L’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza e il governatore della Lombardia Attilio Fontana risultano indagati a Bergamo, insieme ad altre 16 persone, nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione della prima ondata Covid. Una notizia forte, di grande rilevanza, che però cittadini e testate giornalistiche non hanno potuto apprendere direttamente dall’autorità giudiziaria, ma solo dall’abilità dei cronisti che hanno sfruttato una fuga di notizie. E di cui, soprattutto, mancano tutti i dettagli necessari per un approfondimento. La causa è solo una: il “bavaglio” imposto ai magistrati dalla riforma Cartabia, varata dal governo Draghi, quando si rapportano con l’universo dell’informazione.
La Procura della città lombarda, infatti, ha diramato soltanto un brevissimo comunicato (21 righe) in cui non c’è letteralmente scritto nulla: mancano i nomi degli indagati, così come le fattispecie dei reati di cui sono accusati. “Questo ufficio di Procura – si legge nella nota del Procuratore Antonio Cappani – in data 20 febbraio ha concluso le indagini nei confronti di 17 persone che, a vario titolo, hanno gestito la risposta alla pandemia da Covid 19. Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza di Bergamo, sono state articolate, complesse e consistite nell’analisi di una rilevante mole di documenti acquisiti e/o sequestrati, sia in forma cartacea che informatica, presso il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità, il Dipartimento della Protezione civile, Regione Lombardia, Ats, Asst, l’ospedale Pesenti-Fenaroli di Alzano Lombardo, nonché di migliaia di mail e di chat telefoniche in uso ai soggetti interessati dall’attività investigativa, oltre che nell’audizione di centinaia di persone informate sui fatti, attività questa alla quale hanno partecipato anche in prima persona i Pm delegati”. Il Procuratore afferma che l’inchiesta, che ribadisce essere stata “oltremodo complessa sotto molteplici aspetti”, ha comportato “valutazioni delicate” rispetto alla “configurabilità dei reati ipotizzati”, nonché alla “competenza territoriale” e alla “sussistenza del nesso di causalità ai fini dell’attribuzione delle singole responsabilità”, consentendo di “ricostruire i fatti così come si sono svolti dal 5 gennaio 2020”. Nelle ultime due righe, sul più bello, Cappani comunica che la Procura “ha redatto l’avviso di conclusione delle indagini“. Che, “com’è noto, non è un atto d’accusa”. Fine del comunicato.
Questo dell’inchiesta Covid è l’esempio più emblematico degli effetti nocivi della riforma Cartabia, lascito dell’Esecutivo del “quasi tutti dentro” guidato dall’ex Presidente della Bce, in merito alla libertà dei giornalisti a informare e dei cittadini a essere informati. La norma, che recepisce la Direttiva UE 2016/343 sulla “presunzione di innocenza”, stabilisce infatti che la diffusione di notizie sugli atti di indagine compete soltanto al Procuratore della Repubblica (che a tal fine può eventualmente “autorizzare gli ufficiali di polizia giudiziaria”) e che possa avvenire “esclusivamente tramite comunicati ufficiali oppure, nei casi di particolare rilevanza pubblica dei fatti, tramite conferenze stampa“, a cui si può procedere solo “con atto motivato in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse” che possano giustificarle. La legge statuisce poi che “è fatto divieto alle autorità pubbliche di indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili”. Insomma, un dettato dal significato assai indefinito, che porta fisiologicamente i Procuratori a prevenire eventuali sanzioni disciplinari diffondendo comunicati striminziti e poveri di contenuto. Arrivando, in questo caso, addirittura ad omettere i nomi degli indagati e le ipotesi di reato loro ascritte in un’inchiesta per pandemia colposa che riguarda insigni personaggi dell’universo politico italiano, che ai tempi dei fatti occupavano i più alti scranni di governo.
Le organizzazioni che rappresentano i giornalisti escono allo scoperto, chiedendo a gran voce al Legislatore di intervenire sui tanti punti di non ritorno di questo impianto. “A fronte di una indagine sul Covid che coinvolge autorevoli esponenti della politica italiana, la Procura di Bergamo ha emesso uno scarno comunicato in cui non vi è alcuna informazione sostanziale per descrivere fatti di grande interesse pubblico – hanno scritto in una nota congiunta il presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli, la segretaria generale Fnsi Alessandra Costante e il presidente Fnsi Vittorio di Trapani -. Sarebbe stato molto meglio indire una conferenza stampa alla luce del sole dove i giornalisti avrebbero potuto porre domande e ricevere risposte, nel rispetto delle persone e del lavoro degli inquirenti così come nel rispetto del diritto dei cittadini ad essere informati”. E poi, la sacrosanta considerazione finale: “La vicenda di Bergamo dimostra le criticità delle norme sulla presunzione di innocenza, che vanno corrette al fine di garantire il corretto equilibrio fra il dovere di informare e le garanzie per tutti i cittadini quando vengono indagati”.
Il guanto di sfida alla politica sul tema del “bavaglio” della legge Cartabia era già stato teatralmente lanciato dal Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri lo scorso settembre, in occasione di una conferenza stampa convocata a margine di una maxi-operazione antimafia sul territorio di Cosenza di cui il Procuratore non aveva potuto svelare i dettagli. Interloquendo con i giornalisti che gli domandavano informazioni più precise sugli arresti, Gratteri li aveva provocatoriamente invitati a chiedere ai loro editori “di dire ai referenti politici di cambiare la legge”. Infatti, aveva concluso, “fin quando non cambierà la legge io non intendo essere né indagato né essere sottoposto a procedimento disciplinare”.
[di Stefano Baudino]
la classica sceneggiata all’italiana che non porterà a nulla, ANZI, li rimetteranno in vetrina in pompa magna lindi e splendenti
STA COSA CHE CHIAMANO INCHIESTA, STA FALSA INSOMMA, E’ L’ENNESIMA PRESA PER IL CULO
Quel “buffone” di Montesquieu ci ha insegnato che i poteri dello Stato sono tre: legislativo, esecutivo e giudiziario. Il Potere è solo Uno e … trino. Forse è ora che il cittadino medio cominci a farsene una ragione.
Non sappiamo nulla perché non esiste.
Inoltre siamo in po’ stanchi di queste inchieste farsa in cui fingono di punire qualche politico. Ma quando mai!
E se invece lo sapessimo? In un altro Paese dopo l’arresto di Messina Denaro i giornalisti si sarebbero concentrati sul suo impero economico e sui prestanome facendo giornalismo d’inchiesta!! Qui in Italia? Sicuramente, pure per andare dietro la morbosità tipica italica, abbiamo programmi di approfondimento sul numero di preservativi e di pillole di viagra che aveva Messina Denaro in casa, sulle sue amanti e su quante volte scopava; come se non fosse del tutto normale che un sanguinario omicida abbia anche una vita sessuale e sentimentale!!.. Se invece vi fosse piena possibilità di attingere all’indagine sul Covid di quali importanti notizie verrei a conoscenza? Magari del fatto che Brusaferro in quel periodo è andato a t…ie? NO GRAZIE non mi interessa!!