Il 12 febbraio 2025, la Commissione Europea ha concesso l’autorizzazione all’immissione in commercio del prodotto farmaceutico Kostaive® (Zapomeran), il primo vaccino genetico contro la COVID-19 basato sulla tecnologia dell’mRNA autoreplicante (sa-mRNA). A differenza dei prodotti farmaceutici di Pfizer/BioNTech e Moderna, le molecole di mRNA contenute nel Kostaive® sono autoreplicanti. Una volta all’interno della cellula, l’mRNA autoreplicante è in grado di replicare se stesso autonomamente, consentendo una produzione più prolungata e sostenuta della proteina spike del virus SARS-CoV-2, rispetto all’mRNA utilizzato nelle piattaforme vaccinali precedenti1. Il Governo Italiano avrebbe tempo fino al 23 giugno per opporsi formalmente alla decisione della Commissione Europea ma, almeno fino a oggi, non è trapelata nessuna intenzione in questo senso. Tra dettagli ignoti, studi mancanti e numerose domande scientificamente doverose eppure ad oggi senza risposta, sono molti – come vedremo – gli aspetti controversi di questo nuovo farmaco.
Il 27 settembre 2024, ho avuto l’onore di essere invitato a intervenire presso la Camera dei Rappresentanti del Parlamento giapponese, dagli Onorevoli Kazuhiro Haraguchi e Ryuhei Kawada, in occasione della sesta edizione della conferenza International Crisis Summit, che si è svolta a Tokyo dal 24 al 28 settembre. Insieme ad altri partecipanti al congresso, siamo stati invitati per informare sia i cittadini, sia i legislatori giapponesi riguardo ai potenziali rischi associati alle piattaforme vaccinali a mRNA, con l’obiettivo di fermare l’introduzione del vaccino autoreplicante nel sistema sanitario nazionale giapponese, prevista per ottobre del 20242. L’intervento può essere visto a questo link.
Il concetto che ho voluto rimarcare durante il mio discorso, rivolto verso un popolo così attento e preciso come quello giapponese, è stata la negligenza e il pressappochismo con il quale sono stati affrontati molti aspetti cruciali legati alla sicurezza di questi prodotti farmaceutici. Infatti, a oltre quattro anni dall’introduzione di queste piattaforme vaccinali, rimango profondamente sconvolto dai risultati allarmanti che derivano dagli studi scientifici. I vaccini genetici contro la COVID-19 sono stati presentati (e lo sono tutt’oggi) come il risultato di uno strabiliante progresso scientifico, con una “sicurezza ed efficacia” che venivano garantite a priori, ma le evidenze che continuano a emergere, spesso e volentieri ignorate dai media mainstream, testimoniano una realtà opposta. Spesso mi viene contestato che queste siano “mie opinioni personali”. Per evitare tali critiche semplicistiche, tutto ciò che verrà riportato in questo articolo sarà supportato da solide prove scientifiche. Questo servirà a dimostrare alcune importanti lacune nella sicurezza di questi prodotti farmaceutici, nonché la superficialità con cui sono stati distribuiti a miliardi di persone, inclusi donne in stato di gravidanza e neonati.
Non è noto l’esatto contenuto delle fiale
È stato dimostrato che i vaccini a mRNA di Pfizer/BioNTech e Moderna contengono elevati livelli di contaminazione da DNA plasmidico residuo. Un studio pubblicato il 28 dicembre 2024, condotto presso il campus della Food and Drug Administration (FDA) di White Oak da studenti sotto la supervisione di scienziati dell’agenzia, ha rilevato livelli di DNA residuo in una singola dose da 6 a 470 volte superiori ai limiti accettabili fissati dalla FDA stessa (10 ng/dose)3. Inoltre, sono state rilevate sequenze di DNA dell’oncovirus Simian Virus 40 (SV40). Considerando la potenziale capacità del DNA a doppio filamento di integrarsi nel genoma dell’organismo ospite, è sconcertante che questa contaminazione sia stata scoperta solo dopo che miliardi di dosi sono già state somministrate. Non è forse questa una grave negligenza?
Come ha spiegato il Prof. Buckhaults durante l’audizione al Senato della Carolina del Sud il 15 settembre 2023, la contaminazione da DNA deriva dal processo di produzione, che prevede l’uso di vettori plasmidici nei quali viene clonato il gene che codifica la proteina spike4. Dopo la trascrizione in mRNA tramite RNA-polimerasi, i produttori hanno scelto di utilizzare DNasi per frammentare il DNA plasmidico in piccoli pezzi, al fine di eliminarlo. Tuttavia, come ha dichiarato il Prof. Buckhaults, frammentando il DNA hanno aumentato la probabilità che questi frammenti si integrino nel genoma dell’ospite, dato che vengono moltiplicati i potenziali siti d’integrazione. Inoltre, la presenza randomica di questi frammenti di lunghezza variabile, rende praticamente impossibile definire l’esatto contenuto delle fiale. Non è forse una grave irresponsabilità “aver cercato di nascondere la polvere sotto il tappeto”, provando a eliminare il DNA spezzettandolo, senza aggiungere un’adeguata fase di purificazione nel processo produttivo e senza testare i potenziali effetti genotossici di queste specie contaminanti?
