Il presidente americano Trump ha annunciato sul suo social media Truth di aver ordinato una “azione militare decisiva e potente” contro i “terroristi Houti” in Yemen, dichiarando che si trattava di una risposta agli attacchi portati a termine dal gruppo contro le navi e i mezzi aerei americani nel Mar Rosso. “Useremo una forza letale schiacciante fino a che non avremo raggiunto i nostri obiettivi” ha dichiarato Trump, minacciando di “scatenare l’inferno” in caso gli attacchi degli Houti non si fermino. Il presidente ha anche intimato l’Iran di smettere di supportare i “terroristi”. Sui social stanno iniziando a circolare le prime immagini degli attacchi, che mostrano alte colonne di fumo sollevarsi dalle postazioni bombardate.
La Polonia addestrerà tutti gli uomini affinché siano pronti alla guerra
In un discorso al Parlamento polacco sulle questioni legate alla Difesa, il primo ministro Donald Tusk ha fatto riferimento alla volontà del governo di allargare enormemente i ranghi dell’esercito e istituire un programma di addestramento militare per tutti gli uomini polacchi. Tusk ha poi parlato della necessità del suo Paese di aumentare la tecnologia militare convenzionale moderna e la dotazione di armi nucleari. Il discorso, di spiccato spirito militarista, si inserisce nel contesto di corsa al riarmo dell’Europa: solamente pochi giorni fa, infatti, l’Europarlamento ha approvato il piano ReArm Europe da 800 miliardi di euro presentato da Ursula von der Leyen.
Come spiegato da Tusk, in Polonia sono in corso lavori per far sì che tutti gli uomini polacchi si sottopongano ad addestramento militare. I dettagli, ha riferito il capo di governo, saranno rivelati nei prossimi mesi, con l’obiettivo di realizzare il piano entro la fine di questo anno. «Stiamo preparando un addestramento militare su larga scala per ogni uomo adulto in Polonia. Il nostro obiettivo è finalizzare il piano entro la fine dell’anno per garantire una forza di riserva ben addestrata pronta a potenziali minacce», ha detto Tusk durante un discorso sulla Difesa e sulla Sicurezza al Sejm, la camera bassa del Parlamento polacco. Tusk ha parlato della necessità di formare un esercito composto da mezzo milione di soldati, riservisti compresi, dalle attuali 200 mila unità.
Anche le donne potranno sottoporsi all’addestramento militare, anche se «la guerra è ancora in misura maggiore il dominio degli uomini». Parlando di armi nucleari, il primo ministro ha detto che il suo governo sta «esaminando attentamente» la proposta della Francia di includere l’Europa sotto il suo ombrello nucleare, chiedendosi cosa significhi questo «in termini di autorità su queste armi». Tusk ha parlato di come la Polonia debba aumentare la propria tecnologia militare, tanto quella convenzionale quanto quella nucleare, non lasciando intendere bene se in riferimento al già citato nucleare francese oppure all’idea che la Polonia stessa si doti di questa forza.
In continuità con lo slancio militarista europeo, con il piano ReArm Europe da 800 miliardi di euro, Szymon Hołownia, presidente del Sejm, ha annunciato l’istituzione di un fondo speciale che sosterrà progetti molto specifici per aumentare la sicurezza della Polonia. Come spiegato da Hołownia, il denaro che sarà immesso in questo fondo sarà denaro aggiuntivo per l’industria della difesa, per la protezione civile e per la costruzione di rifugi. Il vice-primo ministro nonchè ministro della Difesa nazionale, Władysław Kosiniak-Kamysz, ha indicato come le spese per la difesa polacca siano aumentate negli ultimi anni. Come spiegato, il bilancio di quest’anno adottato dal Sejm prevede una spesa per questo scopo per un importo pari al 4,7% del PIL.
La Polonia si conferma dunque cavallo di razza della volontà militarista europea e come baluardo del fronte orientale dell’Europa rispetto alla crociata contro la Russia.
