venerdì 11 Ottobre 2024

L’Unione Europea lancia un bando da 184 milioni per sorvegliare le frontiere con i droni

Frontex, l’agenzia per il controllo delle frontiere dell’UE, ha stanziato quasi 400 milioni per le gare d’appalto lanciate alla ricerca di tecnologie di sorveglianza delle frontiere, dei quali 184 milioni in droni e servizi di sorveglianza marittima. Si tratta di tre bandi e un progetto pilota, cui le imprese del settore devono rispondere entro il 2 settembre. Solo un mese fa, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen aveva promesso di lavorare per sigillare le frontiere esterne dell’UE, dopo le richieste presentate in tal senso a maggio e giugno da numerosi Stati membri. A luglio è arrivato il piano: triplicare il personale di Frontex (che dovrebbe così raggiungere le 30 mila unità) e nominare un commissario per il Mediterraneo, principale canale di transito dei migranti. Il tutto si pone in perfetta linea di continuità con l’entrata in vigore del nuovo patto UE sull’immigrazione, che punta principalmente sull’esternalizzazione delle frontiere e la repressione interna, favorendo respingimenti e rimpatri.

I bandi, pubblicati poche settimane fa, servono a mettere insieme le strumentazioni che servono a Frontex per rafforzare le proprie capacità militari e di controllo. È previsto un bando di 184 milioni per droni e servizi di sorveglianza marittima, uno da 19 milioni per apparecchiature di sorveglianza (inclusi i visori notturni) e un terzo da  186,5 milioni per le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC). Vi è poi un progetto pilota, dal valore di 3 milioni, per rifornire le frontiere terrestri di droni, da utilizzare in operazioni congiunte con la Bulgaria. Frontex vuole aeromobili capaci di viaggiare oltre i 200 km, con un autonomia di almeno 12 ore e una velocità di spostamento di 60 nodi, in grado di volare a un’altitudine compresa tra i 2500 piedi e i 4500. Questi dovranno controllare i mari e le coste, così da rendere necessarie meno guardie costiere e imbarcazioni Frontex in mare. Tradotto, significa utilizzare droni per avvisare le guardie costiere dei Paesi terzi di andare a riprendersi i migranti in viaggio, eludendo così anche l’obbligo di soccorrere le persone incontrate sulla rotta marittima durante i pattugliamenti notturni.

Di migrazione e lungo le frontiere, intanto, si continua a morire: l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha annunciato la settimana scorsa che sono oltre mille i morti e dispersi nel solo Mediterraneo centrale negli ultimi 7 mesi. Tuttavia, l’uso dei droni da parte di Frontex non è una novità: l’agenzia europea li utilizza infatti da anni ai confini esterni di Grecia, Italia e Malta. Nel 2018, Frontex li ha utilizzati per la prima volta a fini di sorveglianza e, nel 2019, i droni sono stati integrati nel sistema di sorveglianza delle frontiere aeree. Nel 2020, l’Agenzia aveva assegnato due contratti da 50 milioni ciascuno alla compagnia francese Airbus e alla società israeliana IAI per l’impiego di droni Heron, capaci di un’autonomia di 30 ore.

L’investimento attuale, tuttavia, supera di molto quelli precedenti: 184 milioni di spesa in 4 anni significano un aumento della spesa di circa il 30% all’anno. In questo modo, l’investimento europeo nel controllo e nella militarizzazione delle frontiere cresce sempre più, mentre la tecnologia viene posta al centro dell’attenzione anche nella strategia tecnica dell’agenzia per il quinquennio 2023-2027. Una tecnologia volta alla repressione a ai respingimenti.

[di Monica Cillerai]

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