venerdì 13 Dicembre 2024

Valsusa: i No TAV abbattono le barriere e riconquistano il presidio di San Giuliano

Dopo lo sgombero di due settimane fa dello storico presidio di San Giuliano, andato in scena a causa degli espropri in corso in Val di Susa per la realizzazione della TAV, il popolo valsusino prosegue la sua battaglia. Se da un lato è partita una causa legale contro gli espropri, dall’altro la lotta continua sul “campo”. Ieri, un nutrito gruppo di manifestanti ha infatti abbattuto le barriere di sicurezza che erano state messe attorno ai terreni espropriati, riprendendo di fatto il possesso del presidio. «Cedere di fronte al sopruso vorrebbe dire rinunciare alla propria dignità e alla propria libertà di autodeterminazione», aveva scritto in un comunicato il giorno prima il Movimento No Tav, esprimendo solidarietà alle persone colpite dagli espropri.

Il presidio di San Giuliano era stato sgomberato dalle forze dell’ordine nella notte tra domenica 6 e lunedì 7 ottobre, prima dell’inizio degli espropri – e quindi, secondo quanto denunciato dal Movimento, in un momento in cui le persone avevano «pieno diritto di stare nella loro proprietà». Esso sorge infatti sulla porzione di terreno dove dovrebbe sorgere la stazione internazionale dell’Alta Velocità di Susa. Con l’avvicinarsi dell’avvio della campagna di espropri, iniziata lo scorso 10 ottobre, gli attivisti avevano iniziato a presidiare in modo permanente la zona. Tuttavia, la polizia era riuscita a costringere i presenti ad andarsene e aveva delimitato la zona con i jersey e il filo spinato. Ieri, gli attivisti hanno abbattuto la recinzione in alcuni punti e appeso bandiere e striscioni No TAV. Sono gli stessi membri del Movimento a sottolineare l’importanza del presidio, spiegando che «era vissuto da mesi dai proprietari come luogo di incontro, di socialità e di discussione sul come poter far rispettare la regolarità delle procedure di esproprio ed eventualmente opporsi alle stesse, attraverso una pacifica resistenza volta a salvaguardare il territorio e la cittadinanza dalle terribili conseguenze che una eventuale cantierizzazione porterebbe a Susa e ai paesi vicini».

Le convocazioni dei 1.092 proprietari dei terreni soggetti a esproprio sono iniziate lo scorso 10 ottobre, con un ritmo di 156 al giorno. Il terreno era stato infatti acquistato collettivamente nel 2012 da attivisti provenienti da tutta Italia, quando già si ipotizzava la costruzione della stazione in quelle zone. Per realizzare le procedure riducendo al minimo la possibilità di protesta, le autorità hanno fatto installare alcune recinzioni e chiudere temporaneamente alcuni svincoli stradali al traffico. Il Movimento ha tuttavia fatto sapere di aver intenzione di ricorrere alle vie legali per reclamare la «legittima proprietà» del territorio, ritenendo «Telt autrice di furto nel caso spostasse o continuasse a rovinare le strutture mobili e le suppellettili che stanno su quel terreno», oltre a respingere «le pelose profferte di Telt di aiuto per il loro spostamento». Lo scorso 12 ottobre, centinaia di persone hanno manifestato a Susa contro la «devastazione ambientale» causata dai cantieri (che comprende «falde acquifere compromesse, disboscamento, cementificazione e annientamento di interi habitat naturali») e contro la grande opera.

[di Valeria Casolaro]

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