martedì 20 Maggio 2025

Mottola, dieci cittadini identificati per aver cantato “Bella Ciao”

Dieci cittadini sono stati identificati dai carabinieri per aver intonato i canti della Restistenza, tra i quali Bella Ciao Fischia il Vento, durante le celebrazioni per l’80° anniversario della Liberazione. I fatti sono avvenuti a Mottola, in provincia di Taranto, lo scorso 25 aprile, ma hanno avuto una eco più ampia solamente negli scorsi giorni. L’intervento dei militari è avvenuto in nome della «sobrietà» invocata a seguito della morte di Papa Francesco dal governo Meloni, che aveva disposto cinque giorni di lutto nazionale in cui ricadevano anche i festeggiamenti del 25 aprile. Il caso ha sollevato una polemica nazionale, coinvolgendo istituzioni, politica e forze dell’ordine.

Tutto si è consumato in pochi minuti, al termine dell’inno di Mameli suonato dalla banda musicale cittadina. Un gruppo di manifestanti ha chiesto che venissero eseguiti anche i tradizionali inni partigiani, ma la richiesta è stata respinta, sia dalla banda sia dai rappresentanti comunali, per via delle raccomandazioni ricevute. Quando i cittadini hanno comunque iniziato a cantare, un maresciallo dei carabinieri è intervenuto ordinando di smettere e, di fronte al rifiuto dei presenti, ha proceduto con l’identificazione di dieci di loro. Per questi ultimi si profila ora l’ipotesi di denuncia per inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. Accanto ai manifestanti si è sin da subito schierato anche il vicesindaco Giuseppe Scriboni, che quel giorno rappresentava l’amministrazione comunale al posto del primo cittadino Giampiero Barulli, influenzato. «È inimmaginabile che qualcuno possa impedire di cantare una canzone – ha detto – Prima che il corteo iniziasse, io stesso ho invitato i presenti a essere sobri ma non mi sarei mai sognato di vietare una cosa del genere».

La vicenda ha subito valicato i confini del comune jonico, raggiungendo i palazzi della politica nazionale. Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana e parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra, ha annunciato un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno: «È un episodio surreale e gravissimo: mi chiedo se il maresciallo dei carabinieri che ha denunciato 10 cittadini accusati di aver voluto cantare “Bella Ciao” e “Fischia il Vento” sappia che per liberare l’Italia dai nazisti e dai loro servi fascisti l’Arma dei Carabinieri ha perso quasi tremila uomini – ha dichiarato -. Non comprendiamo perché i suoi superiori non siano ancora intervenuti per sospenderlo dal servizio». In difesa del maresciallo è invece intervenuto il segretario regionale di Unarma, Nicola Magno, che ha evidenziato come i militari si siano attenuti scrupolosamente alle direttive ricevute, operando «nel quadro delle disposizioni prefettizie o di pubblica sicurezza». Magno ha poi criticato le affermazioni del vicesindaco Scriboni, definendole un «tentativo inaccettabile di scaricare su chi serve lo Stato il peso di una gestione poco chiara degli eventi istituzionali da parte delle autorità locali».

A seguito della morte di papa Francesco, avvenuta lo scorso 21 aprile, il governo Meloni ha decretato, in sede di Consiglio dei ministri, cinque giorni di lutto nazionale (il periodo più lungo mai deliberato) a partire dal 22 e fino al 26 aprile. L’esecutivo ha invitato a «svolgere tutte le manifestazioni pubbliche in modo sobrio e consono alla circostanza». Inclusa, dunque, la festa della Liberazione dal fascismo del 25 aprile. Molti sindaci hanno così colto l’invito governativo alla “sobrietà” per cancellare o ridimensionare le celebrazioni: da nord a sud, Comuni di ogni colore politico hanno annunciato rinvii, annullamenti e restrizioni, con cortei sospesi, musica bandita e manifestazioni ridotte all’osso.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

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