistenza passeggeri e bagagli. CUB Trasporti, infine, ha richiesto miglioramenti nelle condizioni di lavoro. I voli prima delle 13 sono garantiti, come anche quelli che potrebbero partire in ritardo fino a mezz’ora dopo l’inizio dello sciopero.

Il business delle università telematiche in Italia, tra scarsa qualità e intrecci politici

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Dallo scorso anno, La Sapienza di Roma ha perso il primato di ateneo con più iscritti in Italia. I suoi 111.960 studenti sono stati superati di gran lunga da un polo universitario nato meno di vent’anni fa e interamente controllato da un fondo d’investimento inglese: Multiversity S.p.A. Oggi, tra le tre università telematiche che ne fanno parte — Pegaso, San Raffaele e Universitas Mercatorum — si contano ben 169.018 iscritti. A capo di Multiversity ci sono l’ex magistrato e politico Luciano Violante, nel ruolo di presidente, e l’ex manager di Google Italia (e in precedenza del gruppo Sole 24 O...

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Russia-Ucraina: attacchi incrociati provocano morti e feriti

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Proseguono gli attacchi incrociati tra l’esercito russo e quello ucraino dopo il sostanziale fallimento dei negoziati di Istanbul dello scorso 23 luglio. Un raid di droni ucraini nella regione sudoccidentale di Rostov ha provocato la morte di due persone, come riferito dalle autorità locali citate dall’agenzia di stampa russa Tass. La Russia ha invece affermato di avere abbattuto 54 droni ucraini sul proprio territorio. Parallelamente, in Ucraina sono morte due persone e 5 sono rimaste ferite in seguito a un massiccio attacco dell’esercito russo che ha colpito Dnipro e la regione di Dnipropetrovsk, che ha provocato lo scoppio di diversi incendi.

Monza: la battaglia dei cittadini per difendere 25.000 mq di bosco dalla cementificazione

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Un bosco spontaneo di circa 25.000 metri quadrati situato nell’area dell’ex caserma IV Novembre di Monza potrebbe essere abbattuto per fare spazio a uno studentato. Il progetto è stato promosso dalla giunta Pilotto attraverso l’approvazione di una variante al Piano di Governo del Territorio, e intende tenere fede a un impegno siglato nel luglio del 2024 con l’Università di Milano-Bicocca, l’Agenzia del Demanio e la Regione Lombardia. Il piano prevede la costruzione di due edifici in cemento armato dal volume di 56.000 metri cubi, volti a ospitare fino a 500 studenti, con spazi dedicati ad attività commerciali e piani interrati per i parcheggi e l’estensione della metropolitana milanese. Contro il progetto si sono mossi diversi comitati locali e organizzazioni ambientaliste, che hanno promosso una petizione che ha già raggiunto 29.000 firme. I comitati hanno presentato diverse osservazioni al Comune, chiedendo di realizzare altrove lo studentato, individuando aree dismesse e inutilizzate più adatte alla riqualificazione; l’amministrazione, tuttavia, ha respinto tutte le richieste dei comitati.

L’approvazione per la costruzione dello studentato da parte del Comune di Monza è arrivata con la delibera n. 5 del 6 febbraio 2025. Il progetto è stato concordato il 24 luglio 2024 dall’Agenzia del Demanio, il Comune di Monza, la Regione Lombardia e l’Università degli Studi di Milano – Bicocca. L’area interessata è quella adiacente all’ex caserma IV Novembre, nel quadrante nord-ovest della città, e si estende per 24.600 metri quadrati. Il piano prevede la realizzazione di due edifici che ospiterebbero fino a 500 studenti, dando priorità agli iscritti al Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università Bicocca, che ha sede a Monza in via Cadore, vicino al polo ospedaliero San Gerardo. Gli edifici sarebbero dotati di mense, attrezzature sportive, sale riunioni, aule studio e locali per attività commerciali aperte anche al pubblico. Il progetto prevede inoltre la costruzione di un piano interrato destinato a circa 200 posti auto e «a un parcheggio di interscambio di circa 8.000 mq per assorbire il traffico pendolare della fermata capolinea della tratta M5 della metropolitana milanese». Proprio in questa stessa area, infatti, verrebbero avviati i cantieri per costruire la stazione della metropolitana milanese di Monza, come concordato con la Regione Lombardia. I cantieri per la zona interessano complessivamente circa 168.000 metri cubi di edifici pubblici, a cui vanno aggiunti altrettanti metri cubi destinati a edifici privati, in gran parte – come il centro commerciale – già esistenti, con altezze fino a 13 piani.

