sabato 22 Novembre 2025
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Suolo, dalla scienza l’alternativa per un’agricoltura più sostenibile

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Migliorano la resa e la qualità delle colture e contrastano l’impoverimento dei suoli. Sono solo alcuni dei benefici apportati dalle comunità microbiche selezionate dall’Enea. Gli scienziati dell’istituto di ricerca, nell’ambito di tre differenti progetti, hanno sviluppato comunità di batteri e funghi selezionando, in particolare, microrganismi promotori della crescita delle piante. I risultati dello studio hanno dimostrato che questi, se combinati con composti naturali bioattivi ed ammendanti, incrementano di molto la fertilità dei suoli. Potranno, inoltre, essere utili per bonificare terreni contaminati nonché al fine di ridurre l’utilizzo di acqua, fertilizzanti e pesticidi. Non finisce qui. Altre comunità microbiche selezionate sarebbero perfino in grado di favorire le coltivazioni nelle aree semi-aride e aride del Mediterraneo. Ad esempio, se l’orzo è sottoposto a stress idrico – ha evidenziato la sperimentazione – i batteri selezionati sono in grado di sostenerne vitalità e crescita.

La rigenerazione sostenibile dei suoli è sempre più una priorità internazionale. Ad oggi, infatti, circa un quarto della superficie terrestre è già stata danneggiata e, ogni anno, vengono persi oltre 24 miliardi di tonnellate di terreno fertile. La diretta conseguenza è una perdita di produttività di circa il 25% della superficie globale. «Questi consorzi microbici multifunzionali – sottolinea la ricercatrice Annamaria Bevivino – rappresentano un’alternativa sostenibile all’uso di pesticidi e fertilizzanti convenzionali, in quanto sono in grado di svolgere diverse funzioni, tra cui la fissazione dell’azoto e la solubilizzazione del fosforo nei terreni, favorendo lo sviluppo delle piante e rafforzando la resilienza del suolo agli stress».

[di Simone Valeri]

Prato: manifestazione dei lavoratori per operaia morta in fabbrica

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A Prato, in piazza Santa Maria delle Carceri, si sta svolgendo in queste ore la manifestazione dei lavoratori dei sindacati Cgil Cisl e Uil organizzata in seguito alla morte di Luana D’Orazio, operaia ventiduenne che lunedì mattina ha perso la vita all’interno della Orditura Luana di Montemurlo, in provincia di Prato. La manifestazione, a cui hanno aderito un migliaio di persone, è stata organizzata in concomitanza con lo sciopero generale indetto dai sindacati. «Morire di lavoro oggi non solo è inconcepibile, è intollerabile», recita uno striscione.

Covid, tra realtà e narrazione mediatica: cosa succede realmente in India?

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L’India sta affrontando un’altra ondata di contagi da Covid-19 e la situazione risulta effettivamente difficile e non sotto controllo. Altresì non possiamo non notare che i media mainstream abbiano ingigantito la realtà riportando notizie parziali o addirittura false, alterando il contenuto con foto e immagini non corrispondenti alla realtà. Non è cosa da poco visto che spesso la forma fa anche il contenuto.

Se vengono mostrate determinate immagini per supportare la narrazione del contesto associato a tali immagini, chi usufruisce del determinato contenuto e nella determinata forma non farà altro che accostare i due elementi. Alcuni si spingono oltre e danno per assodata la relazione tra immagine e narrazione, senza lasciare che sia l’immaginazione individuale a fare il lavoro. Il New York Post, ad esempio, ha riportato una foto con il seguente titolo: «Il Covid divora la gente in India, le foto mostrano gente morta per le strade».

Il problema è che l’immagine riportata è del maggio del 2020 e riguarda una fuga di gas dello stabilimento chimico LG Polymers, nel villaggio di Venkatapuram. La nuvola di vapore risultante si è diffusa su un raggio di 3 chilometri causando problemi respiratori alle persone nei villaggi vicini che sono infatti cadute prive di sensi a terra.

Stessa cosa è accaduta per quanto concerne le immagini delle cremazioni di massa. Sebbene vi siano effettivamente stati, come Maharashtra, Delhi, Uttar Pradesh e Madhya Pradesh, che debbono ricorrere a cremazioni di massa e dove vi sono le code ai crematori, sono state spesso utilizzate foto vecchie per poter portare avanti la narrazione al limite del terrorismo mediatico.