Non è noto se la proteina spike viene sintetizzata correttamente, e quali sottoprodotti proteici derivano dalla traduzione dell’mRNA vaccinale
La scelta di utilizzare la N1-metilpseudouridina al posto dell’uridina, per migliorare la stabilità del materiale genetico vaccinale all’interno delle cellule (scoperta per la quale è stato assegnato il Premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina 2023 a Katalin Karikó e Drew Weissman), può causare un frameshift durante la lettura del messaggio genetico, alterando la sequenza di aminoacidi prodotta e generando una forma della proteina spike troncata o proteine anomale5. Di conseguenza, a causa di questo meccanismo, descritto nello studio di Mulroney e coautori pubblicato su Nature, non è possibile determinare con precisione quali specie proteiche vengano effettivamente prodotte, né prevedere con certezza i loro potenziali effetti all’interno della cellula.
Non è noto dove si distribuisce il materiale genetico vaccinale all’interno del corpo
Tre anni fa ho cercato di avvertire la comunità scientifica sui rischi della distribuzione del materiale genetico vaccinale oltre il sito d’iniezione, ipotizzando per la prima volta nella letteratura scientifica il meccanismo infiammatorio autoimmune responsabile della miocardite indotta dalla vaccinazione6. Il meccanismo descritto in quella pubblicazione, inizialmente etichettata come disinformazione dall’apparato diffamatorio, si è successivamente dimostrato reale. Tuttavia, le campagne vaccinali indiscriminate sono proseguite senza sosta, causando numerose reazioni avverse dovute alla biodistribuzione incontrollata del materiale genetico vaccinale7. Il tragico caso di una ragazza giapponese di 14 anni, morta per infiammazione autoimmune multiorgano due giorni dopo la terza dose del vaccino Pfizer/BioNTech, è emblematico di questo fenomeno8. I dati istopatologici mostrano infiltrazione di linfociti infiammatori nel cuore, polmoni, fegato, reni, diaframma, stomaco, duodeno e vescica. Chi si scuserà con i genitori della sfortunata ragazza giapponese che ha perso la vita prematuramente a causa della grave negligenza di un sistema che l’ha indotta a vaccinarsi con un prodotto farmaceutico non adeguatamente testato, contro un’infezione che nella sua fascia d’età aveva lo 0.0003% di mortalità9? Perché non sono stati effettuate valutazioni razionali del rapporto beneficio/rischio per fascia d’età?
La cosa più sconcertante è che i produttori e le agenzie regolatorie erano consapevoli del rischio di biodistribuzione oltre il sito d’iniezione, come dimostra il report di valutazione dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), basato sullo studio Pfizer n° 185350 condotto su ratti10, che a pagina 47 afferma chiaramente: «In 48 ore, la distribuzione dal sito di iniezione alla maggior parte dei tessuti si è verificata» (Figura 1).

Dunque, sia i produttori, sia le agenzie regolatorie, erano a conoscenza di tale rischio e nonostante ciò, hanno ignorato completamente il problema, inoculando miliardi di persone con questi prodotti.
Lo studio di Hanna e coautori dimostra che il materiale genetico vaccinale può diffondersi nell’organismo, entrando non solo nella circolazione sistemica, ma anche nelle secrezioni corporee, come il latte materno11. Milioni di donne in stato di gravidanza sono state vaccinate con i prodotti farmaceutici a mRNA, escludendo a priori la possibilità che il materiale genetico vaccinale potesse attraversare la placenta e raggiungere il feto. Tuttavia, lo studio di Chen e coautori ha recentemente evidenziato nei topi, la permeabilità della placenta all’mRNA-1273 (Moderna) e l’attivazione di una risposta immunogena nel feto12.
Per quale motivo gli studi sopracitati sono stati condotti solo dopo che milioni di donne in stato di gravidanza erano già state inoculate, senza che fosse garantita loro la possibilità di fornire un reale consenso informato?
