lunedì 29 Aprile 2024

Milano è davvero la terza città più inquinata del mondo?

Domenica 18 febbraio la società svizzera IQAir ha pubblicato un rapporto sulla qualità dell’aria in varie città nel mondo, stilando una classifica di quelle in cui essa risulta più inquinata, nella quale Milano è comparsa terza sotto alle sole Chengdu in Cina e Lahore in Pakistan. La lista ha suscitato parecchio clamore, entrando rapidamente di diritto tra i temi più dibattuti del momento; il Sindaco Beppe Sala, interrogato dai giornalisti, ha fornito una risposta scocciata e sbrigativa sulla questione, chiedendo retoricamente ai suoi stessi intervistatori chi conducesse questo tipo di analisi, per sottolineare l’inaffidabilità dei dati provenienti da enti privati e invitare a fidarsi dei dati ufficiali. Effettivamente pare difficile immaginare che Milano possa collocarsi sul podio delle città con la peggiore qualità di aria al mondo, sopra a grandissimi centri come Nuova Dehli; ciò non toglie tuttavia che la classifica fornita da IQAir fornisca un punto di vista interessante sul quale valga la pena riflettere, che ci pone davanti all’evidente problema dell’inquinamento dell’aria a Milano, in Lombardia e nella Pianura Padana, proprio a fronte dei «dati ufficiali» citati dal Sindaco Sala.

Il rapporto di IQAir poggia le proprie analisi sulle rilevazioni ufficiali, nel caso di Milano fornite da ARPA Lombardia, e su una “rete di crowdsourced” privata gestita direttamente dalla società. Per stilare la propria classifica, IQAir prende in considerazione sei diversi fattori inquinanti, (PM2,5, PM10, ozono, biossido di azoto NO2, monossido di carbonio CO e biossido di zolfo SO2), concentrandosi principalmente sulle PM2,5, ovvero le particelle di polveri sottili con dimensioni minori o uguali a 2,5 micron presenti nell’aria, e compila un punteggio che prende il nome di IQA (Indice di Qualità dell’Aria). Per svariati motivi, le analisi di IQAir lasciano il tempo che trovano: come specifica la stessa società, la classifica redatta prende in considerazione solo 111 città che superano i 300.000 abitanti sparse in giro per il mondo, elemento che per ovvi motivi non può che restituire una classifica parziale dell’IQA; va inoltre considerato che, a fronte della presentazione delle analisi, la fonte dei dati e il modo in cui viene calcolato l’indice risultano poco chiari; in ultimo luogo va sottolineato come condurre paragoni sulla qualità dell’aria tra diverse città nel mondo sia molto più difficile di quanto sembri, perché gli elementi da considerare sono molteplici e ogni Paese presenta standard di misurazione diversi dagli altri.

Nonostante la evidente parzialità dei dati di IQAir si deve specificare che la stessa società svizzera non intendeva stilare una classifica completa e totalizzante. Nella presentazione delle analisi si può leggere come “l’obiettivo della classifica delle grandi città è fornire un modo per percepire la qualità dell’aria regionale in un contesto globale. L’elenco contiene una o più città per Paese, ma NON intende includere tutte le città del mondo”, difatti “non tutte le città che superano i 300.000 abitanti sono incluse, perché l’elenco cerca di garantire una rappresentazione completa di varie località in tutto il mondo. Consentire confronti significativi”. Sembra insomma che, mediaticamente parlando, si sia voluto montare un caso sul nulla, ignorando le reali intenzioni della società svizzera, che non ha mai detto che Milano è la terza città con l’aria peggiore del mondo. In ogni caso, che IQAir fosse in buona o in mala fede, la sua personale classifica non fa che confermare un problema di indubbia rilevanza e urgenza, che è proprio quello della qualità dell’aria nella Pianura Padana, che risulta una delle aree più inquinate al mondo.

È proprio per questo che ieri, 20 febbraio, sono scattate le norme anti-inquinamento in 9 provincie lombarde, che prevederanno il divieto di combustione e di accensione di fuochi all’aperto, la limitazione del transito di tutti i veicoli Euro 0 e 1 e dei veicoli Euro 2, 3 e 4 a gasolio in tutti i comuni di oltre 30.000 abitanti nella fascia oraria 7.30 – 19.30, così come limitazioni più estese al traffico al sabato e alla domenica, e norme più stringenti sul riscaldamento. Nonostante il sindaco Sala abbia detto senza mezze misure che «l’aria è migliorata», Legambiente ritiene che la qualità dell’aria non sia mai stata così pericolosa dall’inverno 2017. Effettivamente da gennaio ad agosto 2023 in 58 diverse città italiane la concentrazione di polveri sottili ha superato i limiti suggeriti dall’OMS, e molte di esse si trovano proprio in Pianura Padana, che, prendendo in considerazione tutta l’Europa occidentale, risulta l’area con il maggior numero di morti premature relative all’inquinamento.

Se si restringe l’area alla sola Milano, si può notare come il 18 febbraio a fronte dei 118 microgrammi per metro cubo di PM2,5 e i 136 di PM10 alla centralina di via Senato, si siano toccati picchi mai registrati da gennaio 2017, mentre il 19 febbraio con i suoi 80 microgrammi per metro cubo di PM2,5 e 122 di PM10, la media giornaliera limite stabilita dall’OMS è stata superata rispettivamente di oltre 3 volte e poco meno di 3 volte. La situazione non risulta diversa se si guardano il cremonese, il lodigiano, il mantovano e il pavese, tanto che in generale, come ricorda Legambiente nel suo ultimo report di Mal’aria città, “18 città su 98 hanno superato i limiti giornalieri di PM10”, di cui 16 collocate presso il bacino padano e 6 lombarde. Insomma nonostante Milano non sia la terza città con l’aria più inquinata al mondo, come dichiara il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti, “i dati diffusi da IQAir sulla qualità dell’aria di Milano vanno contestualizzati in uno scenario più ampio e complesso di quanto emerso oggi, altrimenti si rischia di fare confusione e di perdere di vista le reali criticità ma soprattutto gli obiettivi di risanamento di qualità dell’aria da raggiungere”.