[di Michele Manfrin]
Roma, tre manifestazioni per Europa, contro il riarmo e per la pace
A Roma sono iniziate dalle ore 15:00 tre manifestazioni che hanno coinvolto migliaia di cittadini e proseguiranno fino a sera. In piazza del Popolo è in corso “Una piazza per l’Europa”, un corteo che secondo gli organizzatori ha visto la partecipazione di decine di migliaia di cittadini che chiedono “un’Europa più unita e solida”, sventolando bandiere della pace, dell’Ucraina e della Georgia. In piazza Barberini, invece è stato organizzato un contro sit-in “contro il riamo dell’Unione Europea”, mentre in piazza Bocca della Verità è in corso la manifestazione lanciata da Marco Rizzo dal titolo “Pace e sovranità”. Previste diverse ripercussioni sulla viabilità a causa di strade chiuse e bus deviati.
Nelle profondità degli oceani sono stati scoperti migliaia di nuovi microbi
Solo sei chilometri di acqua salata separano la superficie dell’oceano dalle profondità note come “zona adale”. Eppure, nonostante la precisione con cui studiamo e classifichiamo le forme di vita al di sopra di tale quota, in quelle fredde oscurità potrebbero celarsi migliaia di esseri viventi a noi ancora sconosciuti, un vero e proprio nuovo mondo: è quanto si evince dal lavoro di una squadra di ricercatori cinesi guidati da scienziati della Shanghai Jiao Tong University, i quali hanno dettagliato i loro risultati all’interno di un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Cell. Grazie a 33 immersioni effettuate tramite sommergibili con equipaggio, sono stati analizzati diversi campioni di sedimenti e acqua, portando all’identificazione di 7.564 specie di microbi di cui quasi il 90% mai documentato prima. Si tratta di forme di vita che mettono in luce strategie di sopravvivenza estreme e adattamenti a pressioni e temperature da record secondo gli autori, i quali aggiungono inoltre che tutti i dati ed i risultati ottenuti sono stati resi disponibili online, permettendo alla comunità scientifica mondiale di accedervi e di sfruttarli per i loro studi.
La zona adale rappresenta il 45% della profondità verticale dell’oceano ma copre solo l’1-2% del fondale, rendendola una delle aree meno esplorate del pianeta. La vita in questa regione si confronta con pressioni equivalenti al peso di un SUV su un’unghia, un’oscurità assoluta e risorse alimentari estremamente limitate. Eppure, lo studio appena pubblicato, condotto dal progetto Mariana Trench Environment and Ecology Research (MEER) – che si concentra sulle questioni scientifiche fondamentali delle fosse adonali tra cui la loro formazione ed evoluzione – e promosso da istituzioni cinesi come la Shanghai Jiao Tong University e l’Institute of Deep-sea Science and Engineering, ha rivelato un’inaspettata biodiversità. Per ottenere questi risultati, i ricercatori hanno effettuato 33 immersioni con sommergibili con equipaggio, raccogliendo campioni di acqua e sedimenti dal fondale marino. Successivamente, le analisi genomiche hanno permesso di identificare le specie microbiche presenti, evidenziando migliaia di genomi mai documentati prima. L’indagine ha portato anche alla scoperta di adattamenti sorprendenti in specie di anfipodi e pesci di acque profonde, smentendo l’ipotesi che la concentrazione di trimetilammina-N-ossido (TMAO) – un composto che stabilizza le proteine sotto alta pressione – aumenti costantemente con la profondità.
«Il nostro studio si concentra su un obiettivo di lunga data nell’ecologia microbica: chiarire in che modo gli ambienti modellano le comunità microbiche, soprattutto in condizioni estreme. Sono stati osservati livelli straordinariamente elevati di novità, diversità ed eterogeneità nel microbioma adale, in particolare tra procarioti e virus, che sono influenzati sia dal contesto più ampio di condizioni ambientali estreme sia dalla delicata topografia della zona adale», commentano i ricercatori, spiegando che i microbi tendono anche a trovare angoli e fessure adatti nelle profondità dell’oceano e ad attaccarsi a essi, visto che ciascuno dei siti campione visitati dai ricercatori presentava il proprio particolare mix di microbi, con poche sovrapposizioni tra loro. A profondità inferiori, invece, la cooperazione sembra essere più importante per la sopravvivenza, poiché tali piccoli organismi condividono i nutrienti e mostrano comportamenti che apportano benefici alla comunità nel suo insieme. «Il nostro studio non solo ridefinisce la nostra comprensione dei limiti della vita nelle profondità marine, ma svela anche un “manuale di sopravvivenza estrema” scritto attraverso centinaia di milioni di anni di evoluzione», concludono i ricercatori, sottolineando che tutti i dati genomici sono stati resi liberamente accessibili online.
[di Roberto Demaio]
Gaza, media: “Drone israeliano uccide civili e due giornalisti””
Nuovi attacchi israeliani hanno colpito a Beit Lahia, a nord della Striscia di Gaza, provocando la morte di almeno cinque civili di cui due giornalisti. Lo riportano le agenzie locali come Wafa e i reporter di Al Jazeera, i quali affermano che i civili rimasti uccisi sarebbero almeno nove e che tra i deceduti ci sarebbero tre fotografi palestinesi. Secondo testimoni oculari, l’attacco avrebbe preso di mira due veicoli sui quali viaggiavano le vittime mentre cercavano di documentare gli sforzi di soccorso umanitario in zona. Si tratta di «un massacro orribile» e «una continuazione» dei «crimini di guerra», secondo una dichiarazione di Hamas.
Brasile, in vista della COP30 il governo disbosca l’Amazzonia per costruire un’autostrada
La città brasiliana di Belém si prepara ad ospitare la Conferenza delle Parti sul Clima (COP30) nel novembre 2025. In vista di questo evento internazionale, è in corso la costruzione di un’autostrada a quattro corsie, lunga 13,6 chilometri, denominata Avenida Liberdade (PA-020), che attraverserà una significativa porzione della foresta pluviale amazzonica protetta. L’obiettivo dichiarato dal governo brasiliano è quello di semplificare il traffico verso la città, che ospiterà più di 50mila persone, tra cui leader mondiali, alla conferenza di novembre. Il progetto infrastrutturale ha però suscitato un acceso dibattito, evidenziando una significativa contraddizione tra l’impegno espresso dal presidente Luiz Inácio Lula da Silva per la tutela ambientale e le azioni che il governo ha deciso di intraprendere.
L’idea di costruire l’Avenida Liberdade risale al 2012, ma è stata più volte accantonata a causa delle preoccupazioni ambientali. Nel giugno 2024, il governo dello stato del Pará ha ufficialmente autorizzato il progetto – appoggiato in precedenza dall’ex presidente Bolsonaro – che prevede la realizzazione di un’autostrada a quattro corsie, con tre viadotti e un ponte sul fiume Aurá. Il tracciato parte dalla zona del campus dell’Università Federale del Pará, a Belém, e termina allo snodo dell’Alça Viária, a Marituba, attraversando tre fiumi e avvicinandosi al Parco Statale di Utinga.
