sabato 5 Luglio 2025
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Proteste a Los Angeles, Trump invia 700 Marines

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L’amministrazione Trump ha ordinato a circa 700 Marines di raggiungere Los Angeles per supportare la Guardia Nazionale in seguito alle grandi proteste contro le politiche migratorie governative che stanno proseguendo da venerdì. A meno che il presidente non invochi l’Insurrection Act, i Marines non parteciperanno alle attività delle forze dell’ordine. Il governatore della California, Gavin Newsom, ha definito «folle» la decisione di Trump. Nel frattempo, le proteste si allargano. Dopo Los Angeles, San Francisco e Sacramento, i manifestanti sono infatti scesi in piazza anche ad Atlanta, Seattle, Dallas, Louisville e New York, dove la polizia ha arrestato diverse persone.

Negli ultimi dieci anni l’India ha fatto progressi enormi nella lotta alla povertà

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India

Un nuovo rapporto della Banca Mondiale evidenzia un significativo calo della povertà estrema in India nel corso dell’ultimo decennio. Tra il 2012 e il 2023 la percentuale della popolazione che vive con meno di 2,15 dollari al giorno è scesa dal 16,2% al 2,3%, una diminuzione che ha permesso a circa 171 milioni di persone di uscire da questa condizione. Il miglioramento è stato particolarmente evidente nelle aree rurali, tradizionalmente più a rischio. Qui, il tasso di povertà estrema è passato dal 18,4% al 2,8%. Anche le zone urbane hanno comunque registrato un calo netto, dal 10,7% all’1,1%. ...

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Ucraina-Russia, iniziato nuovo scambio di prigionieri

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Ucraina e Russia hanno avviato un nuovo scambio di prigionieri di guerra, frutto di un accordo raggiunto a Istanbul una settimana fa. «Gli ucraini stanno tornando a casa», ha annunciato il presidente Zelensky, precisando che lo scambio proseguirà nei prossimi giorni e coinvolge anche prigionieri feriti e under 25. Mosca ha confermato il rilascio di un primo gruppo di militari russi. Tra i soldati ucraini liberati ci sono difensori di Mariupol, detenuti da oltre tre anni, e militari catturati nei primi giorni dell’invasione del 2022. Kiev non ha reso noto il numero complessivo dei prigionieri liberati per ragioni di sicurezza.

Un sondaggio rivela che solo il 6% degli italiani è dalla parte di Israele

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www.montecruzfoto.org

L’immagine di Israele in Europa sta crollando. A metterlo nero su bianco, dopo un anno e mezzo di genocidio a Gaza, è un sondaggio che l’agenzia YouGov ha condotto per misurare “il sostegno pubblico e la simpatia per Israele”. Nel sondaggio condotto l’Italia è risultato essere il Paese con la maggiore disapprovazione nei confronti di Tel Aviv. Alla domanda: «Israele aveva il diritto di inviare truppe a Gaza dopo il 7 ottobre 2023?», solo il 6% degli intervistati ha risposto positivamente (a fronte di una media tra gli altri 5 Paese pari a 13,4%), giudicando proporzionata la risposta all’attacco della resistenza palestinese. Per il 29% degli italiani (35,6% degli europei) Israele aveva il diritto di attaccare la Striscia ma «è andato oltre e ha causato troppe vittime civili». Un 24% sostiene invece che lo Stato ebraico non avrebbe dovuto intervenire militarmente in Palestina, a fronte di una media del 16,8% rilevata negli altri intervistati europei. Il restante 41% degli italiani interpellati non sa o preferisce non rispondere alla domanda principale del sondaggio.

