venerdì 3 Maggio 2024

La lotta del Friuli contro la nuova mega acciaieria di San Giorgio di Nogaro

In Friuli-Venezia Giulia è in corso un aspro dibattito in merito alla possibile costruzione di una nuova acciaieria che dovrebbe sorgere a San Giorgio di Nogaro, in zona Aussa Corno, in provincia di Udine. Se da un lato gli investitori del progetto premono sulla politica per la sua concretizzazione, cittadini e Comuni coinvolti stanno facendo sentire la loro voce, protestando contro l’intervento per le ricadute ambientali che ne deriverebbero, ritenute estremamente nocive. La Regione Friuli-Venezia Giulia, nel frattempo, cerca di giostrarsi tra due “fuochi”.

Protagonisti del progetto sono due investitori: la multinazionale di base ucraina di nome Metinvest, il più grande gruppo siderurgico ucraino con una consolidata presenza in Italia, e la società friulana Danieli, specializzata nella realizzazione di impianti siderurgici. Il piano – che si dovrebbe sostanziare nella creazione di un maxi-polo siderurgico in grado di produrre 2,4 milioni di tonnellate di coils all’anno, con la possibilità di aumentare la produzione fino a 4 milioni (al pari dell’ex-Ilva) – è stato presentato per la prima volta nel luglio 2021 alla Regione Friuli Venezia Giulia. Nel giugno dell’anno successivo, in un secondo incontro seguito dalle dichiarazioni pubbliche dell’assessore regionale Sergio Emidio Bini e del presidente di Danieli Gianpietro Benedetti, è stato confermato.

Poi, l’8 luglio 2022, una delibera regionale ha inaugurato una serie di incarichi e ulteriori delibere al fine di attivare il progetto, destinando alle Università di Udine e Trieste 300.000 euro per produrre studi che possano giustificare la compatibilità ambientale dell’intervento. Nella riunione di giugno, si era giudicato necessario che la acciaieria sia fornita da navi con portata di 20.000 tonnellate. Per fare in modo che ciò risulti possibile è previsto dragaggio del canale Ausa-Mare di accesso al porto, per arrivare a un fondale di 12 metri contro i 7,5 attuali, nonché l’allungamento della banchina di attracco.

A tale ottica si è contrapposto il Wwf, che, per bocca del delegato in Friuli-Venezia Giulia e già rettore dell’Università di Trieste Maurizio Fermeglia, ha giudicato il progetto «una follia«». «Stiamo parlando di una laguna molto simile a livello strutturale a quella di Venezia, per poter fare entrare ed uscire queste navi che serviranno l’acciaieria l’opera di drenaggio sarà importante – ha dichiarato Fermeglia -. Ad oggi nella laguna arrivano solo imbarcazioni da 8.000 tonnellate al massimo, questo ecosistema, particolarmente delicato, verrebbe distrutto se si dovesse dragare per arrivare alle misure desiderate dei 12 mt per consentire di passare alle imbarcazioni da 20.000 tonnellate. È un sito Natura2000 e deve essere tutelato». Secondo il professore, «Il livello di tossicità dei pesci già oggi, supera i limiti tollerabili, figuriamoci se scaviamo sul fondo per dragare. Avremo conseguenze devastanti sulla salute dell’uomo e per la salvaguardia delle biodiversità delle specie presenti in tale loco». Sulla stessa linea anche Legambiente, il cui Presidente Stefano Ciafani ha parlato di una «vicenda poco trasparente» per la «scarsa informazione» offerta al pubblico, per i «conferimenti di studi di impatto alle Università in assenza di un progetto» e per le «posizioni altalenanti dell’amministrazione regionale», peraltro rispetto a «uno degli ambienti più delicati e preziosi in regione».

La cittadinanza ha iniziato ad avere contezza della situazione solo quando, lo scorso marzo, i comitati di difesa ambientale, nella cornice di un ritrovo organizzato a San Giorgio di Nogaro, hanno per la prima volta reso edotti i partecipanti sui dettagli del piano. In loro supporto è scesa in campo anche Assomarinas – Associazione Italiana porti turistici – il cui presidente, Roberto Perocchio, ha attaccato il “controverso progetto del nuovo polo siderurgico nel cuore della laguna di Marano e Grado”, cui l’associazione ha reagito con “ferma opposizione”, affidando ad IMQ e Ambiente (società di ingegneria ambientale), l’incarico di svolgere un’analisi preliminare ambientale sulle ipotesi di realizzazione del progetto. Il rischio, secondo Assomarinas, è infatti che si stravolga la vocazione turistica della laguna e delle sue coste, con una minaccia per il turismo nel territorio. I consulenti dell’associazione hanno riscontrato importanti criticità legate al deposito di migliaia di tonnellate di rottami ferrosi, alla dispersione di polveri nocive e al trasporto via terra e via mare del materiale che dovrebbe alimentare l’impianto.

