venerdì 12 Dicembre 2025

Sotto l’Atlantico è stata scoperta una nuova riserva d’acqua dolce

Una spedizione scientifica internazionale ha scoperto vasti depositi di acqua dolce intrappolati da millenni sotto le acque salate dell’Atlantico del Nord, al largo di Cape Cod, penisola nello Stato USA del Massachusetts. La scoperta, frutto della missione Expedition 501, potrebbe aprire nuove prospettive per affrontare la crescente emergenza idrica globale. I ricercatori hanno estratto circa 50.000 litri di campioni, alcuni dei quali hanno registrato una salinità di appena 4 parti per mille: un valore molto inferiore al contenuto medio di sale degli oceani, pari a 35 parti per mille.

Incoraggiante il fatto che un processo simile forma le falde acquifere terrestri che utilizziamo per l’acqua dolce, le quali sono generalmente di altissima qualità. L’acquifero, secondo le prime stime, si estenderebbe da New Jersey fino al Maine e potrebbe rivaleggiare per dimensioni con l’Ogallala, la più grande falda acquifera degli Stati Uniti. La presenza di acqua dolce sotto il mare era già stata ipotizzata negli anni Settanta, quando trivellazioni di ricerca rivelarono anomalie inattese. Un’indagine del 2015 del Woods Hole Oceanographic Institution aveva poi fornito prove indirette tramite tecniche elettromagnetiche. Expedition 501, con un budget di 25 milioni di dollari finanziato dalla US National Science Foundation – prima dei tagli al bilancio richiesti dall’amministrazione Trump – e dal Consorzio europeo di ricerca oceanografica, è il primo progetto ad aver perforato sistematicamente il fondale fino a 400 metri di profondità.

Il contesto rende la scoperta particolarmente significativa: secondo le Nazioni Unite, entro il 2030 la domanda globale di acqua dolce supererà le disponibilità del 40%. A ciò si aggiungono l’innalzamento dei mari a spese delle falde costiere e i consumi energetici crescenti. Tuttavia, gli scienziati invitano alla prudenza. Restano da chiarire l’origine e l’età dell’acqua, se risalente allo scioglimento dei ghiacci di migliaia di anni fa o se ancora alimentata da sistemi terrestri, nonché la sua sicurezza microbiologica. La sua salinità rimane poi per il momento troppo alta per soddisfare gli standard statunitensi di acqua dolce (inferiori a una parte per mille). Inoltre, estrarre queste riserve aprirebbe a nuovi potenziali rischi per gli ecosistemi marini e a incertezze geopolitiche. «Si tratta di un ambiente nuovo che non è mai stato studiato prima – ha affermato Jocelyne DiRuggiero, biologa della Johns Hopkins University di Baltimora – l’acqua potrebbe contenere minerali dannosi per la salute umana, poiché è filtrata attraverso strati di sedimenti».

Ad ogni modo, secondo i ricercatori, queste falde potrebbero diventare una risorsa di emergenza durante siccità o inondazioni. Nei prossimi mesi, laboratori sparsi nel mondo analizzeranno i campioni raccolti. I primi risultati sono attesi nel 2026 e diranno se questo “tesoro nascosto” potrà un giorno contribuire ad alleviare l’emergenza idrica globale.

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Simone Valeri

Laureato in Scienze Ambientali e in Ecobiologia, attualmente frequenta il Dottorato in Biologia ambientale ed evoluzionistica della Sapienza. Oltre alle attività di ricerca, si dedica al giornalismo ambientale e alla divulgazione scientifica.

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1 commento

  1. Scoperta interessante. Per analogia è possibile ed auspicabile che acqua fossile, a bassissimo tasso salinico, sia presente sotto altri continenti. Ma, come sempre, il problema sarà, in un prossimo futuro, conoscendo la “bontà” di H.sapiens, se, come e da chi verrà utilizzato il NOSTRO liquido vitale per eccellenza…

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