domenica 28 Aprile 2024

I Comuni dell’Adriatico si schierano contro le nuove trivellazioni volute dal governo

Sindaci e cittadini dei Comuni del Polesine si sono compattati in maniera politicamente trasversale nella protesta contro l’ipotesi della ripresa delle estrazioni di gas nell’Adriatico, inaugurata dalla conversione in legge del Decreto Energia. A guidare la contestazione sono stati i sindaci del territorio, che insieme alle associazioni ambientaliste hanno espresso forte preoccupazione per i danni che le trivellazioni potrebbero provocare al tratto di litorale che verrà coinvolto. Per questo motivo, domenica scorsa è andata in scena ad Adria (Rovigo), in piazza Garibaldi, una manifestazione molto partecipata per dire no alle trivelle. Presenti una ventina di sindaci del territorio, molti dei quali di centrodestra, che hanno marciato insieme a consiglieri regionali di diversi schieramenti, al Coordinamento Polesine No Trivelle – di cui fanno parte anche Legambiente, Lipu e WWF –, a Italia Nostra di Rovigo e all’Ente Parco regionale Delta del Po.

La manifestazione “No trivelle” di Adria ha riunito attorno alla stessa causa circa 500 persone. I primi cittadini e le associazioni coinvolte hanno puntato il dito contro gli effetti della recente conversione in legge del Decreto per la sicurezza energetica del Paese, licenziato dal Consiglio dei ministri lo scorso novembre, in cui l’ipotesi di estrarre metano nell’Alto Adriatico è stata messa nero su bianco “come misura per il rafforzamento della sicurezza di approvvigionamento di gas naturale a prezzi ragionevoli”. Il tratto individuato è, nello specifico, quello compreso tra il 45° parallelo e il parallelo distante da quest’ultimo 40 chilometri a Sud, tra Taglio di Po e Comacchio. «Questa azione – ha detto Vanni Destro del Coordinamento Polesine No Trivelle inaugurando l’evento – è volta a far ragionare il Governo sulla pericolosità e sull’inutilità di nuove estrazioni, dal momento che il Delta e il Polesine hanno già pagato e stanno ancora pagando per le estrazioni precedenti». Si intende, in particolare, difendere la costa dal fenomeno della subsidenza, ovvero l’abbassamento del terreno, che da decenni impatta sull’area. «Ci sono forti rischi di una nuova subsidenza e con l’innalzamento delle acque, allo stato delle cose il mare arriverà a Rovigo nel 2100 – ha spiegato Destro -. Cerchiamo di evitarlo. Per l’effetto cosiddetto imbuto inoltre si andrà a minare, con il tempo, la stessa Venezia». Destro ha posto la lente di ingrandimento anche sui numeri, spiegando che «Il Ministero ha calcolato un giacimento da cui si possono estrarre 500 milioni di metri cubi di gas», che sarebbero «briciole rispetto al fabbisogno annuo italiano di 70 miliardi di metri cubi, che diventano 700 miliardi in dieci anni».

L’obiettivo della mobilitazione è in particolare quello di preservare l’equilibrio tra vita, natura e turismo nel territorio e la difesa di settori produttivi quali la pesca e l’agricoltura, come ribadito dal sindaco di Adria. Al suo fianco, c’erano molti altri sindaci. Tanti del centrodestra, come Laila Marangoni di Taglio di Po, Roberto Pizzoli di Porto Tolle, Michele Grossato di Rosolina e Leonardo Raito di Polesella. A rappresentare il centrosinistra c’erano invece Laura Beltrame, di Ariano nel Polesine, e Graziano Azzalin, vicepresidente della Provincia, oltre ad alcuni rappresentanti nazionali del PD, che successivamente hanno preso parte a un convegno a Taglio di Po; presente anche la sindaca “civica” Sandra Poizzi di Occhiobello e i consiglieri regionali Andrea Zanoni (Pd), Elena Ostanel (Veneto che vogliamo) e Laura Cestari (Lega), segno che la mobilitazione a difesa del territorio coinvolge davvero tutto l’arco politico. Sebbene non abbia partecipato alla marcia, lo stesso presidente della Regione Veneto, il leghista Luca Zaia, ha deciso di inviare ad Adria l’assessore al territorio, Cristiano Corazzari. Nell’arco della manifestazione, il consigliere regionale Zanoni ha chiesto la Valutazione di Impatto Ambientale. «Con una corretta procedura Via, nessuna di quelle trivelle potrà entrare in funzione in Polesine – ha affermato –, perché causerebbe danni irreversibili all’ambiente e all’economia locale».

Nel frattempo, Fabio Bellettato, presidente di Italia Nostra a Rovigo, ha inviato un appello al Capo dello Stato Sergio Mattarella, chiedendo che “non venga promulgata la conversione del decreto legge 9 dicembre 2023 numero 181 con le disposizioni urgenti per la sicurezza energetica del paese”. Nell’appello, Bellettato ha scritto che “con questa legge”, il Delta del Po diventerebbe “area meno tutelata al mondo”, mettendo in luce come sia “semplicemente paradossale che una normativa approvata con lo scopo, tra l’altro, di favorire la ricostruzione nei territori colpiti dagli eventi alluvionali del maggio dello scorso anno rischi di incentivare nuove alluvioni in Polesine”. Essendosi dimostrato il governo completamente sordo rispetto alle richieste del territorio, l’unico spiraglio aperto per i sindaci e le associazioni no-triv in Polesine resta infatti il potenziale rinvio alle Camere del provvedimento da parte del Presidente della Repubblica. Prospettiva che, ad ogni modo, risulta assai poco probabile.

[di Stefano Baudino]

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