Nello stesso periodo, la Danieli ha reagito acquistando una pagina pubblicitaria del Gazzettino per difendere il progetto. «La società Metinvest – ha scritto Danieli – non ha fino ad ora confermato questo investimento di 2 miliardi di euro, lo farà entro settembre del 2023. Se in base a molti parametri e precondizioni, deciderà positivamente, i siti sono tre: due in Italia (uno di questi è Porto Nogaro) e uno in un altro Paese europeo». Danieli, che conferma che “comunque costruirà l’impianto”, dice apertamente di supportare “la scelta dell’area del Friuli Venezia Giulia». La società ha scritto che “l’impianto sarebbe un eccezionale e unico esempio di high-tech, di sviluppo sostenibile” e “darebbe un forte contributo al Pil e quindi alle risorse conseguenti necessarie al social welfare regionale e italiano”. Ha poi evidenziato che “non essendo ancora approvato l’investimento da parte di Metinvest, non si è dato inizio all’iter dell’Arpa per la valutazioni necessarie, ma la qualità del progetto garantisce sin d’ora un più che corretto impatto ambientale” e che “le maestranze assunte saranno in maggioranza composte da tecnici e ingegneri grazie all’elevata automazione, ai big data, all’intelligenza artificiale”. Una formula che dà adito a molte perplessità circa la portata delle future assunzioni, specie dal momento che in nessun comunicato ufficiale se ne certifica concretamente il numero. Ad oggi, si parla infatti di un’operazione che produrrebbe circa un migliaio di posti di lavoro: per continuare nel paragone, attualmente l’ex-Ilva (ora Acciaierie d’Italia) conta più di 10mila dipendenti solo nel sito di Taranto. Ovvero dieci volte tanto. Il presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, è intervenuto sostenendo che quello dell’acciaieria a Porto Nogaro è per ora un progetto fermo a uno stato embrionale.

Marano Lagunare è stato il primo Comune a prendere una posizione nettamente contraria al possibile intervento, comunicando ai cittadini il “fermo dissenso” di tutta la giunta in un Consiglio comunale andato in scena il 12 maggio. Due settimane dopo lo ha seguito a ruota il Consiglio comunale di San Giorgio di Nogaro, che ha formulato un emendamento di opposizione all’intervento da indirizzare alla regione Fvg. Negli scorsi giorni, anche i consiglieri comunali di Grado hanno approvato all’unanimità una mozione che manifesta piena contrarietà alla prospettiva dell’apertura dell’impianto.

La scorsa settimana, 400 persone si sono riversate in piazza a San Giorgio di Nogaro, convocate da una serie di comitati organizzatori, tra cui il coordinamento “No Acciaieria” e quello a “difesa climatica e ambientale della Bassa Friulana“. In atto c’è una raccolta firme per il ritiro della richiesta regionale di inserimento tra le aree strategiche nazionali dell’Aussa Corno, tramite cui si vuole scongiurare la nomina di un commissario che potrebbe agire in delega alle leggi. Da inizio maggio, le firme raccolte sono circa 6.000.

[di Stefano Baudino]

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2 Commenti

  1. Ma questo è il vero dilemma, accettiamo di precipitare nella decrescita, rinunciando a produrre beni, consumare materie prime produrre rifiuti, oppure ci assumiamo gli oneri, compresi quelli ambientali del nostro stile di vita che, ora, ci pare irrinunciabile.
    Fin ora la terza via è stata quella di fa inquinare gli altri per noi. Azovstal produceva il miglior acciaio inox del mondo, ora è distrutta e tra gli addetti ai lavori è un grosso problema, che fare? Rinunciare alla nostra tecnologia avanzata energivora, insostenibile e inquinante, verso una decrescita che potrebbe non essere così felice ma a medio termine ineluttabile. Iniziamo ora? Siamo pronti? Oppure come ci prepariamo a questa ineluttabile tendenza?

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