domenica 28 Aprile 2024

Per Ue e fact-checker il social X è una gigantesca fonte di disinformazione

Dal momento in cui Elon Musk ha preso il controllo di Twitter, sembra che il social network non riesca più a trovare un attimo di tregua. Il 26 settembre sono stati pubblicati due rapporti a breve distanza l’uno dall’altro che rivelano come la piattaforma, ora nota come “X“, ospiti una crescente quantità di narrazioni straniere fortemente politicizzate. Si tratta di quel genere di contenuti che sono spesso etichettati dai Governi occidentali come propaganda o manipolazione dell’informazione.

Secondo il Misinformation Monitor pubblicato da NewsGuard, uno dei più noti portali giornalisti di fact-checking, X rappresenterebbe in questo momento un terreno fertile per la disinformazione proveniente da Russia, Cina e Iran. In particolare, gli utenti sembrano interagire con tali contenuti con una frequenza aumentata del 70% rispetto a quando l’azienda aveva una politica più rigorosa nella definizione dei contenuti. NewsGuard suggerisce che questa escalation sia direttamente collegata alla decisione di Musk di rimuovere le etichette che identificavano un tempo le fonti di informazione affiliate ai governi. Senza indicazioni chiare, il pubblico si dimostrerebbe più vulnerabile ai contenuti faziosi, ancor più che la rimozione delle tag ha anche annullato le limitazioni imposte ai post politicizzati. I ricercatori hanno peraltro scoperto che i contenuti più popolari provenienti dalle testate filo-governative non siano i messaggi di disinformazione, quanto dei meme dall’alta viralità che sono stati creati per screditare l’immagine pubblica dei Paesi occidentali.

Tenendo conto dell’autorevolezza della fonte, la notizia sarebbe già bastata in autonomia a minare la fiducia di istituzioni e inserzionisti nei confronti di X, tuttavia i contenuti del report sono stati intensificati da un riscontro omologo reso pubblico dalla Commissione europea. L’Unione Europea sta infatti attualmente testando l’efficacia del Codice delle Pratiche sulla Disinformazione, un accordo volontario sottoscritto da alcune delle principali aziende tecnologiche al fine di impegnarsi a combattere la diffusione di contenuti dannosi per il dibattito pubblico. Attualmente, 44 aziende, tra cui Facebook, Google, YouTube, TikTok e LinkedIn, hanno aderito a questo impegno. Tra tutti i portali testati dall’UE, X spicca come la piattaforma con il più alto tasso di disinformazione rispetto al numero di contenuti pubblicati.

Lo scopo del rapporto della Commissione è quello di quantificare l’entità delle cosiddette fake news attualmente presente all’interno del panorama europeo, uno sforzo necessario ad accogliere l’imminente entrata in vigore del Digital Services Act (DSA), un pacchetto di leggi che formalizzerà le regole che le grandi aziende tecnologiche stanno attualmente adottando volontariamente. Mentre molte piattaforme stanno ripulendo i loro profili da account sospetti, X ha però scelto di ritirare la sua iniziale adesione al Codice.

Věra Jourová, Commissaria dell’Unione Europea, ha esplicitamente annunciato che X sarà un’osservata speciale. «La Russia ha avviato una guerra delle idee con lo scopo di inquinare il nostro spazio d’informazione con mezze verità e bugie per creare una falsa immagine per cui la democrazia non sia migliore di un’autocrazia», ha specificato la diplomatica lasciando trapelare le preoccupazioni che affliggono le istituzioni europee. Nei prossimi mesi sono previste le elezioni in Slovacchia, in Polonia e nella stessa UE, frangenti in cui la sfera digitale potrebbe contribuire non poco a manipolare le tendenze dell’opinione pubblica influenzando gli esiti del voto.

NewsGuard e la Commissione Europea non si dilungano sulle cause che hanno spinto X a diventare il megafono per eccellenza delle narrazioni ostili alla NATO, tuttavia è facile presumere che gran parte di questa deriva sia condizionata dall’atteggiamento instabile del nuovo proprietario. Una delle prime azioni di Musk è stata quella di ridurre i costi di gestione dell’azienda licenziando una fetta considerevole di dipendenti, tra cui il team che si dedicava alla moderazione degli utenti. La necessità di ripristinare le finanze di un’azienda sovraevalutata e l’assenza di una supervisione chiara delle politiche aziendali hanno creato un contesto in cui le policy della piattaforma sembrano modificarsi quotidianamente per accontentare i capricci di Musk, piuttosto che per assecondare strategia ben ponderata e a lungo termine.

[di Walter Ferri]

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