domenica 15 Dicembre 2024

Cosa contiene realmente il prosciutto cotto?

Tra tutti i salumi, il prosciutto cotto è il più amato dagli italiani e il consumo medio pro capite è di 4 chili l’anno. In Italia esiste dal 2005 un Decreto legge chiamato Decreto Salumi, e fino al 2016 in base a tale decreto si poteva chiamare prosciutto cotto solo il cosciotto vero e proprio del suino in cui fossero identificabili almeno 3 delle 4 fasce muscolari principali della coscia dell’animale. Dal 2016 in poi invece, con una modifica di legge al Decreto Salumi, si possono chiamare prosciutto cotto anche quei prodotti venduti sotto forma di cubotti, rettangolare e a cubetti. La modifica del decreto ha aumentato anche la tolleranza del livello di umidità presente nel prodotto, cioè è possibile inserire più acqua rispetto a come era stabilito in precedenza. Ma se si aggiunge più acqua si perde il sapore della carne, che in quantità cala. Allora come si fa a far sentire il sapore al consumatore? È tutta questione di chimica.

Secondo i regolamenti di legge, in Italia esistono in commercio 3 tipi diversi di prosciutto cotto:

  • quello di Alta Qualità. Presenta un 15-20% massimo di salamoia. La salamoia è data da acqua, sale, zucchero, spezie, antiossidante e conservante (nitrito di sodio). 
  • il prosciutto cotto scelto
  • il prosciutto cotto normale. Presenta una salamoia che va in quantità dal 60 al 75% del prodotto. Si aggiunge così tanta acqua, diminuendo la quantità di carne, per fare un prodotto più economico.

Come si evince dalle caratteristiche di tecnologia alimentare del prodotto, nel prosciutto cotto semplice, o normale, per trattenere l’acqua aggiunta e per dare sapore e consistenza che ricordi la vera carne, sarà necessario l’impiego di sostanze chimiche apposite: addensanti, amidi, carragenine, aromi, fecola di patate, coloranti, esaltatori di sapidità, fosfati, zucchero, polveri proteiche animali.  

Il prosciutto cotto normale e quello scelto, sono il prodotto della modifica attuata al decreto salumi nel 2016 e sono a tutti gli effetti considerati dagli esperti di tecnologie alimentari e di nutrizione, un prodotto ricomposto. Non si tratta di una vera coscia di suino cotta, bensì di una preparazione specifica a base di vari ingredienti diversi che poi viene cotta in forno e simula visivamente e anche a livello di gusto il vero prosciutto cotto, anche se da un punto di vista prettamente legale e normativo questa preparazione è considerata “vero” prosciutto cotto, dal 2016 in poi.

Ma la cosa che più ritengo poco accettabile, come consumatore e come esperto di alimentazione sana, è il fatto che alcune di queste sostanze usate per il prodotto ricomposto non sono neppure dichiarate in etichetta tra gli ingredienti, in quanto non vige l’obbligo di farlo. Inoltre in etichetta quando ci rechiamo al supermercato per acquistare del prosciutto cotto, non troviamo alcuna indicazione che segnali se un prodotto è fatto con vera coscia di suino o con prodotto ricomposto. In Germania, al contrario, la normativa impone l’obbligo di dichiarare sulla confezione del prodotto se il prosciutto cotto è ricomposto o fatto da coscia intera. Il consumatore quindi è più tutelato e informato, rispetto a ciò che avviene in Italia. 

Quanto è veritiera l’etichetta del prosciutto cotto?

Alcuni ingredienti usati per produrre il prosciutto cotto ricomposto non sono dunque nemmeno dichiarati nella lista ingredienti, in quanto non vige l’obbligo di farlo. Un esempio di ciò sono le proteine in polvere di carne suina, che non si leggono come tali sulla lista ingredienti. La legge consente di non dichiararle così, ma di inserirle con la voce di “aromi” o “aroma naturale”. Un altro ingrediente che si utilizza per i prodotti ricomposti è un enzima di origine batterica chiamato transglutaminasi. Non c’è obbligo di dichiarazione in etichetta perché viene considerato, in base ai regolamenti europei sugli additivi alimentari, un coadiuvante tecnologico e non un vero e proprio ingrediente o additivo. Che significa? I coadiuvanti sono sostanze che aiutano il processo produttivo ma che alla fine della preparazione, ad esempio la cottura di carni come nel caso del prosciutto cotto o della mozzarella, rimangono nel prodotto finale soltanto in piccolissime quantità oppure hanno perso del tutto o attenuato fortemente la loro azione chimica. La funzione tecnologica di questo enzima nella preparazione del prosciutto cotto è quella di incollare e compattare fra loro i pezzi di carne macinata del prodotto ricomposto. Viene infatti chiamato anche “colla per carni”.

Il problema dell’enzima transglutaminasi è che determina in alcune persone problemi di intolleranza e irritazione intestinale, per cui si tende a non dichiararlo in etichetta oppure a classificarlo con la voce “aromi”, come emerso da una recente inchiesta giornalistica sulla produzione del prosciutto cotto industriale. Un lavoro di ricerca di scienziati tedeschi e israeliani ipotizza che la transglutaminasi aggiunta nei prodotti industriali potrebbe aver contribuito negli ultimi decenni all’aumento della celiachia nella popolazione occidentale, come confermato anche dal professor Alessio Fasano, uno dei massimi esperti al mondo di celiachia. Non esistono attualmente studi definitivi sulla sicurezza alimentare di questo enzima batterico per la salute dell’uomo. I rischi di questo enzima li sta valutando l’EFSA, l’Agenzia per la sicurezza alimentare in Europa, ma lo studio definitivo è fissato in agenda entro il 2099. Nel frattempo l’industria può tranquillamente usare questo additivo nelle preparazioni industriali. 

[Il termine temporale (deadline) dell’EFSA per stabilire il rischio e la sicurezza alimentare dell’enzima transglutaminasi]
E quello di Alta Qualità? È davvero di qualità?

Intanto va segnalato che anche in quello Alta Qualità c’è sempre la presenza dei seguenti ingredienti aggiunti, oltre la coscia di suino:

  • Zucchero (saccarosio)
  • Glutammato monosodico (esaltatore di sapidità)
  • Aromi

Rimane anche da chiedersi se queste carni siano davvero di alta qualità, aldilà delle belle etichettature e diciture consentite dalla legge. Sono animali allevati bene e con mangimi sani? Pare proprio di no, dal momento che i suini per la produzione del prosciutto cotto (al contrario di ciò che avviene per i suini allevati per il prosciutto crudo DOP) possono provenire da qualsiasi tipo di allevamento e da qualsiasi Paese europeo o extra-europeo. Si tratta di allevamenti intensivi ovviamente, sulla cui qualità della carne poco sappiamo e poco possiamo sperare, come avviene per qualsiasi altro allevamento animale intensivo (polli, bovini, mucche da latte ecc.).

Pertanto definire questo prodotto come di “alta qualità” è a mio avviso più una bella e consolante etichettatura che un criterio di qualità oggettiva del prodotto.

[di Gianpaolo Usai]

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2 Commenti

  1. Nell’inchiesta di report un piccolo produttore di cotto aveva dichiarato che il prezzo del cotto di alta qualità varia da minimo 28 euro a 32 Euro.
    Il giorno dopo al banco salumi di un supermercato ho guardato e il più costoso… 24 Euro…
    Questa è la qualità della grande distribuzione.

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