giovedì 6 Novembre 2025
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In Italia i due terzi dell’evasione fiscale sono opera di medie e grandi aziende

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L’evasione fiscale italiana è una piaga che da decenni sottrae al Paese enormi risorse economiche, con impatti devastanti su servizi pubblici e investimenti. Negli ultimi 25 anni, infatti, ben 1.279,8 miliardi di euro in tasse, contributi, imposte, bollette, multe e altri oneri non sono stati riscossi: una cifra che quasi potrebbe coprire metà del debito pubblico. Di questi importi, il 64,3% – ovvero 822,7 miliardi di euro – è imputabile alle società di capitali, tra cui Spa, Srl, consorzi e cooperative, mentre solo il 12,2% deriva dai piccoli imprenditori, artigiani, commercianti e liberi professionisti. I dati, raccolti dall’Agenzia delle entrate e analizzati dalla CGIA di Mestre, evidenziano insomma come il fenomeno dell’evasione sia concentrato nei grandi contribuenti, mentre piccoli imprenditori e lavoratori autonomi si trovano a rappresentare una quota marginale del debito fiscale.

Dei 22,26 milioni di contribuenti con carichi residui registrati dal report, solo 2,86 milioni (12,8%) sono persone fisiche con attività economica, mentre altri 3,47 milioni (15,6%) sono società di capitali e 15,93 milioni (71,6%) sono persone fisiche (come lavoratori dipendenti, pensionati e simili). Dai dati emerge dunque come dal 2000 solamente 13 evasori su 100 siano in possesso di una partita Iva. L’ufficio studi della CGIA sottolinea che queste cifre confermano da tempo una tesi ormai consolidata: la lotta contro l’evasione fiscale deve indirizzarsi soprattutto verso i grandi contribuenti. Infatti, le modalità di evasione più insidiose – quali le frodi IVA, l’uso improprio di crediti inesistenti, l’ottenimento di aiuti economici non dovuti, la fittizia dichiarazione di residenza all’estero e l’occultamento di patrimoni fuori dai confini nazionali – sono da attribuire quasi esclusivamente a imprese di maggiori dimensioni. La CGIA sottolinea come tali pratiche richiedano un’azione mirata e intensificata da parte degli organi preposti al controllo, con l’obiettivo di sfruttare al meglio le informazioni in possesso dell’Amministrazione fiscale e di rafforzare i meccanismi di verifica.

L’analisi territoriale offre ulteriori spunti di riflessione. Sul piano pro capite, il debito fiscale è più elevato nel Lazio, dove per ogni residente si accumulano in media 39.673 euro di oneri non riscossi. Seguono la Campania con 27.264 euro e la Lombardia, dove si registra un debito medio di 25.904 euro per abitante. È importante notare come le regioni con il maggior numero di grandi aziende – specialmente big tech, multinazionali e grandi gruppi industriali – manifestino una maggiore incidenza di evasione. Se, in termini assoluti, la Lombardia concentra ben 259,3 miliardi di euro di debiti, seguita dal Lazio (226,7 miliardi) e dalla Campania (152,5 miliardi), ciò evidenzia ulteriormente le disuguaglianze territoriali e la forte presenza dei grandi contribuenti in tali aree.

Allargando lo sguardo sul continente europeo, l’Italia non è affatto l’unico Paese in cui i grandi evasori concentrano i loro affari. Un rapporto dell’Ong Tax Justice Network ha infatti recentemente rivelato che l’Europa ospita molte delle giurisdizioni più permissive in tema di tassazione, rendendola un rifugio per grandi aziende, ricchi professionisti e organizzazioni criminali che vogliono evadere il fisco. Svizzera, Paesi Bassi, Jersey, Irlanda e Lussemburgo figurano infatti tra i primi dieci “paradisi fiscali” a livello globale, con l’Irlanda che fa segnare un netto peggioramento della sua situazione rispetto agli scorsi anni, avendo mantenuto normative poco stringenti sull’abuso fiscale. Complessivamente, l’Unione Europea contribuisce a un terzo delle perdite fiscali mondiali. Le prime posizioni sono occupate dalle Isole Vergini Britanniche, dalle Cayman e dalle Bermuda, che registrano i peggiori punteggi sugli indicatori di trasparenza fiscale.

