sabato 5 Ottobre 2024

La Milano che lotta contro lo spreco alimentare

Secondo il Food Waste Index Report del 2024 a cura delle Nazioni Unite, durante il corso del 2022 nel mondo sono andate sprecate 1.050 milioni di tonnellate di cibo, delle quali il 19% di questo ancora edibile. Il 13%, inoltre, non è arrivato negli scaffali dei punti vendita, venendo scartato nella fase antecedente, quella del commercio all’ingrosso.
Secondo l’Osservatorio internazionale Waste Watcher dell’Ipsos, nel 2022 lo spreco settimanale di cibo vede in testa alle classifiche i nuclei familiari statunitensi, con una cifra che rasenta il chilo e 400 grammi a persona in una settimana, seguiti dalle famiglie cinesi e canadesi. Seppur lontani da questi numeri, in Italia il dato ammonta a 600 grammi circa a settimana, ovvero quasi 30 chili di cibo all’anno. È tra le mura di casa che avviene lo spreco maggiore, nel 2022 la percentuale media annua ha raggiunto il 60% dello spreco totale e in Italia e tra gli alimenti che settimanalmente finiscono nella pattumiera 100 grammi sono frutta e verdura. Se questo fenomeno è sotto gli occhi di tutti e ogni persona può impegnarsi, nel suo piccolo, a limitare gli sprechi, molte persone non immaginano ciò che accade prima che la merce arrivi sui banconi e tra gli scaffali di mercati e supermercati. 

Uno degli snodi principali in Europa del commercio ortofrutticolo è l’Ortomercato di Milano, un complesso che ospita la vendita di un milione di tonnellate l’anno di frutta e verdura, rifornendo l’Italia e numerosi paesi europei, ricevendo tutti i giorni merce da tutto il mondo. La struttura, attiva dal 1965 e gestita dalla SO.GE.MI, società per azioni che opera per conto del Comune di Milano, prevede per il 22 aprile del 2024 l’ampliamento e il rinnovamento dei suoi spazi, con l’obiettivo di tornare ad ospitare il mercato di prodotti freschi e carni, grazie all’inserimento di apposite celle frigorifere.

Pile accatastate di cibo in avanzo all’interno dell’Ortomercato di Milano

Il mercato è aperto tutti i giorni per la contrattazione e la vendita durante la mattina, dalle ore 5.00 alle 10.00; già lungo la via che porta all’edificio si incontrano numerosi venditori al dettaglio, che, terminato l’acquisto, percorrono a piedi con ingombranti carrelli il percorso che li porta verso i banconi delle proprie attività commerciali. Ma è verso le ultime ore del mattino che è possibile osservare l’enorme quantità di cibo invenduto, accatastato in alte pile agli angoli delle piazzole interne, destinata alla spazzatura; è in questo momento che entra in gioco RECUP.

Fondata ufficialmente nel 2016 da tre giovani milanesi, RECUP si occupa di ridare valore sociale a quel cibo che ha perso valore economico.  «Eravamo al mercato di Viale Papiniano a Milano e i due problemi principali erano le montagne di cibo classiche che si vedono a fine mercato e tanta gente che ci rovistava dentro; abbiamo provato a cambiare un po’ il processo» racconta Alberto Piccardo, uno dei fondatori. «Noi siam partiti da zero, dalla strada. Per evitare di far rovistare la gente nei rifiuti in maniera singola, abbiamo cercato di farci consegnare i prodotti dalle cassette (dai venditori), evitando così di infrangere la legge e di farlo in maniera comunitaria, in condivisione». Inizialmente l’associazione ha dovuto convincere i commercianti a farsi donare il cibo destinato alla spazzatura e far capire loro che questi prodotti non sarebbero stati venduti. I volontari e le volontarie coltivano con pazienza ed attenzione questi rapporti spesso delicati sui quali si fonda l’intero progetto. «Se un commerciante quel giorno non ha niente da donare, si sorride, si ringrazia, consci del fatto che quel giorno c’è stato meno spreco».

