domenica 28 Aprile 2024

Inquinamento atmosferico, l’UE apre una nuova procedura d’infrazione contro l’Italia

Mercoledì 13 marzo, la Commissione Europea ha avviato un nuovo procedimento nei confronti dell’Italia, attraverso cui, evidenziando l’inosservanza della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea emessa nel 2020, potrà decidere di deferire Roma alla Corte, con la richiesta di irrogare sanzioni pecuniarie. La procedura di infrazione arriva per il mancato rispetto degli obblighi sulla qualità dell’aria e dà all’Italia due mesi di tempo per rispondere e colmare le lacune che sono state rilevate. Il procedimento avviato ieri si aggiunge al deferimento dello scorso giugno relativo al mancato rispetto della direttiva sulle acque reflue, lanciato dalla Commissione perché, nonostante i passi avanti, essa riteneva che gli sforzi portati avanti dalle autorità italiane fossero ancora “insufficienti” per far fronte al problema dell’inquinamento delle acque.

Il procedimento nei confronti dell’Italia è stato notificato con il pacchetto mensile di infrazioni riguardante il mese di marzo. Esso è stato lanciato ai sensi dell’Articolo 260 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea per il “continuo fallimento nel soddisfare il giudizio della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 10 novembre 2020”, con il quale la stessa Corte ha rilevato il mancato rispetto degli obblighi relativi alla Direttiva UE sulla Qualità dell’Aria. Questi si collocano all’interno del Green Deal Europeo, che con il suo obiettivo zero emissioni “richiede una piena implementazione degli standard della qualità dell’aria per proteggere efficacemente la salute umana e salvaguardare l’ambiente naturale”. Con la Direttiva sulla Qualità dell’Aria, l’UE obbliga gli Stati membri a rispettare i limiti di concentrazione degli agenti inquinanti come i particolati, adottando le dovute misure al fine di ridurre quanto più possibile la durata del periodo di superamento della soglia massima di valore stabilita. Nello specifico, secondo Bruxelles, malgrado il giudizio della Corte, nel 2022 in Italia erano presenti “ventiquattro zone” che superavano i valori limite giornalieri di concentrazione dell’inquinamento, mentre una zona superava i limiti annuali.

La procedura di infrazione sulla qualità dell’aria va ad aggiungersi a una già avviata procedura relativa alla qualità delle acque, notificata all’Italia a giugno 2023. Questa era già stata avanzata a Roma in un primo momento nel mese di giugno 2018, per poi venire richiamata a luglio 2019. Con il pacchetto di sanzioni di ieri, la Commissione ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea a causa del fallimento nel soddisfare i requisiti della Direttiva sul Trattamento delle Acque Reflue Urbane. Questa punta a “proteggere la salute delle persone e l’ambiente, richiedendo che le acque reflue urbane vengano raccolte e trattate prima di venire scaricate nell’ambiente”. Secondo la Commissione, l’Italia ha mancato di adempiere agli obblighi previsti dalla Direttiva in 179 agglomerati, mentre in altri 36 deve ancora venire messo a punto un sistema di raccolta delle acque; in altri 142 agglomerati, l’Italia non riesce ancora a trattare correttamente l’acqua che viene raccolta, e in 12 di essi le acque vengono scaricate in aree sensibili; infine, in 165 agglomerati, l’Italia non riesce a monitorare in maniera soddisfacente che le acque scaricate rispettino, “nel tempo, le condizioni di qualità richieste”.

Le notifiche di procedura arrivate ieri dal pacchetto di sanzioni mensile della Commissione Europea non fanno che convalidare un problema radicato in Italia, a tal punto che pare assumere un carattere strutturale. La questione della qualità dell’aria è finita più volte al centro della discussione, e ha sempre fatto risaltare le pessime condizioni atmosferiche in cui versano i cittadini del Belpaese, specialmente quelli residenti nella Pianura Padana, che risulta l’area con il maggior numero di morti premature relative all’inquinamento, e ancor più nello specifico nella zona di Milano. Anche per quanto riguarda l’inquinamento dell’acqua, e specialmente per ciò che concerne la concentrazione di PFAS, l’Italia ha un problema di carattere piuttosto urgente: quello che inizialmente si credeva il caso isolato del Veneto, infatti, non si è rivelato tale, tanto che sono state scoperte gravi contaminazioni delle acque da PFAS anche in Lombardia e in Piemonte, e si teme che l’area interessata sia ancora più estesa. Ciò che rende strutturale la questione non è solo la constatazione dell’esistenza di un problema, ma la scarsa volontà nel volerlo affrontare, come sembrerebbe dimostrare il caso della contaminazione delle acque nella Regione Piemonte, che pare essere stata pronta a mettere la polvere sotto il tappeto e sacrificare la salvaguardia della salute dei cittadini in nome della propria reputazione.

[di Dario Lucisano]

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