Non è noto per quanto tempo il materiale genetico vaccinale persiste nelle cellule, continuando a indurre la sintesi della proteina spike
L’articolo scientifico che finora ha fornito i risultati più agghiaccianti sulla prolungata sintesi della proteina spike vaccinale è lo studio del Prof. Shigetoshi Sano e coautori, che descrive il caso di una donna di 53 anni che ha sviluppato lesioni vescicolo-papulari sul braccio e papulonecrotiche sulle gambe dopo la terza dose del vaccino di Pfizer/BioNTech13. Attraverso analisi immunoistochimiche delle lesioni, la proteina spike vaccinale è stata rilevata nei cheratinociti dello strato corneo e nella parte interna dell’epidermide, fino a 15 mesi dopo la vaccinazione. Gli autori concludono che un fenomeno del genere può essere spiegato da una prolungata persistenza del materiale genetico vaccinale, o ancor peggio, dalla sua integrazione nel genoma delle cellule dell’epidermide della paziente. Per brevità, non elencherò tutti gli studi istopatologici che dimostrano la sintesi prolungata della proteina spike, ma vi assicuro che ne esistono ormai diversi. L’importanza degli studi istopatologici risiede nella loro chiarezza, che non lascia spazio a interpretazioni diverse rispetto a ciò che avviene nei tessuti dell’organismo. È possibile individuare la proteina spike vaccinale e ci sono test immunoistochimici che permettono di distinguerla da quella derivante dall’infezione da SARS-CoV-2. Nonostante queste prove scientifiche, la narrativa ufficiale continua imperterrita e addirittura enti pubblici che svolgono il ruolo di organo tecnico-scientifico del Servizio Sanitario Nazionale, come l’Istituto Superiore di Sanità riportano ancora che il l’mRNA dei vaccini «si degrada entro pochi giorni dalla vaccinazione» (Figura 2).

Non è nota l’effettiva efficacia della vaccinazione nel prevenire l’infezione da SARS-CoV-2
Infine, va considerato che tutti i rischi di gravi effetti avversi sopracitati si corrono per ricevere dei vaccini genetici la cui protezione non solo diminuisce nel tempo, ma può addirittura diventare negativa, com’è stato ormai ampiamente dimostrano da diversi studi retrospettivi di coorte14-16 .
I dati emersi dagli studi sopracitati confermano teorie che in passato venivano liquidate come deliranti speculazioni di lunatici e complottisti. Eppure, l’industria farmaceutica è rimasta talmente soddisfatta dalle piattaforme vaccinali a mRNA “1.0”, che ha deciso di andare oltre, implementando le piattaforme “2.0” autoreplicanti, come nel caso del Kostaive®. Tuttavia, per quanto riguarda le piattaforme autoreplicanti, oltre alle significative lacune già emerse nelle precedenti piattaforme a mRNA (lacune che non sono state adeguatamente testate, né risolte) esistono purtroppo ulteriori incognite che potrebbero aggravare i loro effetti sulla salute.
Non è nota la dose dell’mRNA autoamplificato
Solitamente, nei farmaci, la dose somministrata al paziente viene indicata chiaramente, poiché è direttamente correlata all’effetto terapeutico desiderato. Nel caso del Kostaive®, non è stato ancora definito con precisione l’effetto di amplificazione che si verifica all’interno delle cellule. Di conseguenza, non è possibile stimare con esattezza la dose effettiva, la quale può variare significativamente da cellula a cellula, da tessuto a tessuto (dato che non sono stati effettuati studi di farmacocinetica) e da individuo a individuo, in funzione della fisiologia delle cellule esposte al prodotto farmaceutico.
Non è stata testata la potenziale diffusione di mRNA autoreplicante tramite vescicole extracellulari
Secondo le conoscenze scientifiche attuali, un eccessivo accumulo intracellulare di mRNA, induce la cellula, tramite meccanismi di autodifesa, a eliminarlo incapsulandolo in nanovescicole (come esosomi e vescicole extracellulari) che vengono rilasciate nello spazio extracellulare. Lo studio di Bansal e colleghi ha dimostrato un meccanismo analogo per la secrezione di esosomi contenenti la proteina spike vaccinale, rilevati nel sangue da due settimane fino a quattro mesi dopo la vaccinazione17. Dunque, secondo questo meccanismo, nanovescicole contenenti mRNA autoreplicante potrebbero diffondersi in vari tessuti, e propagarsi tra individui di specie diverse tramite vie respiratorie o scambio di liquidi biologici. Questa possibilità è stata ampiamente discussa nel recente studio del Dr. Maurizio Federico, dirigente dell’Istituto Superiore di Sanità18.
