sabato 7 Dicembre 2024

“Alejandro vive”, una storia di resistenza nell’Amazzonia ecuadoriana

«Alejandro vive, la lucha sigue», si legge su un cartello alla conferenza stampa indetta per lanciare la «marcia per la pace, la giustizia e la vita» in onore di Alejandro Lapo, leader sociale di Patria Nueva, e di altre tre persone uccise il 5 ottobre nell’alta Amazonia ecuadoriana. Il fatto è accaduto nel quasi totale silenzio della stampa nazionale e internazionale. Víctor Gómez Barragán, giornalista di Radio Sucumbios, mezzo di comunicazione comunitaria, quella sera è stato tra i primi ad arrivare sul luogo e con l’aiuto di alcuni testimoni ha ricostruito l’accaduto. Verso le 7 di sera due persone in moto hanno ucciso due delle vittime, sparandole mentre si trovavano in strada all’inizio del paese, per poi dirigersi verso un parco dove era in corso una riunione. Lì hanno sparato in aria creando confusione, mentre una terza persona armata, che stava partecipando all’incontro, ha ucciso altri due uomini e ha ferito una donna.

In un territorio dove le morti per sicariato sono quotidiane, legate maggiormente alla disputa territoriale tra gruppi criminali e cartelli della droga, la notizia passa quasi inosservata. I media mainstream la commentano come parte dell’ondata di violenza attraversata dal paese, arrivando a descrivere Alejandro come possibile leader di una banda criminale. Sono in pochi a domandarsi come sia possibile che in una piccola comunità contadina, in cui non erano mai state consumate violenze di questa portata, sia potuto avvenire il fatto. Etichettare l’accaduto come atto di sicariato non è sufficiente, è necessario domandarsi chi è il mandante di queste morti.

Patria Nueva è una piccola comunità nel distretto General Farfan, situata vicino a Lago Agrio e a pochi kilometri dalla frontiera con la Colombia. I suoi abitanti vivono di agricoltura e allevamento, non hanno accesso ad a un sistema di acqua potabile e fanno affidamento agli affluenti del fiume San Miguel. Nel 2020 l’impresa canadese Gran Tierra Energy si è interessata a questo territorio, il cui sottosuolo è ricco di petrolio, e ha presentato una valutazione di impatto ambientale alle comunità interessate, che per legge dovrebbe essere seguita da un processo di consulta libera, previa e informata. Gli abitanti hanno tuttavia riscontrato delle fallacie e delle omissioni nei dati presentati, volte a sottostimare l’impatto dell’apertura di nuovi pozzi petroliferi, ma, nonostante ciò, la compagnia ha ottenuto le licenze estrattive da parte dello Stato ecuadoriano. Per questo nel 2021 in tutta l’area di General Farfan è nato un movimento di resistenza contro l’ingresso della compagnia. Sono seguiti alcuni anni di resistenza, durante i quali diverse persone hanno denunciato pressioni e minacce da parte della compagnia, e in cui si sono verificati diversi episodi di violenza ai danni delle persone coinvolte nella lotta.

Come nella comunità di Santa Marianita, limitrofa a Patria Nueva, dove nel settembre del 2023, durante l’occupazione di una strada per l’impedimento dell’ingresso dei mezzi della compagnia nella stazione petrolifera, la polizia è intervenuta in difesa dell’impresa reprimendo il presidio con un fitto lancio di lacrimogeni ad altezza uomo. Nonostante ciò, dopo poco tempo la comunità di Santa Marianita ha deciso di negoziare. La resistenza a Patria Nueva è continuata per qualche mese, finché nel marzo del 2024 si è raggiunto anche qui un accordo con Gran Tierra Energy. Il presidente della comunità di quel periodo raccontava che, tenendo conto delle grosse difficoltà economiche e della mancanza di occupazione lavorativa, risultava molto duro continuare a far fronte alle pressioni che arrivavano da parte della compagnia. Sicuramente la resistenza ha contribuito al raggiungimento di una negoziazione che risultasse accettabile per la comunità, infatti nella maggior parte delle situazioni analoghe in questi territori, e in assenza di una resistenza, i benefici per la comunità sono miseri. In un articolo per Earth Journalism Network, il giornalista Francesco Torri approfondisce bene tutti i passaggi di questo processo.

Funerali delle vittime di Patria Nueva, In questa foto è in primo piano la foto della vittima Alejandro Lapo

La compagnia però non stava rispettando gli accordi presi, pertanto la comunità ha ricominciato ad organizzarsi per pretenderne l’adempimento, con grande spinta da parte di Alejandro Lapo, che viene ricordato come leader di questa resistenza. Vengono fatti scioperi e blocchi stradali, come quello del 5 ottobre, organizzato perché la compagnia stava utilizzando una strada non abilitata al traffico di mezzi pesanti per il trasporto di autocisterne piene di petrolio. In quella giornata Alejandro ebbe un ruolo fondamentale nell’incitare la comunità a prendere parte all’azione, a cui parteciparono anche altre due delle vittime. I rappresentanti di Gran Tierra Energy quella stessa giornata contattano il governatore della provincia, che decide di convocare il lunedì successivo una riunione con la compagnia per trovare una mediazione al conflitto. Nella serata del 5 ottobre il presidente di Patria Nueva organizza una riunione con la comunità per prepararsi al confronto di lunedì. È questo lo scenario in cui Alejandro e i suoi compagni vengono uccisi.

Víctor racconta come ora la comunità si trovi in uno stato di timore. Il presidente di General Farfan si è trovato obbligato ad allontanarsi dalla comunità per la propria sicurezza, ma questo non ha fermato alcune e alcuni abitanti che, appoggiati da diverse organizzazioni e collettivi, hanno organizzato la già citata marcia nella vicina cittadina di Lago Agrio. La famiglia Lapo ha inoltre depositato una denuncia presso la procura, che si troverà così obbligata a procedere con l’indagine.

In un territorio in cui la devastazione ambientale legata all’estrattivismo petrolifero va avanti dal 1967, quando la compagnia petrolifera Texaco trivellò il primo pozzo, le comunità si trovano ancora obbligate a lottare per una vita degna. La negligenza delle compagnie comporta continui sversamenti di petrolio e altre sostanze tossiche nell’ambiente – in Ecuador se ne contano 2 ogni settimana, afferma la Union De Afectados por las operaciones petroleras de Texaco – contaminando irrimediabilmente il suolo e i fiumi che sono fondamentali per la sopravvivenza delle comunità. Le azioni legali e le vittorie a favore delle comunità e della natura valgono poca cosa, in un paese con un livello molto alto di inadempienza da parte del potere esecutivo. Per questo sempre più persone, impossibilitate a continuare a lavorare di agricoltura, e non avendo più accesso all’acqua potabile, finiscono per lavorare per queste stesse compagnie. Altre invece, come Alejandro Lapo e i suoi compagni, decidono di battersi per la vita e per la terra.

[di Marta Cabras]

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