Il principale indicatore utilizzato è stato quello del “consenso netto”, che si ottiene sottraendo la percentuale di opinioni negative da quella delle opinioni positive verso un soggetto. In base al segno, positivo o negativo, si capisce il sentimento dominante, che diventa via via più intenso al crescere della cifra rilevata, espressa come numero senza il simbolo della percentuale. Nei 6 Paesi analizzati dominano le opinioni negative: in Germania (-44), Francia (-48) e Danimarca (-54) si è registrato il consenso netto più basso dall’inizio delle rilevazioni, risalente al 2016. Nel Regno Unito il consenso netto è pari a -46, mentre in Spagna e in Italia cresce rispettivamente fino a -55 e -52. Nel complesso, solo tra il 13% e il 21% degli intervistati aveva una visione favorevole di Israele, rispetto al range tra 63% e 70% le cui opinioni erano sfavorevoli.

All’interno della rilevazione è stato poi chiesto alle persone intervistate di schierarsi, dal lato palestinese o israeliano. Uno su due l’ha fatto, scegliendo principalmente lo schieramento palestinese (un range tra il 18% e il 33% nei 6 Paesi coinvolti a fronte di un range tra il 7% e il 18% che preferisce la parte israeliana) — per un dato in crescita rispetto al 2023. In aumento è anche la percentuale di persone che considerano giustificato l’attacco di Hamas, in termini di reazione al regime israeliano di apartheid e colonialismo: nei sei Paesi europei oscilla tra il 5% e il 9%, toccando quota 8% in Italia (+2 punti percentuali rispetto al 2023). Il crollo — non scontato vista la comunicazione non proprio obiettiva di media e governi occidentali — dei consensi verso Israele trova una certa corrispondenza nel fermento della società civile a sostegno del popolo palestinese.

Ad esempio, nelle stesse ore in cui la Freedom Flottilla che viaggiava via mare per rompere l’assedio di Gaza è stata sequestrata in acque internazionali dalle autorità israeliane; via terra sta per partire la marcia che dal Cairo vuole raggiungere il valico di Rafah, in protesta contro il genocidio in corso e per chiedere l’apertura della frontiera e il passaggio degli aiuti umanitari. Nel frattempo i portuali di Marsiglia e Genova hanno impedito a un container con 14 tonnellate di componenti per mitragliatrici di arrivare all’esercito israeliano, inviando un messaggio di sostenibilità del boicottaggio a tutti i solidali col popolo palestinese.

UFO: un’inchiesta rivela che i miti sull’Area 51 servono a coprire gli esperimenti militari

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Altro che alieni grigi e astronavi: un’inchiesta del Wall Street Journal ha confermato ciò che molti sospettavano ormai da tempo, ossia che il Governo degli Stati Uniti ha deliberatamente alimentato il mito degli UFO per oscurare gli esperimenti militari più segreti del Pentagono. La campagna di disinformazione risale almeno agli anni Ottanta, ma le sue derive avrebbero addirittura condizionato le indagini ufficiali degli ultimi anni. Nel 2024, il Dipartimento della Difesa ha pubblicato il suo primo rapporto sugli UAP – i fenomeni anomali non identificati –, frutto di un’indagine condotta dall’All-domain Anomaly Resolution Office (AARO): su oltre 1.800 segnalazioni esaminate tra il maggio 2023 e il giugno 2024, solo una ventina sono rimaste “non plausibilmente spiegabili” e circa 750 riconducibili a fenomeni ordinari quali palloncini, stormi o droni. Un esito fondamentalmente poco appagante di un fenomeno che, complice la diffusione di alcuni eclatanti video militari, aveva catturato prepotentemente l’interesse pubblico. Ebbene, le rivelazioni del Wall Street Journal spiegano parzialmente il perché di risultati tanto generici. 