Nonostante le rassicurazioni governative, le immagini dei tronchi accatastati su terreni disboscati hanno sollevato preoccupazioni tra gli ambientalisti e le comunità locali. Lungo la strada parzialmente costruita, la rigogliosa foresta pluviale svetta su entrambi i lati. Gli escavatori continuano a scavare nel suolo della foresta, asfaltando le zone umide per realizzare la strada che attraverserà un’area protetta. Claudio Verequete, residente a circa 200 metri dal tracciato dell’autostrada e raccoglitore di bacche di açaí, ha riferito alla BBC che gli alberi da cui dipendeva per il suo sostentamento sono stati abbattuti. «Tutto è andato distrutto – ha detto -. Il nostro raccolto è già stato tagliato. Non abbiamo più quel reddito per sostenere la nostra famiglia». Ha dichiarato di non aver ricevuto alcun risarcimento dal governo statale e di temere che la costruzione della strada possa portare a una maggiore deforestazione in futuro. Gli scienziati si mostrano preoccupati dal fatto che la strada possa frammentare l’ecosistema, limitare gli spostamenti della fauna selvatica e aumentare il rischio di deforestazione illegale. La professoressa Silvia Sardinha, veterinaria specializzata in fauna selvatica, ha dichiarato che la nuova autostrada renderà ancora più difficile la riabilitazione e il rilascio degli animali curati. «Perderemo un’area in cui non potremmo liberare questi animali in natura – ha affermato -. Anche gli animali terrestri non saranno più in grado di attraversare il fiume, il che ridurrà le aree in cui possono vivere e riprodursi». Il governo del Pará ha negato che la costruzione dell’Avenida Liberdade sia direttamente collegata alla COP30, affermando che i lavori sono iniziati nel 2020, prima che Belém fosse scelta come sede del summit. Tuttavia, molti residenti e osservatori ritengono che la preparazione per la COP30 abbia accelerato la realizzazione del progetto.
Sin dal suo insediamento Lula, che ha già dovuto fare i conti con la difficile eredità del suo predecessore, Jair Bolsonaro, caratterizzata da tagli al welfare, militarizzazione delle istituzioni e deforestazione, ha dichiarato che al centro della sua presidenza ci sarebbe stata proprio la tutela dell’Amazzonia. Un’agenda messa in pratica negli anni in cui Lula ha governato il Brasile – dal 2003 al 2011 – in cui la deforestazione è diminuita da 27.700 chilometri quadrati all’anno a 4.500 chilometri quadrati all’anno. Una svolta resa possibile soprattutto dalla creazione di aree di conservazione e riserve indigene. Già nella sua cerimonia di insediamento di inizio gennaio 2023, il nuovo presidente si era detto favorevole all’autostrada in Amazzonia, presentandolo come un capolavoro di «crescita e sviluppo». Le forti critiche delle associazioni ambientaliste e per i diritti degli indigeni non riguardano solo la realizzazione della Avenida Libertade, ma anche la decisione del governo brasiliano di aderire all’OPEC+, organizzazione dei grandi produttori di petrolio, ufficializzata a febbraio. Sebbene si preveda solo un ruolo consultivo e senza obblighi di taglio della produzione da parte del Brasile, gli attivisti ambientali hanno visto questa mossa come una contraddizione rispetto all’impegno ecologista dichiarato da Lula.
[di Stefano Baudino]
Iraq: ucciso alto comandante dell’Isis in un’operazione congiunta
Abdallah Makki Muslih al-Rufayi, alto esponente dello Stato Islamico e responsabile in particolare delle cosiddette «operazioni esterne», è stato ucciso dalle forze di sicurezza irachene con il supporto della coalizione internazionale anti-jihadista guidata da Washington. Lo ha annunciato il premier iracheno Mohammed Shia al-Sudani, definendo l’uomo «uno dei terroristi più pericolosi al mondo». L’operazione è stata condotta con un attacco aereo nella provincia di al-Anbar. Il jihadista, noto anche come “vice del Califfo”, era nel mirino delle sanzioni USA dal 2023. Il presidente Donald Trump ha celebrato l’uccisione del leader dello Stato Islamico su Truth Social.
‘’Procida’’, una poesia di Iosif A. Brodskij (1986)
Baia sperduta; non più di venti barche a vela.
Reti, parenti dei lenzuoli, stese ad asciugare.
Tramonto. I vecchi guardano la partita al bar.
La cala azzurra prova a farsi turchina.
Un gabbiano artiglia l’orizzonte prima
che si rapprenda. Dopo le otto è deserto
il lungomare. Il blu irrompe nel confine
oltre il quale prende fuoco una stella.