[di Dario Lucisano]

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5 Commenti

    • Esatto, così è stato deciso per la transizione ecologica, verso l’elettrico come via unica. Anche guardando gli articoli pubblicati in merito, il mondo della ricerca (notoriamente finanziato dall’industria con relative lobby dominanti) oggi sta demonizzando il metano, in particolare quello per autotrazione, arrivando a “dimostrare” che è più dannoso del gasolio per via dell’emissione del PM 2,5 che una volta inalato arriverebbe direttamente nel sangue per le sue dimensioni finissime.
      Quando frequentavo la facoltà di ingegneria meccanica all’Università di Bologna, a cavallo della fine del secolo scorso e dell’inizio del presente, il “vecchio ordinamento”, con tanti professori considerati luminari, non pochi di loro a lezione si prestavano, da “padri”, a tramandare o meglio a inculcare una formazione anche “ideologica”, per cui l’incipit ironico era “Gli ambientalisti…” per poi andare a parare sul fatto che senza i motori a petrolio, le centrali a gas e tutto quel mondo, sporco e puzzolente, ma in fondo pulito e attraente se approcciato dai libri e dal computer, il mondo in cui loro erano cresciuti e vissuti (e avevano conquistato un rispettabile status sociale), non si sarebbe andati da nessuna parte. Per poi sminuire sistematicamente le fonti rinnovabili con qualche numero ad effetto. Verso gli ultimi anni si cominciava a dire che una transizione ecologica fosse necessaria, ma che questa dovesse necessariamente passare attraverso il gas naturale, i cicli combinati, il teleriscaldamento, la termovalorizzazione dei rifiuti. Perchè c’era fretta e le rinnovabili, troppo aleatorie, con troppo scarsa concentrazione di potenza, troppo lente da installare, non avrebbero consentito di fare abbastanza presto per centrare gli obiettivi. Oggi, niente, quella roba, in particolare le auto a metano, non vanno più bene. Ma oggi, sempre in nome della fretta, si spinge l’acceleratore su tecnologie tutt’altro che sicure, o quantomeno su modalità di installazione frettolose e senza mai una visione olistica, Un paio di esempi per tutti: l’agrivoltaico, ovvero il fotovoltaico combinato con la produzione agricola sdogana finalmente il fotovoltaico industriale su campi aperti, diversamente destinati all’agricoltura o lasciati incolti. Qualcuno fa delle stime sulle coperture disponibili, i tetti, che invece utilizzerebbero delle superfici già coperte ed edificate senza andare a porre ipoteche su terreni “vergini”. Ebbene, il potenziale per raggiunger egli obiettivi ci sarebbe, ma ancora una volta, ci vorrebbe “troppo tempo”. E poi chi ci guadagnerebbe? Difficilmente i grandi gruppi che per loro struttura fanno grandi investimenti e non riescono a disperdere le loro energie in piccole installazioni distribuite. Le fonti rinnovabili invece dovrebbero essere di proprietà delle persone e distribuite sul territorio, ammortizzate con piccoli sistemi di accumulo: non ha senso continuare con la stessa logica, costruire mega impianti al SUD che mangiano terreni e poi comportano anche tutto un sovradimensionamento della Rete di Trasmissione Nazionale.. Altro esempio, il Superbonus, per la riqualificazione energetica degli immobili. O facevi un intervento impiantistico con caldaia ibrida, fotovoltaico, colonnina elettrica, etc. oppure se rimanevi sul passivo, partivi dalla coibentazione delle superfici esterne. Peccato che nel primo caso si trattasse di acquistare un tipo di caldaia, la caldaia ibrida, molto costosa che senza incentivi non riusciva a “vendere” e oltretutto piuttosto “sperimentale”: dai riscontri che ho ricevuto è un fallimento.. Inoltre quasi tutto gli impianti realizzati erano degli impiantini standardizzati venduti dalle grandi multiutility, senza alcun adattamento/ottimizzazione alla casa in esame. Nel secondo caso, quasi tutti i “cappotti termici” costruiti, per come era il decreto, sono stati fatti in polistirene, un derivato del petrolio, che porrà altri problemi (durata e smaltimento) oltre al fatto che in estate non lavora ( e quindi in casa si muore di caldo) e poi la casa non respira. Ogni volta che sono il denaro, il potere e gli interessi a breve termine a muovere le cose, non c’è una visione organica e il percorso evolutivo verso un mondo migliore risulta lungo, faticoso e pieno di errori.

  1. Milano non è al terzo posto ma al primo è certamente la Città con l’aria più inquinata del Mondo insieme a tutta la Pianura Padana fino a Cortina compresa.
    Vivo in piena campagna ad oltre 300 metri dalla più vicina strada e Kilometri dagli altri lati tutto circondato dal io bosco e sono scappato qui in Kenya per sopravvivere, dove mi hanno raggiunto a tratti tutti i parenti arrivati praticamente moribondi: Bravo Sala nega l’evidenza.

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