Se parliamo invece di numeri, anche in questo caso riscontriamo un’informazione distorta che non mette a fuoco la reale situazione del paese. In numeri assoluti, dall’inizio della pandemia ad oggi, l’India conta quasi 235.000 morti: un’enormità. Però, sempre in termini assoluti, si registrano 21,5 milioni di contagiati e 17,6 milioni di guariti, su una popolazione di 1,4 miliardi di persone. Per fare una comparazione, l’Italia, con una popolazione di 60 milioni di persone, registra 122mila decessi su un totale di 4,1 milioni di contagiati e 3,5 milioni di guariti. Infatti, oltre che utilizzare i numeri assoluti occorre fare la proporzione tra i medesimi. Risultano invece inutili, al fine della comprensione della reale portata del fenomeno, i numeri assoluti presi a sé stanti rispetto a tutto il resto. L’India ha 23 volte la popolazione dell’Italia, ma il rapporto sui contagi è di 5 a 1. Naturalmente prendendo come criteri oggettivi i contagi effettivamente certificati: altra cosa che per quanto riguarda l’India non si può dare affatto per scontata.

L’India è certamente un paese con gravi problemi del sistema sanitario e molti sono i difetti in efficienza ed efficacia, come abbiamo potuto vedere in questi drammatici giorni. Non possiamo però evitare di sottolineare che l’India, proprio se parliamo di numeri assoluti e di proporzione tra i medesimi, ha problemi sanitari ben più gravi del Covid-19. Queste situazioni di assoluta gravità sono dovute al degrado ambientale e sociale di alcune aree di un territorio vastissimo come è l’India. Per esempio, nel 2018, quindi in era pre-pandemica, un report dell’Unicef segnalava la tragedia della mortalità infantile in India, la quale registra 600.000 bambini morti ogni anno entro i primi 28 giorni di vita. Sempre nel 2018, il tasso di mortalità infantile in India era di 37,8 morti ogni mille nativi vivi; in Italia il tasso è di 3,2 morti ogni mille nati vivi.

Dunque, se la situazione in India non è certamente sotto controllo, è giusto inserire i fatti dentro ad un contesto poiché fermarsi a qualche immagine o numero preso a sé, risulta difficile – se non fuorviante e manipolatorio – riuscire a capire la realtà. Questa ci racconta di un paese in cui vi sono criticità fortissime e reali, innanzitutto perché la pandemia è andata ad agire su un sistema sanitario con lacune strutturali enormi. Una situazione che crea quindi gravi problemi di vario tipo, i più importanti dei quali sono: la scarsità di posti letto, assistenza e ossigeno per i malati (fattore che impedisce di curare molti contagiati e quindi eleva la letalità) e il collasso di un sistema sanitario già disastroso, con il risultato che molte patologie potranno essere curate ancor meno di quanto non avvenisse prima, al punto che Save the Children – con un calcolo francamente difficile da verificare con criteri scientifici – stima che la mortalità infantile potrebbe salire del 15%, proprio perché gli ospedali – costretti ad utilizzare tutte le scarse risorse della cura dei pazienti Covid – non riescono a far fronte alle altre emergenze.

Per queste ragioni la situazione in India può essere definita oggettivamente complessa. Un tema al quale certamente è utile portare attenzione. Tuttavia, ancora una volta, dai media mainstream è giunto solo sensazionalismo preparato per terrorizzare ed allarmare più che per favorire un dibattito reale.

[di Michele Manfrin]

Libia: il peschereccio Aliseo in navigazione verso Italia

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E’ in navigazione verso Mazara del Vallo il peschereccio “Aliseo”, con a bordo sette uomini d’equipaggio, il cui comandante Giuseppe Giacalone è rimasto ferito dai colpi d’arma da fuoco sparati ieri da una motovedetta militare libica. L ‘arrivo in porto è previsto per l’alba di domani

La carovana indigena zapatista salpa alla “conquista” dell’Europa

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L’Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln) dello stato messicano del Chiapas, ha fatto salpare una sua delegazione verso l’Europa. I membri dello “Squadrone 421”, composto da quattro donne, due uomini e una donna transessuale, hanno lasciato domenica Isla Mujeres su di un vecchio veliero tedesco ribattezzato per l’occasione “La Montaña”. Il viaggio è intriso di significato. L’occasione è il 27° anniversario della rivoluzione zapatista. La missione è stata chiamata “Viaggio per la Vita, capitolo Europa” e vuole simulare una “invasione” dell’Europa in memoria della conquista del Messico da parte degli spagnoli 500 anni fa, per gridare all’Europa che i popoli indigeni delle Americhe non sono stati sconfitti e vinti e che il colonialismo occidentale non è riuscito a schiacciare le popolazioni originarie. L’arrivo è previsto tra circa sei settimane al porto di Vigo, in Galizia.

