lunedì 29 Aprile 2024

Armi nucleari in Italia, le associazioni pacifiste presentano un esposto in procura

Ventidue esponenti di associazioni pacifiste e antimilitariste hanno presentato una denuncia presso la Procura di Roma, affinché venga verificata la presenza di ordigni nucleari sul suolo italiano, in particolare nelle basi militari di Ghedi e di Aviano. Il contenuto della denuncia è stato spiegato in occasione di una conferenza stampa svoltasi proprio di fronte alla base di Ghedi. Nell’esposto è stata presentata anche la richiesta di verificare le eventuali responsabilità penali di chi avrebbe importato gli ordigni e su chi, illegittimamente, ne avrebbe autorizzato l’importazione e lo stoccaggio.

Tra le realtà che hanno denunciato figurano Abbasso la guerra, Donne e uomini contro la guerra, Associazione Papa Giovanni XXIII, Centro di documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale, Pressenza e Coordinamento No Triv. Nel gruppo degli esponenti ci sono anche personaggi noti come Moni Ovadia e padre Alex Zanotelli. La denuncia fa seguito alla richiesta di una ricerca alla Sezione italiana di Ialana, (International Association of Lawyers Against Nuclear Arms), giuristi impegnati contro le armi nucleari, al fine di ottenere un parere sulla legalità delle armi nucleari, confluita nello studio “Parere giuridico sulla presenza di armi nucleari in Italia” edito nel 2022 da Multimage.

“Stando alle fonti a disposizione dei sottoscritti, a Ghedi si realizzerebbe il c.d. ‘Nato Nuclear Sharing Group’, in base al quale, in ossequio a specifiche regole militari condivise con la generalità degli Alleati, l’Italia metterebbe a disposizione il vettore, mentre gli americani fornirebbero la materia prima, vale a dire gli ordigni – si legge nero su bianco nell’esposto –. Aviano costituirebbe invece una vera e propria base statunitense sul territorio italiano presso la quale risulterebbero dislocate le B-61, bombe nucleari di fabbricazione americana strategicamente progettate per l’impiego tattico da caccia F-16 e altri bombardieri”. Tra le fonti della denuncia ci sono i documenti del Casd e del Cemiss, l’interrogazione parlamentare del ministro Mauro del 17 febbraio 2014 e uno studio dell’associazione Bellingcat.

Nelle conclusioni, gli esponenti scrivono: “Non sembra possibile tralasciare come il potere nucleare rappresenti l’antitesi della Democrazia, valore fondante del nostro Paese secondo la previsione dall’art. 1 Cost., traducendosi all’esatto contrario in un potere chiuso ed esclusivo, dall’indole meramente politico-militare che esercita, senza alcuna effettiva possibilità di controllo, un arbitrio di vita o di morte sull’umanità intera e al contempo sull’ecosistema che la ospita. Vale la pena ricordare come nessun asserito diritto all’autodifesa degli Stati possa legittimamente precedere e addirittura superare il diritto alla sopravvivenza dell’umanità intera. Del resto, se così non 18 fosse, l’ideologia della politica nucleare mascherata sotto il pretesto dell’autodifesa altro non sarebbe che un potenziale progetto di autodistruzione, drammaticamente idoneo a realizzarsi in ogni momento”.

La presenza di armi nucleari in entrambe le basi italiane, di cui non si conosce l’esatto numero, è ormai acclarata da anni. Nel 1975, lo Stato italiano ha sottoscritto il Trattato di non proliferazione, ma non ha sottoscritto e ratificato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari approvato nel 2017 dall’Assemblea generale dell’Onu – entrato in vigore il 22 gennaio 2021 – che vieta l’uso, la detenzione, la produzione, l’acquisizione e la minaccia di impiegare bombe atomiche.

[di Stefano Baudino]

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