venerdì 29 Marzo 2024

In India sono nati quattro cuccioli di ghepardo: non accadeva da settant’anni

Non succedeva praticamente da settant’anni, e per questo l’evento è stato celebrato persino da Bhupender Yadav, Ministro dell’Ambiente indiano: nel Kuno national park wildlife sanctuary sono nati quattro cuccioli di ghepardo, messi al mondo da una delle femmine reintrodotte nel Paese nel 2022. Qui infatti l’animale si estinse ufficialmente nel 1952, quando una serie di fattori – tra cui caccia, perdita di habitat e mancanza di prede – portarono il ghepardo a scomparire. Negli anni successivi l’India ha tentato più volte di reintrodurre sul suo territorio uno degli animali più veloci della Terra, ma il processo ha avuto esito positivo solo l’anno scorso, quando otto ghepardi provenienti dalla Namibia sono stati rilasciati entro i confini indiani. Ed è proprio uno di loro che ha partorito i cuccioli tanto desiderati, che ora si spera rimpolpino la stirpe dei ghepardi indiani – grazie anche all’arrivo di altri 12 esemplari prelevati dal Sud Africa il mese scorso – proprio come è accaduto in loco per leopardi, leoni e tigri.

Purtroppo, però, uno degli otto appratenti al primo gruppo è morto a causa di insufficienza renale, e alcuni studiosi temono che negli animali possano verificarsi ulteriori problemi di salute. Tenendo conto che quello dell’anno scorso è stato il primo trasporto al mondo di un carnivoro così grande da un continente all’altro, per reintrodurlo in natura, è chiaro che non sono ancora noti i rischi che possono derivarne. Il parere di certi critici è che sostituire i ghepardi asiatici con la sottospecie dell’Africa meridionale significa andare incontro a rischi ecologici, genetici e di malattie che non sono affatto stati presi in considerazione.

Ad oggi, però, nel mondo, di ghepardi ne rimangono ben pochi ed è normale pensare di volergli garantire continuità. Si stima che gli esemplari siano circa 7mila, e che vivano principalmente nell’Africa meridionale e orientale, in particolare in Namibia, Botswana, Kenya e Tanzania. In Medio Oriente, invece, dove storicamente il felino ha girovagato in lungo e in largo, attualmente sono presenti solo in Iran, che ne conserva in natura 12. Un numero talmente basso che ha spinto i ricercatori ad inserire il ghepardo asiatico nella lista rossa delle specie minacciate. Motivo per cui l’India si è fatta promotrice del “Project cheetah”, nato per ‘redistribuire’ l’animale sui territori che ha sempre tradizionalmente abitato.

Le stime dicono che nel corso dei prossimi 5 anni, si dovrebbe arrivare alla reintroduzione di 50 esemplari. «Riportare in vita un predatore al vertice della catena alimentare ripristina l’equilibrio evolutivo storico, con conseguenti effetti positivi a cascata, che portano ad una migliore gestione e ad un ripristino dell’habitat, a beneficio di tutte le specie», ha commentato Jhala Yadvendradev, direttore scientifico del piano.

Per favorire la sua salvaguardia, il WWF sta pensando di introdurre “corridoi ecologici” in molti Paesi africani – da imitare magari anche in Asia – per permettere ai felini di muoversi con più sicurezza. E tenersi così alla larga da chi vuole catturarli per commerciarli illegalmente o per chi vuole appropriarsi della loro pelliccia. Tra l’altro negli ultimi anni le insidie per gli animali si sono moltiplicate. L’espansione degli insediamenti umani e delle terre coltivate ha provocato una riduzione del numero di prede per il felino, che, per nutrirsi, si spinge a cacciare gli animali da allevamento. Fomentando così l’odio dei proprietari del bestiame.

[di Gloria Ferrari]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Articoli correlati

1 commento

  1. “uno degli otto *appratenti* al primo gruppo”
    Uno dei frequenti refusi che noto negli articoli di questo giornale. Niente di grave, ma dà un’impressione di sciatteria e dilettantismo. Eppure ormai qualunque programma di scrittura è dotato di correttore grammaticale-sintattico. Come fanno a sfuggire questi errori?

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria

Grazie per aver già letto

10 dei nostri articoli questo mese.

Chiudendo questo pop up potrai continuare la lettura.
Sappi però che abbiamo bisogno di te,
per continuare a fare un giornalismo libero e imparziale.

Clicca qui e  scopri i nostri piani di abbonamento e supporta
Un’informazione – finalmente – senza padroni.

ABBONATI / SOSTIENI