L’Ezln però non sarà solo. La carovana zapatista, oltre allo “Squadrone 421”, comprende varie realtà sociali e membri del Congresso nazionale indigeno. Il gruppo, nel suo insieme, comprenderà un centinaio di persone, tra donne, uomini e bambini. L’obiettivo della missione è quello di «risvegliare i popoli dall’invasione del capitalismo» e incontrare gruppi affini di 29 Paesi nel continente europeo, Italia compresa. Il viaggio è stato preceduto da una serie di comunicati da parte dell’Ezln, insieme a collettivi e movimenti sociali, e sarà accompagnato da una sorta di “diario”.

Sebbene fin dal settembre scorso si parlasse del tour zapatista, non solo europeo, l’annuncio ufficiale è arrivato il 1 gennaio 2021 con un comunicato in cui si fa appello a tutte le sorelle e i fratelli del mondo e in cui si dice: «Facciamo nostri i dolori della terra: la violenza contro le donne; la persecuzione e il disprezzo verso i diversi nelle identità affettive, emozionali, sessuali; l’annichilimento dell’infanzia; il genocidio contro gli indigeni; il razzismo; il militarismo; lo sfruttamento; l’espropriazione; la distruzione della natura». Nel comunicato si aggiunge: «Il carnefice è un sistema sfruttatore, patriarcale, piramidale, razzista, ladrone e criminale: il capitalismo. La consapevolezza che non è possibile riformare questo sistema, educarlo, attenuarlo, limarlo, addomesticarlo, umanizzarlo».

L’Ezln, nato nel 1983, formato perlopiù da indios discendenti dei Maya, è un movimento anticapitalista, anarchico-socialista e indigenista, il cui più famoso portavoce è stato il subcomandante Marcos (ritiratosi nel 2014, cambiando il nome in Galeano), vede oggi il subcomandante Insurgente Moisés come primo portavoce nonché guida della missione europea de “La Montaña”.

Nel comunicato rilasciato dall’Ezln il 1 gennaio si legge: «La certezza che la lotta per l’umanità è mondiale. Così come la distruzione in corso non riconosce frontiere, nazionalità, bandiere, idiomi, culture, razze; così la lotta per l’umanità è in ogni luogo e in ogni tempo».

[di Michele Manfrin]

Biden pronto a “scongelare” 1 miliardo di dollari iraniani

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Alla vigilia della ripresa dei colloqui di Vienna sul programma nucleare iraniano, fonti dell’amministrazione USA riferiscono che il presidente americano Joe Biden sta valutando di scongelare un miliardo di dollari di fondi iraniani da mettere sul tavolo della trattativa con Teheran. Secondo il Dipartimento di Stato l’accordo potrebbe arrivare entro giugno.

Libia: spari contro peschereccio italiano, ferito il comandante

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Il comandante del peschereccio italiano «Aliseo», Giuseppe Giacalone, è rimasto ferito dopo che una motovedetta della Guardia Costiera libica ha sparato contro l’imbarcazione a largo della città di Bengasi. La notizia è stata confermata da parte del figlio del comandante, che però non è a conoscenza dell’attuale stato di salute del padre. La marina libica ha dichiarato di aver sparato i colpi in aria come «avvertimento» poiché il peschereccio «aveva sconfinato».

Gli obiettivi climatici iniziano a funzionare (ma ancora non basta)

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Siamo sulla buona strada per combattere il surriscaldamento globale. Secondo le previsioni del Climate Action Tracker (CAT), entro la fine del secolo avremo un temperatura di 2,4° in più rispetto alla media dell’epoca pre-industriale. Si tratta di 0,2° in meno rispetto alle precedenti previsioni che stimavano 2,6°. Un segnale indubbiamente positivo, ma siamo ancora lontani dall’obiettivo fissato dall’accordo di Parigi, ovvero riuscire a limitare il riscaldamento al di sotto del 1,5°. Come ha dichiarato Bill Hare, amministratore delegato di Climate Analytics, una delle due organizzazioni che ha stilato il CAT, anche se l’accordo sta spronando i governi ad adottare politiche più mirate e specifiche, c’è ancora tanto da fare per raggiungere gli obiettivi prefissati, soprattutto perché molti paesi non hanno ancora ufficializzato e quindi tenuto pienamente fede ai piani. 

