giovedì 9 Maggio 2024

Le scuole differenti: dall’istruzione parentale al metodo Montessori

Quante volte abbiamo sentito dire “La scuola è un obbligo”? Nell’immaginario comune, la scuola intesa come l’edificio che quotidianamente ospita classi di studenti e insegnanti per otto ore al giorno, è considerata tappa scontata e obbligatoria per tutti. In realtà la scuola è più un concetto che vede differenti modalità d’attuazione. In Italia, infatti, esistendo l’obbligo di istruzione e non di scolarizzazione, ci sono modi differenti dalla comune realtà scolastica di cui genitori e tutori possono avvalersi per provvedere alla formazione dei propri figli.

Iniziamo con una modalità poco dibattuta ma che ultimamente, per via degli strascichi lasciati dalla pandemia in concomitanza del ritorno in aula, sta avendo particolare successo: l’homeschooling. Si tratta della cosiddetta “istruzione domiciliare”, la quale prevede che il bambino/ragazzo venga istruito al di fuori delle strutture istituzionali pubbliche e private e nella piena responsabilità dei genitori. (Art. 30 della Costituzione Art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e Principio settimo dei Diritti del Fanciullo). La famiglia ha quindi, in questo caso, un ruolo centrale che comporta la rinuncia all’approccio standard e la predilezione per un percorso plasmato sulla personalità, sugli interessi e le necessità del bambino, il quale diventa l’artefice principale della sua istruzione. Anche questo metodo formativo prevede degli esami che, seppur personalizzati e basati sul progetto didattico della famiglia, devono essere pensati seguendo le competenze indicate dal MIUR.

La scuola parentale

Simile all’homeschooling è la scuola parentale. Sebbene entrambe siano comprese in quella che, in ambito giuridico, viene definita educazione parentale – i genitori si assumono la totale e diretta responsabilità dell’istruzione dei propri figli senza nessun finanziamento da parte dello Stato – nella scuola parentale, diversamente dall’istruzione domiciliare, è previsto un luogo fisico e la frequenza del bambino. Andando nello specifico, tale forma d’istruzione vede più genitori riunirsi al fine di creare una dimensione comunitaria basata su un progetto educativo riconosciuto. Nella maggior parte dei casi sono loro stessi a mettere a disposizione le proprie competenze, ma può accadere che questi scelgano personalmente educatori e insegnati per i figli. Questo tipo di scuola – diffusa soprattutto nell’ambito della materna e nella fase della scuola primaria – si identifica nel co-schooling (capacità di fare insieme) e si pone l’obiettivo di offrire ai giovanissimi una realtà in cui si possa apprendere e dare valore a se stessi grazie ad un confronto continuo con gli altri. Fare nascere una scuola parentale è sicuramente un processo lungo e impegnativo, specialmente dal punto di vista burocratico ed economico. I fondatori, infatti, i quali solitamente hanno da pagare un affitto e, se presenti, gli stipendi agli educatori, organizzano spesso incontri e cene sociali al fine di ottenere donazioni e supporto da enti pubblici e privati.

La scuola steineriana

L’homeschooling e la scuola parentale sono due realtà indipendenti, in quanto la piena responsabilità – anche economica – è dei genitori. Esistono però anche istituti scolastici che attuano metodi di insegnamento differenti da quello tradizionale. Un esempio è la scuola steineriana, la quale si basa sulla filosofia di Rudolf Steiner, uno studioso austriaco della prima metà del ‘900 che considerava errato istruire i bambini con concetti rigidamente limitati e incapaci di variare nel tempo. Secondo il suo pensiero, infatti, è fondamentale impartire al bambino concetti plastici in grado di cambiare man mano che questo, crescendo, diventa più maturo.

La scuola steineriana, conosciuta anche con il nome di “scuola Waldorf”, nacque a Stoccarda nel 1919, per volere del direttore della fabbrica di sigarette Waldorf Astoria, e mise subito in discussione il metodo d’insegnamento comune, il quale ha sempre mirato a fare emergere le capacità intellettuali nel curriculum scolastico degli allievi. Al contrario, la didattica di Steiner non considera necessari i livelli di conoscenza del bambino, ma ritiene fondamentali i cosiddetti “quattro temperamenti”, ovvero le componenti che influenzano i comportamenti del bambino durante l’arco della vita: la materia (corpo fisico), lo spirito (corpo eterico), la passione (corpo astrale) e la coscienza di sé (l’Io). In tutto ciò, l’educatore della scuola steineriana ha il compito di mantenerli in equilibro in ogni bambino, il quale deve essere lasciato libero di esprimersi come meglio crede. Proprio su questa visione si basa anche l’organizzazione degli ambienti destinati all’apprendimento – generalmente arredati con materiali naturali e salubri – pensati non solo per stimolare l’interazione, ma anche per lo svolgimento di attività artigianali previste nel percorso formativo quali falegnameria, fisica e chimica, giardinaggio, tessitura, ceramica, rilegatura, recitazione e teatro.