Il Congresso ha istituito l’AARO nel 2022 per “rilevare, identificare e attribuire” i misteriosi oggetti rilevati in aria, spazio e mare, con particolare riguardo alla sicurezza nazionale. Come direttore di questa nuova costola del Pentagono era stato selezionato il Dr. Sean Kirkpatrick, ex capo scienziato presso il Missile and Space Intelligence Center, un professionista che, durante le sue analisi, ha identificato elementi di disinformazione perpetrate da soggetti militari con lo specifico compito di creare un grado di confusione utile a nascondere lo sviluppo di programmi bellici. Kirkpatrick ha rassegnato le dimissioni da Direttore dell’AARO nel dicembre del 2023, pochi mesi prima che gli esiti della sua indagine venissero resi pubblici. Documenti che, però, hanno omesso di esplicitare il ruolo di depistaggio dell’esercito.

Tra i casi più eclatanti emersi dall’inchiesta vi è quello di un colonnello dell’US Air Force che, negli anni ’80, si recò in un bar nei pressi della famigerata Area 51 per fornire al gestore fotografie manipolate di “astronavi aliene” — in realtà un diversivo per coprire i test del caccia stealth F-117 Nighthawk —, un atto che ha incoraggiato la diffusione di false informazioni, alimentando la mitologia degli alieni in favore gli “interessi della sicurezza nazionale”. Ovvero per non fare trapelare informazioni tecniche critiche all’orecchio dell’avversario sovietico.

Parallelamente, l’indagine ha portato alla luce un vero e proprio rito d’iniziazione informale per i nuovi comandanti dei programmi più riservati: durante i briefing d’ingresso venivano mostrati dossier fasulli su velivoli antigravitazionali e presunti reperti alieni, presumibilmente con l’intento di testarne la segretezza e il senso di lealtà alla causa. Secondo alcune testimonianze, certi ufficiali erano addirittura convinti di essere stati reclutati in un programma fantomatico noto come “Yankee Blue”, il cui scopo era sviluppare innovazione scientifica partendo dall’analisi di reperti tecnologici extraterrestri. Questo modus operandi è proseguito fino alla primavera 2023, quando l’Ufficio del Segretario della Difesa ha ufficialmente ordinato di interrompere tali pratiche, pur senza rendere note le dimensioni reali del fenomeno.

Referendum cittadinanza e lavoro, niente quorum: alle urne solo il 30%

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È fallita con ampio margine la corsa al quorum nei cinque referendum abrogativi su cittadinanza e lavoro. Secondo i dati del Viminale, che ha quasi chiuso i conteggi, tra domenica 8 e lunedì 9 giugno ha votato su ognuno dei cinque quesiti circa il 30% per cento degli aventi diritto di voto in Italia (serviva il 50% + 1). Complessivamente, il numero dei “sì” ha superato ampiamente quello dei “no”. Secondo le prime rilevazioni sui voti espressi, la forbice è assai larga nei quesiti sul lavoro (ad ora i “sì” risultano tra l’86 e l’89 per cento), mentre quello sulla cittadinanza segna al momento il 64% dei “sì” e il 36% dei “no”.

In alcuni comuni lombardi tornerà la DAD per non disturbare le Olimpiadi di Milano-Cortina

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Le Olimpiadi Invernali Milano-Cortina 2026 si avvicinano e continuano a fare discutere. Tra le misure per mitigare l’impatto logistico e sulla viabilità che inevitabilmente l’evento avrà sui territori, è infatti spuntata la decisione di ricorrere alla didattica a distanza (DAD) per gli studenti delle scuole superiori nelle aree coinvolte. È quanto stabilito dall’Ufficio Scolastico Regionale (USR) della Lombardia che ha deciso che, dal 6 al 22 febbraio 2026, la continuità didattica potrà essere assicurata anche attraverso il ripescaggio delle normative pandemiche per «ragioni logistiche e di sicurezza». Nonostante, ad anni di distanza, siano ormai noti e provati i danni che la didattica a distanza ha provocato sul livello di apprendimento e sul benessere psico-fisico degli studenti.

Una tensione tra le esigenze organizzative dell’evento e il diritto a una continuità didattica di qualità che solleva interrogativi sulla priorità accordata a eventi straordinari rispetto alle ordinarie necessità formative. Inoltre, in molti hanno sottolineato come interventi ritenuti speciali in altri contesti (come in quello pandemico, in cui ogni decisione straordinaria di questo genere è stata presa in ottica emergenziale) divengono normali dispositivi da poter applicare ogniqualvolta si ritenga necessario.

