domenica 28 Aprile 2024

Gli italiani pagano ormai un quarto della spesa sanitaria nazionale di tasca propria

La spesa sanitaria pesa in maniera sempre più diretta sul portafoglio dei cittadini italiani. A testimoniarlo sono gli inequivocabili numeri pubblicati dalla Ragioneria dello Stato in un nuovo rapporto, che delineano uno scenario estremamente eloquente sulle criticità della sanità pubblica nel nostro Paese. In soli 6 anni, infatti, la spesa “out of pocket” – cioè quella pagata dagli italiani di tasca propria e non rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale – è cresciuta addirittura del 43%, passando dai 28,13 miliardi del 2016 alla cifra monstre di 40,26 miliardi nel 2022: circa un quarto della spesa sanitaria totale. Solo nell’ultimo anno, in Italia questa voce ha registrato un’impennata dell’8,3%. Esaminando le variazioni percentuali, si può attestare che a crescere in maniera assai significativa rispetto al 2021 sono state in particolare le spese relative all’acquisto di farmaci e alle cure psicologiche.

Le statiche diramate dalla Ragioneria dello Stato raccontano come la spesa “out of pocket”, nel 2017, ammontasse a 30,48 miliardi, salendo poi a 32,29 miliardi nel 2018 e a 34,85 miliardi nel 2019. In seguito a un rallentamento registrato nel 2020 (30,79 miliardi), nel 2021 essa ha subito una nuova impennata, arrivando a 37,16 miliardi. In merito alla composizione della rilevazione della spesa sanitaria privata per tipologia di spesa nel 2022, viene confermata la prevalenza delle spese per visite specialistiche ed interventi, che rappresentano il 45,8% del totale. In tale insieme, spicca il dato sulle prestazioni degli odontoiatri – 30% delle visite specialistiche e degli interventi a carico dei privati -, per i quali gli italiani spendono 5,65 miliardi (+ 3,5% sul 2021). I cittadini hanno speso ben 12 miliardi per i farmaci (+9% sul 2021), 3 miliardi di ticket, 2,4 miliardi dall’ottico e 1 miliardo per lo psicologo (addirittura +14,9% sul 2021). La spesa sanitaria a carico dei privati è cresciuta su tutto il territorio nazionale, andando in doppia cifra a livello percentuale nella provincia autonoma di Bolzano (+17,5%), in Molise (+14,1%), nella Provincia autonoma di Trento (+12,8%) e in Sardegna (10,9%).

Solo due mesi fa, l’ultimo Rapporto della Fondazione GIMBE aveva evidenziato che il servizio pubblico e il diritto costituzionale alla tutela della Salute, di anno in anno, sono sempre più compromessi, mettendo nero su bianco che, tra il 2010 e il 2019, oltre 37 miliardi sono stati sottratti alla sanità pubblica italiana. La Fondazione ha rilevato inoltre che, nel giro di 10 anni, il Fabbisogno Sanitario Nazionale sia aumentato di 8,2 miliardi di euro, evidenziando le grandi problematicità riferite alla spesa sanitaria, ai Livelli Essenziali di Assistenza, alle disuguaglianze su base regionale e al personale. La criticità della situazione, comprovata dai dati oggettivi, ha poi un diretto effetto sulla percezione che gli italiani hanno del funzionamento del sistema: in un sondaggio uscito a inizio dicembre su Termometro Politico, alla domanda “Qual è il suo peggior timore per il futuro?”, quasi il 30% dei cittadini ha risposto “La crisi della Sanità pubblica con il pericolo di non essere più curati”.

[di Stefano Baudino]

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2 Commenti

  1. Mi piacerebbe venisse approfondito qui su L’Indipendente l’argomento “biolaboratori”, poiché il PNRR che ci arriva dall’Europa “suggerisce” di spendere una cifra, comunque esigua e minoritaria rispetto ad esempio alla digitalizzazione, per la sanità che di fatto verrà utilizzata per la costruzione di 20 (o 22) biolaboratori in tutta Italia.
    Dopo il bell’articolo https://www.lindipendente.online/2022/06/24/il-governo-concede-limmunita-e-linviolabilita-al-bio-laboratorio-di-trieste/
    mi piacerebbe venissero approfondite le motivazioni ufficiali e quelle “reali o probabili” della costruzione di questi biolab.
    Al seguente link l’intervento in proposito del professor Marco Mamone Capria, dal minuto 23 al 45:
    https://rumble.com/v4129no-perugia-no-biolab-11-novembre-2023.html
    che sottolinea come non sia tanto il problema della posizione di questi laboratori a interessarci ma le reali motivazioni della loro costruzione:
    per migliorare la salute della popolazione italiana? Quando è probabile che da laboratori tipo questi sia uscito il “birus” covidiota?
    Credo andrebbe presa in seria considerazione una sollevazione popolare per la chiusura o quantomeno moratoria di questo tipo di laboratori, altroché leggi “di scudo legale” su tutto quello che questi enti possono provocare!
    Matteo qui ci vuole qualcosa di forte!!!

    In proposito posso fare se serve da tramite per un’intervista al professore Marco Mamone Capria che conosco di persona…

    Grazie e buon lavoro!

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