Non è previsto l’utilizzo di strumenti tecnologici per l’apprendimento e, per i giovani dai sette ai quattordici anni, non sono previste né valutazioni né bocciature, ma la redazione di un profilo personale riguardante l’evoluzione della personalità e le diritte su come proseguire al meglio il percorso scolastico. Inoltre, uno dei principi del metodo steineriano prevede l’insegnamento della lettura e della scrittura soltanto dopo i sette anni, in quanto prima il bambino viene lasciato libero di dedicarsi ad attività all’aria aperta, al gioco e all’espressione artistica. E il costo? La retta dipende in prima istanza dall’ISEE, poiché la scuola Waldorf si sostiene principalmente con i fondi pubblici per la Scuola dell’Infanzia e con i contributi e donazioni dei genitori e sostenitori. L’importo mensile può quindi variare tra i 250 euro ai 350 euro per la Scuola d’Infanzia e tra i 250 euro e i 475 euro per la primaria e secondaria.

La scuola montessoriana

La scuola montessoriana si basa sul metodo Montessori, stile di insegnamento sviluppato all’inizio del XX secolo dall’educatrice Maria Montessori. Tale metodo, fondato sull’idea che i bambini apprendano meglio quando sono loro a scegliere ciò che vogliono imparare, pone al centro l’indipendenza e l’autonomia del singolo e considera fondamentale la sua socialità. Le aule montessoriane sono infatti famose proprio per la loro organizzazione, pensata per lasciare che i bambini possano esprimersi e interagire liberamente tra loro. A differenza della scuola tradizionale, che divide gli studenti per fasce di età, il metodo Montessori prevede il contrario, con la formazione di gruppi eterogenei per far sì che i bambini possano imparare gli uni dagli altri abilità sociali utili per la vita, come l’accettazione e l’inclusione. Tale aspetto, secondo questo stile d’insegnamento, risulta essere molto importante per la creazione di un ambiente scolastico adatto anche ai giovani con esigenze particolari i quali, in questo modo, si ritrovano in un contesto tranquillo, privo di stress e non competitivo.

In genere, le scuole Montessori rientrano nel calderone delle scuole private e sono molto costose, con rette mensili che possono partire anche da 500 euro al mese. Ultimamente però, anche alcuni istituti pubblici stanno adottando questa modalità formativa, grazie soprattutto all’associazione Montessori Scuola Pubblica, la quale si è proposta l’obiettivo di contribuire all’attuazione di una convenzione tra il Ministero dell’Istruzione e l’Opera Nazionale Montessori, che prevede l’istituzione di scuole dell’infanzia e primarie statali basate sulla didattica Montessori.

Una scuola per tutti?

Le scuole montessoriane e steineriane prevedono che i bambini sostengano le prove finali in scuole parificate così da diminuire – ma non annullare – il divario tra il metodo utilizzato per l’apprendimento e quello utilizzato per la valutazione. Gli studenti, infatti, nonostante siano inseriti in realtà scolastiche diverse da quella tradizionale, sono tenuti a dimostrare di avere appreso le competenze minime richieste per ciascuna classe, specificate dalle indicazioni Nazionali del Ministero dell’Istruzione. Oltre a queste realtà appena descritte, ne esistono altre più piccole che stanno sviluppando lentamente metodi formativi innovativi, come la scuola nel bosco, la scuola biocentrica basata sulla concezione dell’esperienza del vivere come processo di apprendimento, la scuola senza zaino (presente anche nella scuola pubblica) e molte altre piccole realtà che non hanno un orientamento specifico e ne combinano diversi insieme. Un’offerta indubbiamente variegata la quale confuta, però, la concezione di scuola aperta e uguale per tutti.

 

[di Eugenia Greco]

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