Durante i periodi di picco dell’evento olimpico, con un afflusso massiccio di persone, problemi di traffico, trasporti e gestione della sicurezza, limitare gli spostamenti di chi deve recarsi a scuola mitigherebbe la circolazione di persone della zona. In questo scenario, la DAD viene presentata come una soluzione pragmatica per evitare il caos e garantire la sicurezza degli studenti e del personale. Tuttavia, la sua applicazione non è affatto indolore e riaccende vecchi spettri di un modello didattico che ha mostrato tutti i suoi limiti formativi, sociali, pedagogici e psicologici (già tre anni fa ne scrivevamo in maniera approfondita).

Secondo USR Lombardia, la soluzione della didattica a distanza sarebbe efficace perché consentirebbe di preservare il calendario scolastico, garantire la qualità dell’offerta formativa, tutelare il diritto allo studio e alleggerire il traffico nei giorni delle competizioni. Le opposizioni locali si dicono fortemente contrarie. Il PD locale, il 1° giugno scorso, ha emesso un comunicato stampa con cui si contestata l’idea che la DAD sia una soluzione accettabile, richiamando le difficoltà riscontrate durante la pandemia, quando la didattica a distanza ha spesso acuito disuguaglianze sociali e digitali, compromettendo la qualità dell’apprendimento e la socialità degli studenti. L’argomentazione è chiara: non si può sacrificare la scuola sull’altare di un evento sportivo, per quanto prestigioso.

La teoria più diffusa sul destino della nostra galassia potrebbe essere sbagliata

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La collisione tra la Via Lattea e la galassia di Andromeda, ipotizzata da oltre un secolo e prevista per tra circa 4,5 miliardi di anni, potrebbe in realtà non avvenire affatto: è quanto emerge da un nuovo studio condotto da un team internazionale di ricercatori, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato su Nature Astronomy, secondo cui la probabilità che le due galassie si scontrino in un impatto frontale nei prossimi dieci miliardi di anni sarebbe solo del 50%, mentre lo scenario considerato più probabile finora – una fusione completa in 4-5 miliardi di anni – avrebbe appena il 2% di possibilità. I ricercatori, guidati dall’astronomo Till Sawala dell’Università di Helsinki, hanno fatto la scoperta prendendo in esame oltre centomila simulazioni al computer basate su dati dei telescopi spaziali Gaia e Hubble. «Fino ad ora pensavamo che questo fosse il destino che attendeva la nostra galassia, la Via Lattea. Ora sappiamo che ci sono ottime probabilità di poter evitare quel destino spaventoso», commentano i coautori, aggiungendo che lo studio ribalta le precedenti certezze e mostra che il destino della nostra galassia resta, per ora, tutto da scrivere.

Per comprendere la portata del nuovo risultato, occorre fare un passo indietro. Fin dal 1912 si sospettava che Andromeda – allora ritenuta solo una nebulosa – stesse viaggiando in direzione della Via Lattea. Le misurazioni più precise erano giunte un secolo dopo, grazie al telescopio spaziale Hubble, che aveva rilevato un moto laterale trascurabile da parte di Andromeda, lasciando intendere che un impatto diretto fosse inevitabile. Le simulazioni condotte allora indicavano una fusione galattica prevista tra circa 4,5 miliardi di anni, e questo scenario era stato ulteriormente rafforzato nel 2012 da uno studio che analizzava i dati di Hubble raccolti in un intervallo di cinque-sette anni. Tuttavia, i nuovi dati forniti dalla missione Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea e da successive osservazioni Hubble hanno permesso di sviluppare simulazioni più complete, capaci di tenere conto dell’incertezza associata a ogni parametro osservativo. I ricercatori hanno infatti utilizzato un approccio di tipo Monte Carlo, che consente di valutare gli effetti congiunti di numerose variabili, tra cui la massa, la posizione e la velocità delle galassie del cosiddetto Gruppo Locale.