Tutti i giovedì, le volontarie e i volontari dell’associazione si incontrano alle 8.00 all’ingresso dell’Ortomercato e attraversando le differenti piazzole, si rivolgono ai commercianti informandosi sulla possibilità di ritirare il cibo invenduto, altrimenti destinato ad essere buttato; ormai, però, numerosi venditori conoscono l’associazione e si rivolgono direttamente ai volontari comunicando la presenza di cibo in avanzo. Nella giornata di giovedì 4 aprile, ad esempio, non appena giunti nel punto di smistamento destinato a RECUP, due giovani venditori ci hanno accolto indicando una decina di pile di cassette alte due metri pronte per essere smistate. 

Volontari di Recup smistano mandarini

La prima parte della giornata di lavoro prevede quindi la selezione di tutto il cibo ancora edibile ma non commercializzabile, dividendo le casse di zucchine, mandarini, insalata e tutto ciò che viene messo a disposizione dai venditori, le cassette di cibo vengono posizionate davanti all’ingresso della postazione destinata all’associazione, in attesa che varie entità locali procedano alla raccolta. Difatti RECUP collabora con una trentina di enti del terzo settore, tra i quali Croce Rossa Italiana, Pane Quotidiano, Caritas, Banco Alimentare della Lombardia, che, ogni giovedì, giungono per rifornirsi gratuitamente di tutto il cibo preselezionato da RECUP e procedere successivamente alla ridistribuzione nei confronti di chi ne ha bisogno. Inoltre, grazie alla collaborazione con enti comunali come Food Policy e i municipi della città, l’associazione riesce a rifornire con maggiore capillarità tutte quelle realtà che si occupano di ridistribuzione e assistenza all’interno del contesto cittadino.

Lo stesso procedimento non si limita all’Ortomercato di Milano, ma si estende a numerosi mercati rionali sia nel capoluogo lombardo, sia a San Donato Milanese, che a Roma. «Si ricrea una bancarella solidale e gratuita, dove la gente può venire non solo a prendere da mangiare, ma trovare anche delle figure con cui scambiare due chiacchiere¼ mi confida Alberto. Le mani dei volontari tastano con attenzione la frutta e la verdura intorno ad un tavolo, scartando gli alimenti ormai in decomposizione, o ammuffiti, mentre scambiano amichevolmente battute e chiacchiere. L’età non fa da deterrente, tutte e tutti collaborano, mostrando l’impegno e l’attenzione in un progetto che si fonda su una tripla funzionalità.

Se da un lato il lavoro di RECUP permette di intercettare un enorme quantitativo di cibo ormai escluso dal circolo della vendita, dandogli nuova vita e impattando così sulle percentuali degli alimenti  sprecati nel passaggio tra grossista e commercio al dettaglio, dall’altra parte questa attività si rivela come un’importante fonte di risparmio per quelle entità che si concentrano verso la fascia di popolazione che non ha la possibilità economica e sociale di avvicinarsi ad un mercato sempre più inflazionato e caro. Il circolo vizioso che si crea è letale: la sovraproduzione di generi alimentari non trova un canale che permette di soddisfare le esigenze di tutta la popolazione, non a causa, però, della carenza materiale di cibo, ma per degli standard di commerciabilità e prezzo, che, come conseguenza diretta, portano ad una produzione maggiore e ad un rispettivo spreco altrettanto elevato. Quest’attività, inoltre, non salvaguarda solo chi non ha la possibilità di accedere all’acquisto di generi alimentari, ma permette, grazie ad alcune iniziative aziendali, di far partecipare numerose impiegate ed impiegati a progetti di volontariato in collaborazione con RECUP.