I dati raccolti nell’analisi scientifica CAT sottolineano quanto paesi come la Cina e gli Stati Uniti – rispettivamente al primo e al secondo posto per le emissioni di CO2 – debbano essere costanti ma soprattutto pensare – e quindi poi rispettare – politiche climatiche migliori, per diminuire la produzione di anidride carbonica. A tal proposito, il presidente Joe Biden ha dichiarato di recente che gli USA mirano a ridurre le emissioni di gas serra tra il 50% e il 52% entro il 2030, sulla base dei livelli del 2005. Altri paesi come il Canada, il Giappone, il Sud Africa e l’Argentina hanno assicurato il loro impegno al fine di diminuire la produzione di CO2.

Si spera che, in vista della conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26), la quale si terrà a Glasgow il prossimo novembre, i paesi elaborino nuovi piani per velocizzare il raggiungimento degli obiettivi previsti dall’accordo di Parigi e dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Inoltre, dal 6 al 7 maggio 2021 si terrà il dodicesimo Petersberg Climate Dialogue, iniziativa promossa dal Ministero dell’Ambiente tedesco, che ogni anno vede riunirsi i ministri dell’ambiente di numerosi paesi europei per valutare e discutere dei progressi compiuti in materia ambientale e climatica, e definire le politiche da adottare in futuro. Quest’anno uno dei punti discussi riguarderà potenziali finanziamenti destinati ai paesi in via di sviluppo, al fine di aiutarli a ridurre le emissioni di CO2 e a far fronte agli impatti del cambiamento climatico.

 

[di Eugenia Greco]

Filippine: carcere per chi non indossa correttamente la mascherina

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Il presidente filippino Rodrigo Duterte ha emanato una direttiva con cui si ordina alla polizia di arrestare tutti coloro che non indossano la mascherina in maniera corretta. «È nell’interesse del Paese che nessuno venga contagiato», ha affermato Duterte. Successivamente sono arrivate le critiche da parte delle associazioni per i diritti umani, che l’hanno definita una direttiva «non scientifica» e che impone «un uso sproporzionato della forza».

Fano: TSO e ricovero in psichiatria a studente che rifiuta la mascherina

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Nella giornata di ieri, a Fano (PU), uno studente diciottenne frequentante l’Istituto Tecnico Commerciale «Olivetti» si è incatenato ad un banco in segno di protesta: il ragazzo, rifacendosi alle tesi di un «costituzionalista», ha rivendicato il suo diritto di seguire le lezioni senza indossare la mascherina. Così, dopo due ore di estenuanti trattative in cui il personale scolastico ha cercato di convincere invano lo studente a rispettare le regole, i suoi compagni di classe sono stati spostati in un’altra aula e dopo aver liberato i corridoi e sgomberato la scuola, al giovane è stato ordinato di lasciare l’istituto: ad attenderlo fuori vi erano un’ambulanza ed un’auto della polizia ed il ragazzo è stato preso in custodia dai sanitari. «Sono nel reparto psichiatrico di Pesaro, a Muraglia: mi hanno fatto un Tso (Trattamento sanitario obbligatorio) e dovrò restare qui per una settimana. In questo momento una dottoressa mi sta portando via tutti gli oggetti pericolosi. Mi hanno dato dei calmanti al Santa Croce e poi mi hanno trasferito a Pesaro, a Muraglia», ha affermato il diciottenne.

Non è comunque la prima volta che il ragazzo decide di disobbedire alle regole. « È la quinta azione di protesta ed ogni volta si cerca di spiegare quali sono le regole comportamentali alle quali non si può derogare. Ma su questa vicenda della mascherina il ragazzo è deciso a proseguire la sua protesta», ha dichiarato uno dei professori. In tal caso, però, la persona che lo avrebbe spinto a comportarsi in questo modo sarebbe stato proprio il costituzionalista al quale il ragazzo ha fatto riferimento. «Lo ha plagiato. In classe con il cellulare in viva voce parlava con quello che lui chiama il costituzionalista», ha affermato la preside dell’istituto, la quale ha anche aggiunto che, secondo il medico lì presente, non vi sarebbe stato alcun ricovero forzato in quanto lo studente lo avrebbe seguito volontariamente. In ogni caso, tuttavia, ci si chiede se sia giusto procedere in tal modo nei confronti di un ragazzo che stava protestando in maniera pacifica contro l’obbligo di indossare la mascherina.

[di Raffaele De Luca]