Val di Non: il caso del data center nella montagna, di cui non si sa quasi nulla

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Nella valle delle mele, dove i filari ordinati disegnano il paesaggio, stanno sorgendo le fondamenta di un'infrastruttura simbolo della contemporaneità tecnologica: un enorme centro per l'archiviazione, l'elaborazione e la gestione dei dati digitali. Succede in Val di Non, nel cuore del Trentino, all'interno della miniera ancora attiva di San Romedio. Il progetto si chiama Intacture e viene presentato come un'infrastruttura all'avanguardia, capace di fondere natura e tecnologia in un equilibrio virtuoso. Un data center «green», così viene definito, proprio per la sua collocazione geologica e a...

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Gaza, proseguono incessanti gli attacchi israeliani: decine di morti

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Continua il bombardamento incessante di Gaza da parte di Israele. Almeno 37 persone sono state uccise negli attacchi di domenica nella Striscia di Gaza, tra cui sei fratelli che erano volontari e fornivano cibo ai palestinesi affamati. L’agenzia di stampa Wafa riporta inoltre che stamane le forze israeliane hanno bombardato un’abitazione nella cittadina di Khuza’a, a Khan Younis, uccidendo almeno cinque palestinesi e ferendone molti altri. Una donna incinta è stata invece estratta viva dalle macerie di Jabalia, nel nord di Gaza, dopo che un attacco israeliano ha ucciso sette persone, tra cui la figlia più piccola, il marito e la madre.

L’annuncio di Tajani: l’Italia aumenterà le spese militari al 2% del PIL

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Per quanto riguarda le spese militari, l’Italia è pronta «ad arrivare al 2%» del PIL, tanto che, «presto, ci sarà l’annuncio ufficiale del presidente del Consiglio». Ad annunciarlo è il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, mentre si trovava in Giappone, a Osaka, per presenziare all’inaugurazione del Padiglione Italia all’Expo 2025. Tajani ha spiegato che la scelta intende soddisfare le sollecitazioni statunitensi, «giuste, peraltro», che chiedono all’Europa «di fare di più e meglio» per quanto riguarda le proprie spese militari. Attualmente, l’Italia destina l’1,5% del proprio PIL alla spesa militare, e la NATO ha chiesto a tutti i Paesi membri di raggiungere proprio la soglia del 2%. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha invece chiesto agli alleati di arrivare a spendere il 5% del PIL.

L’annuncio di Tajani è arrivato in occasione di un’intervista rilasciata su Agorà, programma televisivo di Rai Tre. L’aumento della spesa vorrebbe «garantire la sicurezza e rendere l’Italia protagonista all’interno del pilastro europeo della Nato». La scelta, sottolinea Tajani, è «una scelta politica che noi abbiamo fatto». Le questioni sono due: da una parte, soddisfare le richieste degli USA e, dall’altra, promuoverne la stessa linea: «quando gli Stati Uniti dicono di non poter garantire da soli la sicurezza dell’Europa hanno ragione». Per questo motivo, servirebbe «coordinare meglio le spese, l’operatività, lavorare in maniera diversa a livello industriale e anche spendere di più». Insomma, dice Tajani, ci sono parecchie cose da fare, soprattutto in vista di una difesa comune, che il ministro ha detto di appoggiare. «Noi rispettiamo per ora la richiesta della Nato del 2%. Sappiamo bene che presto verrà chiesto un altro sforzo a tutti gli europei. Vedremo quali saranno le richieste del segretario generale Rutte». In occasione del collegamento, Tajani ha parlato anche del viaggio di Meloni negli Stati Uniti, dove, afferma il ministro, la presidente dialogherà con Trump senza parlare a nome dell’UE, ma sostenendone comunque la linea: l’obiettivo, dice Tajani, «è arrivare a zero dazi da una parte e zero dall’altra per creare un grande mercato euroamericano».