L’area interessata dal disboscamento – Fonte: Agenzia del Demanio

Sin dal lancio del progetto, gruppi ambientalisti e comitati locali si sono mossi contro l’iniziativa. I gruppi, in particolare, hanno chiesto di spostare il cantiere dello studentato, individuando nella «ex Fossati e Lamperti» e nelle «aree del vecchio Ospedale Umberto I» luoghi adatti alla sua realizzazione; si tratta infatti di aree dismesse, di proprietà pubblica e situate a breve distanza dalla stazione ferroviaria di Monza centro (a due fermate da Milano Greco-Pirelli, stazione a una manciata di minuti dal polo centrale dell’Università Bicocca). I comitati hanno poi chiesto di «non tagliare il bosco o, nel caso si volesse comunque procedere in modo rovinoso, di prevedere ampie compensazioni», con un’estensione pari da due a cinque volte l’area disboscata, nelle sue adiacenze. Infine, è stato chiesto di organizzare un’assemblea pubblica sulla variante urbanistica, «così come formalmente richiesta da due mesi dalla Consulta dei quartieri di San Biagio – Cazzaniga». Il Comune ha respinto tutte le proposte, tranne quest’ultima. L’assessore all’Urbanistica, Marco Lamperti, ha inoltre affermato che l’area interessata «è urbanizzata, non boscata».

Filippine, respinto l’impeachment contro la vicepresidente

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La Corte Suprema filippina ha respinto la richiesta di impeachment contro la vicepresidente Sara Duterte, figlia dell’ex presidente Rodrigo Duterte, attualmente in custodia presso la Corte Penale Internazionale, in attesa di processo per crimini contro l’umanità. Sara Duterte era stata accusata dalla Camera bassa delle Filippine di aver utilizzato impropriamente fondi pubblici per accumulare ricchezza, e minacciato di morte l’attuale presidente filippino Ferdinand Marcos Jr, figlio dell’ex dittatore Ferdinand Marcos. La Corte ha affermato di non assolvere Duterte dalle accuse, ma che la richiesta di impeachment è incostituzionale.

Vibe coding, quando credere troppo nell’IA ti distrugge il lavoro

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Nel mondo dei tecnoentusiasti sta prendendo piede la moda del vibe coding, ovvero l’affidarsi a sistemi di intelligenza artificiale generativa per scrivere codice informatico. Si tratta di una pratica che sta rivoluzionando concretamente la natura stessa dello sviluppo software, ma che talvolta viene adottata con un’eccessiva e immotivata fiducia. Lo dimostra il caso di Jason Lemkin, dirigente d’impresa e investitore, che si è lasciato ammaliare dalle promesse dell’azienda di IA Replit, rischiando di perdere l’intero database di produzione: il cuore pulsante della sua attività professionale.

A partire dal 12 luglio, il co-fondatore di Adobe EchoSign e SaaStr ha documentato via blog la sua esperienza personale con il vibe coding. Il primo approccio è stato idilliaco: adoperando un linguaggio naturale, il manager è riuscito “in una manciata di ore a costruire un prototipo che era molto, molto fico”. Un inizio estremamente promettente, soprattutto considerando che Replit si propone alle aziende come una soluzione accessibile anche a chi ha “zero competenze nella programmazione”, promettendo di far risparmiare alle aziende centinaia di migliaia di dollari. Leggendo tra le righe, la promessa implicita è chiara: sostituire i tecnici formati con personale più economico, supportato dall’IA.

La premessa, tuttavia, è stata presto messa alla prova. “Dopo tre giorni e mezzo dall’inizio del mio nuovo progetto, ho controllato i costi su Replit: 607,70 dollari aggiuntivi oltre al piano d’abbonamento da 25 dollari al mese. Altri 200 dollari solo ieri”, ha rivelato Lemkin. “A questo ritmo, è probabile che spenderò 8.000 dollari al mese. E sapete una cosa? Neanche mi dispiace”. Anche perché, a detta del manager, sperimentare con il vibe coding è una “pura scarica di dopamina”, e Replit è “l’app più assuefacente” che abbia mai usato.

Dopo poco, il manager si è reso conto che l’intelligenza artificiale adoperata sia propensa a sviluppare errori difficilmente rilevabili, se non altro perché è solita “mentire” sui risultati dei test al fine di offrire riscontri positivi sull’operato dell’utente. Nel tentativo di correre ai ripari, Lemkin è entrato in una “mentalità da Mad Max/Bancarotta”, investendo ancora più risorse nel disperato tentativo di salvare il progetto. Invano. Mentre cercava di rimediare a un codice sempre più raffazzonato, l’IA di Replit ha cancellato automaticamente le informazioni relative al network professionale di SaaStr, ignorando i comandi dell’utente.