Nella pittura e nella poesia il tempo disegna contorni. Lo sguardo
d’assieme cede ai dettagli, il particolare precede e segue il totale. La poesia sta
sul «ciglio del discorso», ha scritto Brodskij ne Il canto del pendolo: la poesia è
‘’tensione del linguaggio’’, ogni sua parola non è mai isolata: ’’richiede
continuazione’’. Tuttavia l’assieme di Procida si compone di sensazioni prima
che di parole e qui la percezione prende atto di una realtà frammentaria che la
coscienza dell’autore e del lettore attiveranno in una opzione comunicativa, in
un incontro e in un’intesa unica ogni volta.
Scriveva Aleksandr Potebnja, un teorico russo del linguaggio del secondo
Ottocento, che la poesia non trasmette significati preesistenti, già noti, ma tenta
di riprodurre l’essenza delle cose che sfugge alle percezioni immediate. E
come? Rendendosi ogni parola un microtesto, unità minima densa che riempie
uno spazio mentale, prima che prendere parte alla frase e al verso.
Scriveva, a sua volta, Salvatore Quasimodo che il poeta costringe la
propria anima a trasmettere i suoi segreti: la poesia non dice, non esprime
soltanto, ma cambia il mondo lasciando ogni parola con i suoi aloni, con i suoi
margini inespressi. Il catalogo dell’esistente diventa la popolazione simbolica
di uno spazio-tempo: «La luna rossa, il vento, il tuo colore/ di donna del Nord,
la distesa di neve…/Ho dimenticato il mare, la grave/ conchiglia soffiata dai
pastori siciliani,/ le cantilene dei carri lungo le strade…»(S. Quasimodo,
Lamento per il Sud, 1946).
Anche a Procida c’è uno spazio immerso nell’assoluto, senza un prima e un
poi, senza una causa e un effetto. Lo sguardo del poeta rifiuta la sintassi, cioè i
verbi. Il suo stile nominale organizza la visione in un modo fotografico, come
un regista che si prepara a girare e che ha bisogno di un certo numero di oggetti
e di persone: barche, lenzuoli, vecchi, un gabbiano, il lungomare, la stella.
Ma le “reti” sono “parenti dei lenzuoli”: e questo non c’è nessuna
immagine che può dirlo, se non ad esempio un montaggio lento che mostri le
une e gli altri in successione, suscitando somiglianze. Così entra appunto in
gioco la metafora, cioè la coscienza, cioè l’interpretazione.
La poesia si fa ermeneutica: tenta di dire, forse, il maschile delle reti e il femminile delle
lenzuola, se pensiamo a una visione tradizionale che si ripartisce i compiti, e
lascia fuori i vecchi che si giocano a loro volta la metafora della vita come
partita al bar, depurata dalle sue contraddizioni e dai suoi ruoli, e distesa in un
tempo rituale.
In chiusura è l’orizzonte a caricarsi di una attesa bruciante, quella del
tempo che si affaccia come segno di una luce lontana, di un futuro, più ampio
chiarore nelle promesse della notte.
[di Gian Paolo Caprettini]
Serbia, decine di migliaia in piazza contro il governo
Non si arresta la protesta della cittadinanza serba contro il governo, accusato di una corruzione dilagante e di esercitare un controllo arbitrario sui media. Nel fine settimana sono attese a Belgrado tra le 60mila e le 80mila persone, secondo le autorità serbe. Come nelle iniziative precedenti, a guidare la protesta saranno gli studenti, che da ieri si sono riversati nella capitale. Molti hanno percorso centinaia di chilometri a piedi o in bicicletta. In conferenza stampa, il presidente Aleksandar Vucic ha detto di aver chiesto alla polizia di mostrare moderazione, ma di arrestare i facinorosi.