Le parole di Tajani giungono poco dopo l’approvazione del Piano di riarmo europeo da parte della Camera dei Deputati. Il testo sostiene l’urgenza di un rafforzamento militare e l’appoggio all’Ucraina nella cornice del conflitto con la Russia, senza tuttavia citare il piano ReArmEurope di Ursula von der Leyen ed evitando addirittura il termine «riarmo». In generale, la spesa militare in Italia è in crescita da anni. Durante il suo mandato, il governo Meloni ha aumentato la spesa per la difesa, nonché le esportazioni di materiale bellico, tanto che, nel periodo 2020-2024, l’Italia ha registrato un maxi-aumento del volume di esportazioni di armi in relazione alle esportazioni globali, pari al 138% rispetto al quinquennio precedente. Con questo aumento, l’Italia si piazza al sesto posto della classifica dei maggiori esportatori, con una quota del 4,8% del commercio globale.

È morto il premio nobel Mario Vargas Llosa

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Ieri sera, a Lima, capitale del Perù, è morto lo scrittore premio Nobel Jorge Mario Pedro Vargas Llosa. Vargas Llosa è nato ad Arequipa, in Perù, ed è morto all’età di 89 anni. Raggiunse la fama negli anni ’60 con La città e i cani (pubblicato nel 1963) e La casa verde (del 1966). Da molti considerato uno dei massimi esponenti della letteratura latino-americana, fu insignito di diversi premi, tra cui, nel 1986, il premio Cervantes, uno dei più importanti in lingua spagnola, e, nel 2010, del premio Nobel per la Letteratura. A dare notizia della sua morte è stato il figlio, Álvaro, che ha annunciato che i funerali saranno celebrati in forma privata.

Iran, scontri nel Belucistan. Morti 8 pakistani

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Il governo pakistano ha annunciato che otto pakistani sono stati uccisi nella contea iraniana di Mehrestan, nella provincia del Sistan-Baluchistan, al confine sud-orientale del Paese. Le persone non sono ancora state identificate e, secondo quanto comunicato dal governo, l’Ambasciata pakistana a Teheran e il Consolato di Zahedan stanno collaborando con le autorità iraniane per indagare sulle uccisioni e rimpatriare i resti delle vittime. La regione del Belucistan, che si colloca tra Iran e Pakistan, è da tempo sede di scontri tra forze iraniane e pakistane da una parte e gruppi separatisti beluci dall’altra. Non è ancora chiara l’origine degli attacchi.

Elezioni Ecuador: vince Noboa, l’opposizione chiede riconteggio

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Il Consiglio Elettorale dell’Ecuador ha annunciato la vittoria di Daniel Noboa alle elezioni presidenziali. Noboa ha vinto con oltre il 55% dei voti, ma la candidata di sinistra Luisa Gonzalez ha contestato il risultato, chiedendo un riconteggio. Gonzalez definisce un distacco tanto ampio «impossibile», specie dopo il primo turno, in cui Noboa vinse con uno scarto dello 0,5%. Noboa è presidente dell’Ecuador dal 2023 e rimarrà in carica per 4 anni. Noboa, 37 anni, è il presidente più giovane della storia del Paese. Durante il suo breve mandato si è concentrato sulla questione della sicurezza, adottando un approccio duro e attirando accuse di autoritarismo; è membro di Azione Democratica Nazionale, partito conservatore e liberista.

La Germania ha trovato un modo per trasformare le acque reflue in carburante per le navi

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Grazie ad un progetto pionieristico in Germania si è riusciti a produrre carburante per le imbarcazioni a partire dalle acque reflue. Il risultato è stato ottenuto a Mannheim, nell'impianto di trattamento delle acque reflue, dove, grazie ad un processo brevettato, il biogas ottenuto dai fanghi di depurazione viene convertito in e-metanolo o "metanolo verde", fornendo un carburante sostenibile. Si tratta di una innovazione con un enorme potenziale, se si considera che solamente in Germania vi sono 9 mila impianti di questo genere, mentre sono 76 mila a livello europeo.
A collaborare al progetto...