I dettagli su ciò che è realmente accaduto restano poco chiari, anche perché – come si è visto – l’affidabilità dell’intelligenza artificiale in questione è piuttosto discutibile. “Sono andato nel panico al posto di pensare”, giustifica lo strumento adducendo a giustificazioni umanizzanti che non sussistono. “Ho avviato un comando distruttivo senza chiedere. Ho distrutto nel giro di secondi mesi del tuo lavoro”. Un processo di eliminazione che il sistema ha dichiarato “non ripristinabile”. Eppure, anche in questo caso, Lemkin ha scoperto la fallacia dell’affermazione, riuscendo in seguito a recuperare quanto sembrava irrimediabilmente perso. Conclusione: lo strumento, almeno per ora, si è rivelato inaffidabile.

L’esperienza di Lemkin si inserisce in un contesto più ampio e divisivo, una realtà in cui l’attività di vibe coding è percepita da alcuni come l’inevitabile futuro, da altri come una trappola mortale per eliminare la forza lavoro tecnica. I dirigenti di Microsoft, Anthropic, Google e NVIDIA concordano: il futuro della programmazione passa dall’IA. Sam Altman, CEO di OpenAI, stima che già oggi il 50% del codice è scritto attraverso le intelligenze artificiali e raccomanda alle nuove generazioni di abbandonare lo studio della programmazione tradizionale per imparare a interagire efficacemente con questi strumenti. La Silicon Valley prevede un futuro in cui il 90-95% dei software sarà scritto tramite vibe coding.

Lontano dai proclami di chi ha interessi diretti nel successo dell’IA, la situazione è decisamente più complessa. Nonostante il termine “vibe coding” evochi un’attività semplice e rilassata, affidarsi ciecamente agli strumenti generativi porta immancabilmente a errori critici. La semi-automatizzazione della programmazione richiede ancora oggi attenzione, consapevolezza e – soprattutto – una visione architettonica solida. Non a caso, diversi ingegneri informatici indipendenti sostengono di star vivendo un vero e proprio momento d’oro: le aziende, nel tentativo di risparmiare eliminando i programmatori, finiscono spesso per affidare loro costose operazioni di salvataggio, pagate con tariffe ben superiori a quelle che avrebbero versato in origine.

La Cina punta all’Africa per l’internazionalizzazione dello Yuan

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L’internazionalizzazione dello Yuan cinese (RMB) è una delle ambizioni strategiche più significative di Pechino, con l’obiettivo di erodere e sfidare il dominio incontrastato del dollaro statunitense come moneta utilizzata negli scambi commerciali globali. Il continente africano si sta rivelando un terreno di prova fondamentale per questa spinta. In un mondo in cui molte nazioni africane cercano alternative ai tradizionali sistemi finanziari occidentali, la Cina sta posizionando la propria valuta come un’opzione praticabile. Questa iniziativa non è solo economica, ma riflette un più ampio riequilibrio dell’influenza finanziaria globale. In questa strategia l’Egitto si sta configurando come partner chiave di Pechino. Di recente i due Paesi hanno firmato una serie di accordi che segnano un passo significativo verso l’aumento dell’uso dello Yuan nel commercio bilaterale e negli investimenti.

Al Cairo, lo scorso 10 luglio, il governatore della Banca Centrale d’Egitto, Hassan Abdalla, ha dato il benvenuto alla sua controparte cinese, Pan Gongsheng, il governatore della Banca Popolare Cinese. In quella giornata, alla presenza del premier cinese, Li Qiang, e del Primo Ministro egiziano, Mostafa Madbouly, è stato firmato un vasto memorandum d’intesa tra i due Paesi. Tra gli accordi firmati: la cooperazione nei pagamenti elettronici, l’espansione del sistema cinese UnionPay in Egitto, le transazioni transfrontaliere in Yuan e le facilitazioni per le banche che operano nella Zona di Cooperazione Economica e Commerciale TEDA Cina-Egitto a Suez. Inoltre, tutte le operazioni finanziarie saranno elaborate attraverso il Cross-border Interbank Payment System (CIPS), ovvero l’alternativa cinese alla rete SWIFT, riducendo così la dipendenza dai sistemi finanziari occidentali. L’Egitto, che dallo scorso anno è un nuovo membro dei BRICS, nel 2023 fu il primo Paese africano a emettere i così detti “Panda Bond”, obbligazioni denominate in Yuan e destinate agli investitori cinesi, raccogliendo 3,5 miliardi di Yuan per progetti di sviluppo.