In particolare, gli autori hanno osservato che la traiettoria della Via Lattea è fortemente influenzata da galassie più piccole ma massicce, come la Grande Nube di Magellano (LMC), che orbita attorno a essa, e M33, satellite di Andromeda. Si tratta di corpi celesti che esercitano forze gravitazionali sufficienti a deviare il moto reciproco delle due galassie maggiori, riducendo così la probabilità di una fusione imminente. «La massa extra della galassia satellite di Andromeda, M33, attira la Via Lattea un po’ più verso di sé. Tuttavia, la Grande Nube di Magellano la allontana dal piano orbitale e da Andromeda», commentano infatti i coautori. Nelle simulazioni, circa metà degli scenari mostrano un avvicinamento tra le due galassie seguito da un lento decadimento orbitale dovuto all’attrito dinamico tra i loro aloni di materia oscura, che solo in alcuni casi porta alla fusione dopo diversi miliardi di anni. Nell’altra metà delle simulazioni, però, le galassie non si disturbano affatto e passano vicine senza mai collidere o continuano a orbitarsi attorno per tempi indefiniti. Un’ultima osservazione, più rassicurante che cosmica, riguarda il fatto che anche nel remoto caso in cui Via Lattea e Andromeda si fondessero, la Terra probabilmente non ne subirebbe effetti diretti. Lo stesso Sole, infatti, diventerà una gigante rossa tra circa 5 miliardi di anni, inghiottendo con ogni probabilità anche il nostro pianeta: «Il destino della nostra galassia rimane una questione aperta, con probabilità quasi uguali per una fusione o per una sopravvivenza reciproca. La risposta breve è che la fine del Sole sarà molto peggiore per il nostro pianeta della collisione con Andromeda».

Gaza, proseguono i massacri: 47 morti in 24 ore

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Il ministero della Sanità di Gaza ha reso noto che 47 palestinesi sono stati uccisi e 388 sono rimasti feriti nelle ultime 24 ore in seguito ai raid effettuati dall’esercito israeliano (IDF) nella Striscia di Gaza. Il bilancio dal 7 ottobre 2023 sale così a 54.927 morti e 126.615 feriti, è stato scritto in un comunicato stampa pubblicato su Telegram. Inoltre, secondo l’ufficio stampa del governo di Gaza, in sole due settimane 130 persone sono state uccise e altre 1.000 sono rimaste ferite nei pressi dei siti di aiuti gestiti dal GHF, definita un «braccio dell’occupazione israeliana».

Los Angeles: in migliaia contro le politiche migratorie di Trump, centinaia di arresti

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È stato un fine settimana di durissimi scontri a Los Angeles, con i cittadini scesi in strada per protestare contro le politiche antimigratorie del presidente Donald Trump. Venerdì sera gli agenti dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE) – l’agenzia federale che si occupa di frontiere e immigrazione – hanno arrestato più di 40 persone per presunte violazioni delle leggi sull’immigrazione, per poi fermarne oltre un centinaio nelle ore successive. L’ultima di una lunga serie di operazioni diventate la normalità sotto l’amministrazione Trump, cui i cittadini di Los Angeles hanno deciso di ribellarsi dando vita a scene di guerriglia urbana, tra lanci di pietre verso i poliziotti, barricate di fortuna e sabotaggi. Trump ha firmato un ordine esecutivo per inviare 2mila agenti della Guardia Nazionale, mentre il segretario alla Difesa Peter Hegseth ha fatto sapere che sono pronti a intervenire anche i marines. Decine i manifestanti arrestati fino ad ora dalla polizia.

Gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine sono stati violenti. Centinaia di persone sono scese in strada per protestare contro le misure sull’immigrazione. Manifestazioni spontanee si sono moltiplicate in vari quartieri della città. In Downtown, l’intero centro è stato sgomberato e ogni assembramento dichiarato illegale, mentre i manifestanti hanno bloccato arterie strategiche come la Highway 101 e Figueroa Street. Alcuni hanno lanciato bottiglie e altri oggetti contro gli agenti. La polizia e la Guardia Nazionale hanno risposto con gas lacrimogeni, granate stordenti e proiettili di gomma sparati ad altezza degli occhi e delle gambe. Almeno 56 persone sono state arrestate, con accuse che vanno dal lancio di molotov contro gli agenti all’utilizzo di motociclette per speronare i cordoni di polizia. Tre agenti sono rimasti feriti. Anche alcuni giornalisti sono rimasti feriti: il fotografo inglese Nick Stern ha raccontato al Guardian: «Alcuni manifestanti sono venuti ad aiutarmi, mi hanno portato in braccio e ho notato che mi colava sangue lungo la gamba». La giornalista australiana Lauren Tomasi è stata colpita da un proiettile di gomma mentre stava documentando le cariche della polizia.

L’invio della Guardia Nazionale, verificatosi senza il consenso del governatore, rappresenta la prima applicazione unilaterale di questa misura in California dal 1965. Quest’azione ha scatenato una crisi politica e istituzionale, con il governatore della California Gavin Newsom e la sindaca della città Karen Bass che hanno apertamente contestato l’intervento federale. Newsom ha annunciato l’intenzione di ricorrere per vie legali contro quella che ha definito «una violazione della sovranità dello Stato della California»: «Questi sono gli atti di un dittatore, non di un presidente», ha dichiarato. Anche la sindaca Bass ha chiesto formalmente a Trump di revocare l’intervento militare e ha invitato i manifestanti a mantenere la calma: «Non date a Trump ciò che vuole – ha scritto – restate calmi, restate pacifici. Non cadete nella trappola. Non usate mai la violenza e non fate del male alle forze dell’ordine». Bass ha inoltre sottolineato che «quando si fanno irruzioni nei supermercati e nei luoghi di lavoro, quando si dividono genitori e figli e quando si fanno circolare blindati per le nostre strade, si crea paura e si crea panico», definendo lo schieramento della Guardia Nazionale «una escalation pericolosa». Sul fronte legale, il Titolo 10 del Codice delle Forze Armate richiederebbe che l’impiego della Guardia Nazionale avvenga su richiesta del governatore. La Casa Bianca, però, ha giustificato l’intervento parlando di «ribellione» in corso.

Le proteste sono scoppiate dopo una serie di raid dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE), in particolare nel distretto di Paramount, dove sono stati arrestati molti migranti. Gli agenti federali hanno fatto irruzione in abitazioni e luoghi di lavoro, provocando paura e panico tra la popolazione. L’area è a forte presenza latinoamericana: nelle proteste in corso a Los Angeles contro i raid dell’ICE spiccano infatti tra la folla numerose bandiere messicane. Il New York Times le ha definite «un simbolo» delle manifestazioni. Molti dei partecipanti sono cittadini statunitensi di origine messicana — 26,6 milioni secondo il Pew Research Center — che rivendicano con orgoglio le proprie radici.

Nel frattempo, il Pentagono ha messo in stato di massima allerta anche i Marines di Camp Pendleton. Il capo della Difesa Pete Hegseth ha avvertito che, in caso di ulteriore violenza, saranno mobilitati. Trump, dal canto suo, ha rincarato la dose su Truth Social, definendo i manifestanti «istigatori e facinorosi spesso prezzolati» e invocando l’arresto immediato di chi protesta con il volto coperto. Ha accusato Newsom e Bass di essere incompetenti e di averlo costretto ad agire per ristabilire l’ordine. «Rendiamo di nuovo grande l’America!», ha scritto il presidente, alimentando ulteriormente lo scontro.