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Milano, decine di migliaia per la Palestina: la polizia carica e arresta

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Centinaia di bandiere palestinesi, striscioni, cori, interventi e azioni contro aziende e banche accusate di sostenere Israele. Sono state decine di migliaia le persone scese ieri in strada a Milano per chiedere la fine del genocidio a Gaza, esprimere sostegno al popolo palestinese e denunciare le complicità italiane con Israele. Ma anche per «fermare la macchina bellica» e il piano di riarmo europeo. Tra gli striscioni presenti anche richieste di libertà per Anan Yaeesh, cittadino palestinese detenuto nel carcere di Terni con l’accusa di terrorismo su mandato israeliano. Cori come «Palestina libera! Israele assassino» o «Se non cambierà, Intifada pure qua» hanno accompagnato il corteo, partito dalla stazione centrale e diretto all’Arco della Pace. Durante il percorso, alcune sedi di catene come Starbucks, Burger King, Unicredit, Carrefour e una stazione di servizio Eni sono state colpite con lanci di vernice, scritte e, in alcuni casi, danneggiamenti alle vetrine. «Complice di genocidio» e «Free Palestine» sono alcune delle frasi lasciate sui vetri rotti, a segnalare i comprovati legami tra queste aziende e le politiche genocide israeliane.

Carrefour, Burger King e Starbucks sono oggetto di contestazioni internazionali per il loro sostegno all’esercito israeliano, avendo distribuito migliaia di pasti ai militari israeliani impegnati nelle operazioni e nei massacri a Gaza dal 7 ottobre 2023 ad oggi. Starbucks ha inoltre sponsorizzato raccolte fondi in favore di Israele. Unicredit risulta tra le banche con i legami più stretti con Tel Aviv, che supporta attraverso investimenti e finanziamenti – circa 6,6 miliardi di dollari tra il 2020 e il 2023 – a numerose aziende coinvolte negli insediamenti israeliani illegali in Cisgiordania. Eni, nonostante le sentenze della Corte internazionale di giustizia che definiscono illegittima l’occupazione di Gaza e accusano la leadership israeliana di genocidio, continua a fornire greggio a Israele. La società ha inoltre firmato pochi mesi fa un accordo con Tel Aviv per lo sfruttamento del giacimento di gas offshore situato di fronte alla costa di Gaza, all’interno della zona marittima G, per il 62% parte del territorio palestinese secondo il diritto internazionale. Durante la manifestazione, sono state «sanzionate» anche una filiale del Banco BPM e una del Banco Desio, sulle cui vetrine è apparsa la scritta «no riarmo».

Il corteo non aveva registrato tensioni con le forze di polizia fino a quando, all’altezza di piazzale Baiamonti, la polizia in assetto antisommossa ha caricato a freddo i manifestanti, spezzando il corteo e arrestando sette persone, successivamente condotte in questura e rilasciate con una denuncia a piede libero. La manifestazione è rimasta bloccata per quasi due ore, con i partecipanti che chiedevano il rilascio degli arrestati e l’allontanamento della polizia dal cuore del corteo, per poi riprendere il percorso, non senza ulteriori momenti di tensione, e concludersi all’Arco della Pace. E mentre il ministro Piantedosi ha ringraziato le forze dell’ordine per il loro «servizio svolto», dalla piazza è parso evidente come l’azione della polizia sia stata segnata da volute provocazioni volte ad alzare il livello dello scontro, proprio nel giorno in cui entrava in vigore il nuovo decreto sicurezza. Un provvedimento molto criticato, ritenuto iper-repressivo, che prevede un forte inasprimento delle pene e, più in generale, una marcata criminalizzazione di ogni forma di dissenso. Anche pacifico.

 

Serbia, migliaia di persone in piazza a sostegno di Vucic

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Oltre 50mila persone provenienti dalle città della Serbia, del Kosovo e della Bosnia hanno partecipato ieri a una manifestazione a Belgrado organizzata a sostegno del presidente Aleksandar Vucic, il cui potere è minacciato da mesi di proteste anti-corruzione. Le strade principali sono state bloccate al traffico e davanti al parlamento sono stati allestiti chioschi con fast food e bevande. L’evento è visto come la risposta di Vucic alla grande manifestazione antigovernativa del 15 marzo, dove oltre 100mila persone hanno partecipato alla più grande protesta degli ultimi decenni. La Serbia è stata teatro di mesi di mobilitazioni, con accuse di corruzione diffusa e negligenza rivolte all’esecutivo.