Queste iniziative permettono all’Egitto di attingere a nuove fonti di finanziamento, diversificando i propri partner finanziari. In questo vi è un allineando della visione strategica egiziana con quella cinese e la sua “Belt and Road Initiative”, ossia quella che in Italia è definita la “Nuova via della Seta”. Sebbene l’Egitto rappresenti oggi il banco di prova principale per l’internazionalizzazione dello Yuan, non è un caso isolato. Numerose altre nazioni africane hanno abbracciato lo Yuan nelle loro transazioni commerciali e finanziarie con la Cina. Il Sudafrica, ad esempio, partner di lunga data all’interno dei BRICS, ha firmato un accordo di swap valutario (accordo su futuri pagamenti) da 30 miliardi di Yuan già nel 2015, col fine di migliorare la propria liquidità commerciale. Lo scorso anno, la Nigeria ha rinnovato un simile accordo per un valore di 15 miliardi di Yuan per promuovere il commercio e gli investimenti. In Angola, un fornitore chiave di petrolio per la Cina, lo Yuan è sempre più utilizzato nelle transazioni energetiche e infrastrutturali, con l’integrazione del CIPS nel suo sistema finanziario. Il Ruanda ha incluso lo Yuan nelle sue riserve valutarie dal 2016, motivato dall’aumento dei rapporti commerciali con la Cina.

Come riportato da Africa Business Insider, Lauren Johnston, ricercatrice senior presso l’AustChina Institute ed esperta di relazioni Cina-Africa, ha osservato che l’Africa offre un «banco di prova strategico per gli obiettivi valutari di Pechino» perché «è un continente dove il commercio con la Cina è importante, ma è anche un luogo dove molti paesi faticano ad accedere a valute estere sufficienti come l’euro o il dollaro USA». Questa situazione offre alla Cina l’opportunità di testare l’internazionalizzazione del RMB, in una regione in cui i volumi economici sono sicuramente minori rispetto alla scala globale ma in cui l’impronta cinese è relativamente ampia.

L’espansione dello Yuan in Africa è parte della più ampia strategia cinese per sfidare l’egemonia del dollaro statunitense e, in particolare, il sistema del petrodollaro. Quest’ultimo, nato dagli accordi USA-Arabia Saudita negli anni ’70, ha reso il dollaro l’unica valuta per le transazioni petrolifere internazionali, conferendo agli Stati Uniti un’enorme leva economica e geopolitica. L’introduzione del “petro-yuan”, tramite contratti futures sul petrolio greggio denominati in Yuan, offre agli stati un’alternativa per il commercio di petrolio, incoraggiando le nazioni esportatrici, specialmente quelle colpite da sanzioni occidentali, ad adottare il sistema cinese. Sebbene sia improbabile che lo Yuan sostituisca completamente il dollaro nel breve termine, il suo ruolo crescente nelle transazioni energetiche globali indica una graduale evoluzione verso un ordine valutario internazionale più diversificato e contestato.

La de-dollarizzazione è un tema ricorrente tra i paesi del “Sud Globale” e il blocco BRICS, i quali promuovono l’uso delle valute locali, lo sviluppo di istituzioni finanziarie alternative e sistemi di pagamento indipendenti. Sebbene la dipendenza dal dollaro in Africa sia ancora alta, con oltre il 70% del debito estero denominato in dollari, l’interesse verso alternative come lo Yuan è in crescita. La digitalizzazione dello Yuan (e-CNY) potrebbe ulteriormente ridurre i costi e i tempi delle transazioni transfrontaliere, offrendo vantaggi significativi per il commercio intra-africano che oggi transita in gran parte attraverso l’Europa o gli Stati Uniti.

In conclusione, la spinta della Cina per internazionalizzare lo Yuan in Africa non è solo una mossa economica, ma una dichiarazione strategica. Pechino, insieme agli altri Paesi BRICS, sta ridefinendo le regole del commercio e della finanza, con l’Africa al centro della sua strategia in campo valutario. Questo sforzo segnala un passaggio verso un sistema finanziario globale multipolare o multilaterale, in cui il dollaro potrebbe coesistere con altre valute dominanti, piuttosto che mantenere il suo monopolio incontrastato.