«Da un paio d’anni stiamo lavorando con diverse aziende attraverso un progetto di volontariato aziendale per sensibilizzare le persone, portandole a toccare con mano cos’è lo spreco, vederlo con i propri occhi, aiutarci a selezionare e tornare a casa con una consapevolezza maggiore». Grazie a ciò RECUP ha coinvolto più di quaranta aziende e 800 volontari, contribuendo così enormemente alla missione dell’associazione. «Noi non vogliamo fare un’attività di assistenzialismo puro, ci interessa portare chi ha bisogno a vivere un momento di interazione sul mercato o un’azienda a sensibilizzarsi. Sfruttiamo lo spreco alimentare per arrivare a queste altre attività che hanno un impatto sulla vita quotidiana della società». Grazie a questo processo l’associazione riesce a entrare nel circuito di welfare aziendale e a ricevere così finanziamenti per la propria attività, insieme alla partecipazione a bandi di concorso, alle donazioni del 5×1000 e alla creazione di un progetto di fundraising e merchandising.

Cassette di cibo già smistato di fronte alla postazione di Recup

Se il lavoro di RECUP riesce a salvare enormi quantità di cibo, intercettando i carichi destinati automaticamente alla spazzatura e contribuendo, di conseguenza, al risparmio dell’acqua utilizzata per la rispettiva produzione, una grande fetta di questi prodotti hanno perso il loro valore edibile e devono essere necessariamente buttati. Ma, dalla fine del 2023, l’associazione è riuscita a trovare un partner grazie al quale è possibile dare vita ad un processo di totale economia circolare. 

«Se un tempo un buon 90% veniva redistribuito e il resto veniva buttato, da cinque, sei mesi lo consegniamo a Bef Biosystem, una startup che si occupa di trovare delle alternative alle classiche proteine animali e vegetali». Quest’azienda, con l’obiettivo di eliminare la farina di pesce e ridurre la soia dai mangimi, inserisce proteina utilizzando le larve di mosche soldato; quindi, dopo aver ricevuto e sanificato i carichi di cibo in decomposizione da RECUP, inserisce le larve neonate e le stesse, ormai mature, vengono vendute agli allevamenti agricoli dando vita ad un processo di trasformazione in farina proteica e cibo per animali. Oltre alla circolarità, questo lavoro permette di limitare le coltivazioni intensive e i processi di monocoltura.

Secondo il rapporto della FAO del 2023 The State of Food Security and Nutrition in the World, nel 2022 735 milioni di persone nel mondo hanno sofferto la fame, mentre 2,4 miliardi di persone vivono in uno stato di insicurezza alimentare; questi dati aumentano a causa della crisi climatica che sta drasticamente intervenendo su numerose zone del mondo, obbligando la popolazione a vivere sempre più frequenti carestie o a migrare verso luoghi ad alto tasso di concentrazione umana, dove la possibilità di accedere al diritto all’alimentazione appare ulteriormente ridotta. Per quanto questa situazione sia il risultato di politiche aziendali scellerate, fondate sullo sfruttamento intensivo del suolo, sul disboscamento e sulle monocolture, anche noi possiamo contribuire attraverso la consapevolezza a cambiare passo. Il lavoro delle volontarie e dei volontari di RECUP ci dimostra come rompere il circolo vizioso dello spreco, che secondo il Waste Watcher per le famiglie italiane è spesso causato da acquisti inutilmente eccessivi o da scarsa consapevolezza alimentare, non solo è utile al risparmio, ma contribuisce positivamente alla società e interviene sulla salvaguardia dell’ambiente. Quasi sempre questi prodotti vengono considerati “da buttare”, solo perché perdono la patina che li rende ancora appetibili sul mercato, ma che in realtà hanno ancora la possibilità di essere mangiati e condivisi. I volontari di RECUP l’hanno capito e lavorano per questo, ora davanti agli scaffali di un supermercato e tra le mensole dei nostri frigoriferi è arrivato il nostro turno.

[di Armando Negro]

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