sabato 27 Aprile 2024

Torino, la vittoria degli studenti: l’Università sospende la cooperazione con Israele

Ieri il Senato accademico dell’Università di Torino ha approvato una mozione con la quale rifiuta la partecipazione a un bando di collaborazione scientifica con gli atenei israeliani, facendo esplicito riferimento al conflitto in corso a Gaza. Il bando è stato promosso, da parte italiana, dalla Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese del Ministero per gli Affari Esteri e la Collaborazione Internazionale (MAECI), e, da parte israeliana, dal Ministero dell’Innovazione, Scienza e Tecnologia (MOST), e rientra all’interno di un accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra Roma e Tel Aviv. Con la mozione di ieri l’Università di Torino diventa così la prima università italiana a rifiutarsi di collaborare con omologhi enti di ricerca israeliani, e risponde alle richieste dei collettivi studenteschi, aderendo inoltre alla lettera firmata da oltre un migliaio di persone all’interno del mondo universitario italiano per chiedere al Ministro degli Esteri Antonio Tajani di sospendere il bando.

Nella mozione di ieri si legge che “il Senato accademico dell’Università ritiene non opportuna la partecipazione al bando del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, visto il protrarsi della situazione di guerra a Gaza”. Il bando in questione, con scadenza 10 aprile, è stato pubblicato alcune settimane fa sul sito del Ministero con l’obiettivo di finanziare progetti di collaborazione nella ricerca in ambito scientifico e tecnologico, toccando nel particolare i settori della tecnologia del suolo, della tecnologia dell’acqua e dell’ottica di precisione. Dopo la pubblicazione del bando, il personale accademico dell’Università di Torino ha aderito molto timidamente all’iniziativa, tanto che non pare fossero pervenute richieste di partecipazione da parte di alcun professore. A spingere a favore della mozione sono stati gli studenti dei collettivi Cambiare Rotta e Progetto Palestina, che hanno interrotto la seduta del Senato accademico in corso per chiedere all’organo accademico che venisse firmata una sospensione dell’accordo. Con la presenza degli studenti è stato così lanciato un appello perché si svolgesse una votazione in merito, in seguito alla quale il Senato accademico ha approvato quasi all’unanimità la mozione. In sede di voto ci sono infatti stati solo due astenuti e un voto contrario.

Non è la prima volta che il mondo universitario italiano prende posizione contro ciò che da mesi sta accadendo in Palestina. Dall’escalation del 7 ottobre, infatti,  sono sempre più le iniziative portate avanti da studenti, professori, ricercatori, e personale amministrativo per provare a chiedere alle istituzioni italiane di alzare la propria voce, e le università sono tornate al centro della vita politica del Paese. L’ultima proposta in tal senso è la lettera siglata ormai da 1.813 persone facenti parte degli organici degli atenei italiani, di cui 107 proprio di Torino. L’obiettivo di tale lettera è quello di “esercitare pressione sullo stato di Israele affinché si impegni al rispetto del diritto internazionale tutto, come è giustamente richiesto a tutti gli stati del mondo”, e con la piena adesione proveniente dalla mozione di ieri, l’Università di Torino rischia di fare da capofila a una serie di proposte analoghe.

[di Dario Lucisano]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Articoli correlati

5 Commenti

  1. Quando le forze intellettuali sono contarie alle linee governative in ambito di politica estera, questo è un segnale molto preoccupante. Sono prese di posizione che mostrano quanto il governo sia suddito di paesi stranieri e quindi dove possibile avviene una ribellione. Il tempo è giunto per poter alzare la testa, senza nessun richio che ci venga tagliata. Voui che gli americani , e quindi la Nato, ci attacchino per renitenza? Ormai son passati quasi cento anni da Yalta.

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria

Grazie per aver già letto

10 dei nostri articoli questo mese.

Chiudendo questo pop up potrai continuare la lettura.
Sappi però che abbiamo bisogno di te,
per continuare a fare un giornalismo libero e imparziale.

Clicca qui e  scopri i nostri piani di abbonamento e supporta
Un’informazione – finalmente – senza padroni.

ABBONATI / SOSTIENI