La CEDU condanna la polizia ucraina per la strage di Odessa (ma incolpa anche i filo-russi)
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha condannato l’Ucraina per «negligenza dello Stato negli scontri tra sostenitori e oppositori di Maidan». Il riferimento è ai fatti di Odessa che hanno avuto luogo il 2 maggio 2014, quando 42 persone persero la vita a causa del rogo sviluppatosi nella Casa dei Sindacati della città, dove si erano rifugiate a seguito degli scontri tra i manifestanti a favore del nuovo governo filo-occidentale e i sostenitori del precedente governo filo-russo deposto. Le autorità ucraine non svolsero mai alcuna indagine sulle cause del rogo, nonostante all’esterno dell’edificio fossero presenti centinaia di sostenitori del governo appena eletto (guidato da gruppi neonazisti) che lanciavano bottiglie incendiarie contro l’edificio. La sentenza, pur incolpando le autorità ucraine, ha un retrogusto politico, in quanto sancisce la piena responsabilità della polizia, accusata di essere filo-russa e schierata con gli attivisti che protestavano contro il governo, oltre ad accusare la Russia di propaganda. Nel documento si sottolinea anche come il lancio di molotov sia stato “reciproco” tra l’interno e l’esterno dell’edificio.
In relazione ai fatti, la sentenza della Corte ha stabilito il sussistere di: «violazione dell’articolo 2 (diritto alla vita) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, a causa dell’incapacità delle autorità competenti di fare tutto ciò che ci si poteva ragionevolmente aspettare da loro per prevenire la violenza di Odessa del 2 maggio 2014, per porre fine a tale violenza dopo il suo scoppio, per garantire tempestive misure di salvataggio per le persone intrappolate nell’incendio e per avviare e condurre un’indagine efficace sugli eventi; e una violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) nei confronti di una ricorrente (ricorso n. 39553/16) in merito al ritardo nella consegna del corpo del padre per la sepoltura». Tra i 28 ricorrenti, 25 erano parenti delle vittime (alcune delle quali erano attivisti favorevoli al governo filo-occidentale), mentre 3 erano persone sopravvissute alla strage.
Nella descrizione dei fatti principali e del quadro politico e sociale della giornata, la sentenza sottolinea una forte interferenza da parte della Federazione russa negli eventi, attraverso azioni materiali e di propaganda. Gli scontri, riporta la CEDU, avrebbero preso il via dall’aggressione degli attivisti filo-russi contro quelli filo-occidentali (in particolare degli ultras dell’Odesa Chornomorets contro quelli del Kharkiv Metalist, che avrebbero dovuto giocare quel giorno ad Odessa). In un quadro simile, l’incendio dell’edificio dove morirono almeno 42 persone è descritto come un normale incidente nel contesto di uno scontro tra persone che si lanciano bombe molotov.
La Corte dettaglia in modo particolare l’inazione della polizia durante l’intero svolgersi degli eventi, fattore alla base della condanna nei confronti dello Stato ucraino. Gli agenti, infatti, non hanno mosso un dito nè prima dello scontro alla Casa dei Sindacati, nè durante il compimento della strage. La stessa inazione ha caratterizzato anche le indagini successive delle autorità, condotte in maniera approssimativa. La prova della collusione degli agenti con la Federazione russa sarebbe la fuga di alcuni di essi verso quest’ultima, dopo i fatti. Quel 2 maggio, inoltre, la polizia aveva arrestato 63 sopravvissuti alla strage, che furono rilasciati due giorni più tardi, a seguito di un’irruzione degli attivisti filo-russi all’interno degli edifici pubblici in segno di protesta.
Tuttavia, non si può non chiedersi perchè, se la polizia era davvero schierata con gli attivisti filo-russi, non sia intervenuta quando decine di essi venivano uccisi all’interno della Casa dei Sindacati. La sentenza della CEDU, dunque, sembra più rivolta a condannare le forze dell’ordine del vecchio regime, considerato prono alla Russia e ai suoi interessi, dai quali sarebbero dipesi i fatti del 2 maggio 2014. In questo contesto, va sottolineato come la pagina italiana della strage di Odessa, in un tentativo di revisionismo storico nemmeno troppo sottile, descriva i fatti come Incendio della Casa dei Sindacati di Odessa.
[di Michele Manfrin]