Conclusioni
Alla luce degli aspetti allarmanti e delle numerose domande ancora senza risposta legate alla sicurezza di queste piattaforme vaccinali, inserire il Kostaive® nel Sistema Sanitario Nazionale italiano non rappresenta in alcun modo una decisione prudente. Per questo motivo, il 6 giugno scorso, l’Associazione di Studi e Informazione sulla Salute (AsSIS) ha presentato formale istanza a EMA e AIFA (i) chiedendo l’accesso completo alla documentazione tecnico-scientifica approvata dalle due agenzie; (ii) sollecitando la sospensione cautelare immediata dell’AIC per Kostaive®, ai sensi dell’art. 21-quinquies della Legge 241/90; e (iii) richiamando le autorità regolatorie al rispetto del principio di precauzione, per evitare conseguenze irreversibili sulla salute pubblica19. Inoltre, l’avvocatessa Renate Holzeisen ha recentemente presentato un ricorso presso il tribunale dell’Unione Europea contro l’autorizzazione e l’immissione in commercio del vaccino a mRNA autoreplicante. Il ricorso contesta la decisione della Commissione Europea e dell’EMA, sottolineando gravi preoccupazioni legate alla sicurezza, alla mancanza di studi indipendenti e alle possibili conseguenze biologiche e ambientali del nuovo vaccino20.
Come ho scritto nella parte introduttiva, i vaccini genetici contro la COVID-19 sono stati ostentatamente presentati al pubblico come un prodotto scientifico all’avanguardia, come l’ultima frontiera della vaccinologia. Al contempo, chiunque abbia sollevato dubbi o perplessità è stato spesso etichettato come lunatico, complottista, antiscientifico e svariati altri aggettivi utilizzati abilmente dall’impianto di diffamazione. Tuttavia, la novità di per sé non costituisce garanzia di sicurezza ed efficacia. Un’automobile, per esempio, per quanto tecnologica e innovativa deve comunque superare rigorosi test di sicurezza. Sarebbe prudente mettersi al volante di un’automobile senza impianto frenante, per quanto accattivante e all’avanguardia essa appaia? In modo analogo, come ha ammesso l’EMA «in 48 ore, la distribuzione dal sito di iniezione alla maggior parte dei tessuti si è verificata», apparentemente senza freno. Di fronte alle gravi negligenze elencate in questa analisi, qualcuno potrebbe cercare vacillanti giustificazioni, sostenendo che durante l’emergenza sanitaria pandemica non c’era tempo per effettuare test di sicurezza approfonditi, dato che le terapie intensive erano sature e il sistema sanitario stava per collassare. Tuttavia, poiché l’emergenza COVID-19 è ormai terminata, non sussiste più alcuna giustificazione per decisioni prese in modo affrettato.
Post Scriptum: Chiunque desideri confutare i dati presentati in questo articolo, basati su rigorosi studi scientifici sottoposti a revisione paritaria, è invitato a fornire risposte solide e documentate (possibilmente per iscritto, come sto facendo io) alle seguenti domande legittime, finalizzate non ad alimentare teorie antiscientifiche, ma ad approfondire aspetti fondamentali riguardanti la sicurezza delle piattaforme vaccinali a mRNA:
- Qual è l’esatto contenuto delle fiale dei vaccini genetici, e tale contenuto è identico da fiala a fiala? Oppure, l’esistenza delle eterogenee contaminazioni da DNA plasmidico, rende impossibile definire con esattezza la composizione molecolare di ogni fiala?
- Esiste la garanzia, che il materiale genetico vaccinale, o prodotti di contaminazione derivati dal processo di produzione, non interagiscano in alcun modo con il genoma delle cellule dell’organismo ospite?
- Quali specie proteiche vengono sintetizzate durante la traduzione dell’mRNA, considerando il fenomeno del frameshift e quali effetti possono avere nella cellula?
- Dopo l’inoculazione, il materiale genetico vaccinale rimane localizzato nel sito d’iniezione o può raggiungere altri tessuti dell’organismo? In tal caso, quali tessuti possono essere coinvolti e con quali effetti?
- Qual è la durata della persistenza del materiale genetico vaccinale nelle cellule e, di conseguenza, per quanto tempo continua l’induzione della sintesi della proteina spike? Come si giustifica la sintesi della proteina spike anche a più di un anno dalla vaccinazione, riscontrata in alcuni pazienti?
- Qual è l’efficacia e la durata della protezione conferita dalla vaccinazione nel prevenire l’infezione da SARS-CoV-2?
- Qual è la quantità esatta di mRNA che agisce all’interno dell’organismo nel caso di Kostaive®, tenendo conto dell’effetto di autoreplicazione?
- È stata adeguatamente valutata la potenziale diffusione dell’mRNA autoreplicante tramite vescicole extracellulari?
Elenco citazioni bibliografiche:
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Complimenti per l’articolo e che dire.. è sempre più evidente l’efferatezza degli attacchi che si stanno compiendo contro l’Essere Umano, sul campo di guerra nei Paesi “sacrificabili” e con attacchi più sofisticati, prima al pensiero e poi al corpo, nei Paesi meno inclini alla guerra.