sabato 7 Dicembre 2024

In Italia migliaia di sindacalisti sono sotto indagine per le proteste nella logistica

Negli ultimi dieci anni, almeno 4.000 sindacalisti e lavoratori del settore della logistica sono stati indagati o processati in Italia per azioni legate a scioperi e manifestazioni. Lo rivela uno studio dell’avvocato Eugenio Losco, specializzato in difesa sindacale, che dal 2016 ha registrato circa 3.000 casi solo in alcune aree del Nord, tra Milano, Piacenza e altre province. A livello nazionale il dato è ancora più alto, con 500 denunce solo in Emilia-Romagna e 200 casi nel distretto tessile tra Firenze, Prato e Pistoia dal 2018. Le denunce, significativamente aumentate con il decreto Salvini del 2018, spesso contestano reati come la violenza privata, nonostante i tribunali abbiano riconosciuto la maggior parte delle azioni come legittime e pacifiche. Nel frattempo, preoccupano le implicazioni del nuovo Ddl Sicurezza, che inasprisce gli strumenti repressivi contro i sindacati.

«Dal 2016 ad oggi, ho seguito circa 300 procedimenti che riguardano scioperi dove vi è stata, in media, almeno la presenza di 10 lavoratori», racconta a L’Indipendente l’avvocato Eugenio Losco. «Ancora oggi, per questioni relative all’attività dei sindacati di base, ne sono in corso decine e decine e, personalmente, sono impegnato in circa tre o quattro udienze alla settimana». Numeri che testimoniano uno scenario sempre più preoccupante. «Da quando seguo il sindacato di base, registro che ogniqualvolta viene effettuato sciopero, vi è la presenza davanti ai cancelli dell’azienda di un gran numero di agenti di polizia che controllano in maniera minuziosa quel che accade. Quasi sempre segue la contestazione di un reato: il più delle volte viene contestato ai partecipanti il fatto di non aver fornito alla questura il preavviso della manifestazione, dunque una violazione dell’art. 18 del T.U.L.P.S., e quasi sempre la violenza privata, art. 610 del codice penale, reato che tutela le persone di fronte a un impedimento da parte di altre persone che deve essere effettuato con violenza o minaccia», spiega l’avvocato. Il quale evidenzia come in realtà, ad eccezione di quanto accade nel settore dei servizi pubblici essenziali, «non è necessario un atto formale di proclamazione dello sciopero», che nella quasi totalità dei casi «viene svolto in forma pacifica, attraverso il blocco delle merci e un’attività di picchettaggio».

Il quadro legislativo rischia di irrigidirsi ulteriormente con il Ddl 1660, attualmente in discussione al Senato. Il disegno di legge prevede infatti pene più severe per il blocco stradale, trasformandolo da illecito amministrativo a reato penale, con sanzioni fino a due anni di carcere. Inoltre, il Ddl introduce l’uso ampliato di strumenti come i fogli di via e il Daspo urbano, che potrebbero essere utilizzati per allontanare i leader sindacali dalle aree di manifestazione. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha giustificato tali misure come necessarie per tutelare gli interessi delle imprese. Tuttavia, giuslavoristi e sindacati temono che queste disposizioni rappresentano un ulteriore ostacolo alla libertà di sciopero, soprattutto per i lavoratori migranti, già penalizzati da difficoltà burocratiche legate al rinnovo dei permessi di soggiorno in caso di denunce penali.

«Il diritto allo sciopero è espressamente previsto dalla Costituzione, dunque non si comprende perché le autorità procedano in questo modo ogni volta che si verifica uno sciopero nel settore della logistica», dice Losco. «È evidente che l’attività di picchettaggio dia fastidio e che lo sciopero crei un disagio alla produzione nelle ore in cui i lavoratori si fermano; è vero che la Carta garantisce il diritto all’attività imprenditoriale, ma questo, come ci spiegano molte sentenze, viene leso solo quando lo sciopero crea un danno strutturale e permanente all’attività dell’azienda, non quando esso è circoscritto a un breve lasso temporale – afferma il legale -. Ergo, il diritto di sciopero non lo intacca, così come, se non è esercitata violenza o minaccia durante l’azione, non lede nemmeno l’integrità fisica. Nonostante questo, si procede in maniera sistematica contro queste persone». Per quanto concerne queste ipotesi di reato, conclude Losco, «nel 90% dei casi abbiamo avuto procedimenti assolutori», aggiungendo che «è proprio grazie alla lotta dei sindacati di base che questi lavoratori hanno riconosciuto negli ultimi anni diritti importantissimi e il loro salario è aumentato: stiamo parlando di persone che 10-15 anni fa vivevano quasi in una forma di schiavismo. Una situazione che ora, quasi ovunque, è fortunatamente cambiata».

[di Stefano Baudino]

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1 commento

  1. Se non erro i lavoratori italiani hanno perso mediamente negli ultimi trent’anni circa 1000 euri/anno mentre i lavoratori tedeschi ne hanno guadagnati 10000 in più (dati epurati dall’ inflazione). E sempre se non vado errato l’ abolizione della scala mobile risale a trent’anni fa a cui seguì l’ introduzione delle fasce protette cosa che in Germania non è avvenuta. E se non vado errato una trentina di anni fa a capo dell’ allora piu’ forte sindacato in assoluto c’era un certo Luciano Lama, che raccontava ai lavoratori come mio padre, socialista convinto, che la scala mobile era un dispositivo obsoleto e che bisognava restare al passo coi tempi …

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