mercoledì 11 Dicembre 2024

Covid: l’AIFA sospende la costosissima pillola “sponsorizzata” da Fauci e Bassetti

L’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha deciso di sospendere l’utilizzo del medicinale antivirale molnupiravir per “la mancata dimostrazione di un beneficio clinico in termini di riduzione della mortalità e dei ricoveri ospedalieri”. Le zone d’ombra sulla reale efficacia del farmaco erano evidenti sin dall’inizio, tanto che su L’Indipendente pubblicammo già ad ottobre 2021 un articolo intitolato “I punti oscuri della nuova (costosissima) pillola anti-covid in approvazione. A distanza di un anno e mezzo il molnupiravir, celebrato da diversi virologi – tra cui Anthony Fauci e Matteo Bassetti – come una soluzione rivoluzionaria contro il Covid-19, si è dunque rivelato inutile. Poco male per la società farmaceutica Merck che nel frattempo ha venduto dosi, pagate dagli Stati con fondi pubblici, per circa 6 miliardi di euro.

Lo scorso 24 febbraio, il Comitato per i medicinali a uso umano dell’Agenzia europea del farmaco (EMA) ha formulato un parere negativo sulla bontà del molnupiravir. Così, dopo due settimane, la Commissione tecnico-scientifica dell’AIFA ha deciso di sospendere la pillola utilizzata per il trattamento del Covid-19. Nel rendere pubblica la decisione, l’ente italiano ha puntualizzato che “non sono stati rilevati particolari problemi di sicurezza collegati al trattamento”. Al danno non si è aggiunta la beffa, dal momento in cui un farmaco costato circa 700 dollari a trattamento si è “soltanto” rivelato essere privo di benefici clinici. Una conclusione giunta a distanza di oltre un anno dall’approvazione avvenuta a dicembre 2021 che sostanzialmente conferma i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet, e rilanciato in un articolo de L’Indipendente, in cui si ridimensionava il ruolo della costosissima pillola della società farmaceutica Merck.

La pillola anti-covid si era presentata con non pochi punti oscuri, come scritto in un precedente articolo de L’Indipendente. Nell’ottobre 2021, infatti, Merck aveva diffuso un comunicato contenente promettenti risultati: dimezzamento di ricoveri e decessi assumendo 4 pillole al giorno per 5 giorni, con trattamento da effettuare nei primi giorni dall’infezione. Estasiati, i virologi – tra cui Matteo Bassetti e il factotum della gestione pandemica statunitense Anthony Fauci – iniziarono a parlare di «dati impressionanti» e di un «risultato straordinario». Peccato che, al di là di comunicati stampa e dichiarazioni, i dati difettassero di solidità. Il comunicato sull’efficacia divulgato dalla casa farmaceutica si basava sui risultati preliminari di uno studio di fase 3, ultima tappa prima dell’eventuale approvazione. Gli studi di fase 3 prevedono di dividere i soggetti partecipanti in due gruppi: uno da trattare con il farmaco, l’altro con il placebo o altri farmaci già in uso. Nel caso specifico si è scelto di confrontare il molnupiravir con il placebo. Dallo studio è emerso che il farmaco fosse efficace al 50% in quanto il 7,3% dei pazienti trattati con esso è stato ricoverato, mentre il 14,1% dei pazienti che hanno ricevuto il placebo è stato ricoverato o è morto. Tuttavia, già la scelta di comparare il molnupiravir al placebo (una sostanza farmacologicamente inerte) nonostante vi fosse la possibilità di confrontarlo, ad esempio, con i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), che la stessa Aifa (Agenzia italiana del farmaco) consiglia per il trattamento del Covid, potrebbe averne amplificato l’efficacia.

In seguito a tali risultati, lo studio venne interrotto anticipatamente. I risultati diffusi si basano così sulla valutazione dei dati provenienti da 775 pazienti, poco più della metà dei 1500 pazienti inizialmente previsti per la sperimentazione. «Il risultato positivo ha indotto i ricercatori a interrompere il test, per non somministrare ai volontari un placebo in presenza di un’alternativa efficace», dichiarò Merck per giustificare l’interruzione della sperimentazione. La storia recente mostra come una ricerca terminata in anticipo possa dare risultati anche molto diversi da quelli che poi si riscontrano sul campo. A insegnarlo è la vicenda del remdesivir, antivirale sviluppato in origine contro il virus Ebola e successivamente proposto come cura anti-covid. In quel caso i test furono interrotti in anticipo per la medesima ragione e il remdesivir fu autorizzato all’uso. Peccato che un test più ampio svolto direttamente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ne abbia poi mostrato la sostanziale inefficacia.

[di Salvatore Toscano]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

4 Commenti

  1. Tutta quella gentaglia che si è sbracciata dando dei complottisti a chiunque avesse dubbi sui prodotti anti covid che sono stati fatti uscire e venduti senza le dovute certezze, dovrebbero essere messe ai ceppi in pubblica piazza, e lasciati marcire al sole per mesi!! BUFFONI E CRIMINALI!

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria