lunedì 9 Dicembre 2024

L’Australia autorizza MDMA e funghi allucinogeni per trattare le malattie mentali

Lo scorso venerdì la Therapeutic Goods Administration (TGA), l’organo governativo australiano responsabile della regolamentazione dei farmaci, ha annunciato che dal 1° luglio di quest’anno sarà possibile per alcuni psichiatri specificamente autorizzati prescrivere psilocibina (la sostanza psichedelica presente in alcuni funghi allucinogeni) e MDMA per trattare alcune condizioni di salute mentale. In particolare, la MDMA potrà essere utilizzata per il trattamento del disturbo post-traumatico da stress (DPTS), mentre la psilocibina verrà impiegata nei casi di depressione resistenti ad altri tipi di trattamenti. Se rientranti in questi utilizzi, dunque, entrambe le sostanze rientreranno nella categoria “droghe controllate”, mentre rimarranno classificate come “sostanze proibite” per tutti gli altri. L’Australia diventa cosìil primo Paese al mondo ad approvare l’uso come farmaco di queste due sostanze, le cui potenzialità sono rimaste a lungo inesplorate per via di un diffuso approccio proibizionista.

In anni recenti si sono infatti moltiplicati gli studi sulle potenzialità di queste due sostanze nell’ambito del trattamento di alcune patologie psichiche. Nel 2016 è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet l’esito di uno dei primi studi sulla correlazione tra psilocibina e trattamento delle patologie legate alla depressione. In esso era emerso come questa sostanza fosse in grado di agire impedendo l’assorbimento da parte del corpo della serotonina, l'”ormone del buonumore”, permettendone così una più lunga circolazione nell’organismo. Lo studio, durato quasi tre anni per via delle difficoltà ad ottenere i permessi per lavorare con questo tipo di sostanze, ha coinvolto 12 pazienti tra i 30 e i 64 anni, tutti affetti da forme di depressione di gradi variabili e durata decennale, per i quali le terapie tradizionali non avevano sortito effetto. I risultati della sperimentazione erano evidenti già da subito: nel giro di una settimana, con due sole somministrazioni di sostanza (la prima da 10 mg e la seconda da 25 mg, a distanza di 7 giorni), i pazienti mostravano già cenni di miglioramento. A tre mesi, alcuni di loro presentavano segni di remissione. Seppur molto limitato nei numeri, il campione di soggetti sottoposti alla sperimentazione (con 8 pazienti su 12 che hanno rilevato effetti positivi a seguito della terapia) ha costituito un punto di partenza importante per sviluppare ulteriori studi simili e ipotizzare una possibile cura della depressione con una sostanza naturale. In nessun paziente, inoltre, si sono verificati effetti avversi significativi. Negli anni successivi sono stati condotti ulteriori studi sul tema, che hanno dimostrato l’effetto positivo di tale sostanza su soggetti affetti da depressione, oltre che in coloro che soffrono di ansia, disturbi ossessivo-compulsivi e dipendenze da alcol e fumo, in particolare in coloro che risultavano particolarmente resistenti alle cure tradizionali.

Numerose ricerche sono state condotte anche per quanto riguarda l’utilizzo di MDMA, ovvero il composto chimico 3,4-metilendiossimetamfetamina (la sostanza psicoattiva alla base dell’ecstasy), in particolare per quanto riguarda il trattamento di sintomi da DPTS. La caratteristica di questo disturbo è infatti quella di «continuare ad avere le stesse reazioni disadattive, pur a distanza di tempo, come se la persona continuasse a rivivere l’evento nel momento presente», spiega il dott. Francesco Bulli in un articolo pubblicato sul sito dell’IPSICO, l’Istituto di Psicologia e Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva. Alla base del disturbo vi è la memoria, il ricordo che riporta al fatto traumatico, che è proprio ciò sul quale agisce la MDMA. La psicoterapia, scrive Bulli, non è in grado di cancellare la memoria del paziente e impedire che questi si ricordi di quell’evento. La MDMA, quindi, «sta guadagnando credibilità come potenziale trattamento integrativo per i pazienti che hanno subito gravi traumi». In particolare, secondo un articolo pubblicato sulla rivista Nature Medicine, alcuni ricercatori hanno riportato come la somministrazione di tre dosi di MDMA, in associazione con trattamenti psicoterapici, avesse ridotto significativamente i sintomi di DPTS in appena 18 settimane ai soggetti che si erano sottoposti alla sperimentazione, oltre ad aver apportato «un miglioramento del funzionamento generale con una riduzione significativa della sintomatologia depressiva». Trattandosi di uno studio già arrivato alla fase III (ovvero alla somministrazione a diverse decine di pazienti), l’ultima prima di ricevere l’approvazione per uso clinico, ci si attende che entro quest’anno la Food and Drug Administration approvi la psicoterapia assistita da MDMA anche negli Stati Uniti.

Risultati di questo genere potrebbero imprimere una svolta decisiva al trattamento di disagi psichici in soggetti per i quali le terapie tradizionali si siano rivelate inefficaci, migliorandone sensibilmente, se non in maniera decisiva, la qualità della vita, a fronte di un rischio di effetti aversi quasi del tutto nullo. Studi di questo tipo, tuttavia, sono possibili solo superando una ormai arretrata mentalità proibizionista, che si ostina a non voler considerare le ormai dimostrate potenzialità di queste sostanze, e i nuovi campi di applicazione nei quali potrebbero essere utilizzate.

[di Valeria Casolaro]

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1 commento

  1. Bene, ma l’approccio è ancora sbagliato, ossia qualcosa è permesso “se hai un problema, se trovi il medico che te lo prescrive”. Tutto ciò che è naturale (funghi, piante, ecc) dev’essere legale ed accessibile. L’unica cosa che dev’essere illegale è comportarsi in modo pericoloso per gli altri (ad esempio bere o consumare qualsiasi altra sostanza e poi guidare l’auto, essere violenti e via dicendo).
    Tra l’altro è ormai ben documentato che le sostanze psichedeliche naturali non sono affatto pericolose se non per chi magari non può reggere forti emozioni (ad. es. cardiopatici, persone che soffrono di pressione alta) e sicuramente sono molto meno pericolose di tante cose legalissime quali alcol, tabacco, zucchero, inquinamento e stress. In ogni caso non sta allo stato decidere cosa fa bene o meno al cittadino adulto e libero, ognuno deve essere responsabile delle proprie azioni e libero di fare le proprie scelte.
    L’MDMA però è sintentico, quindi ci sono case farmaceutiche che possono trarne profitti e che possono spingere al consumo, per questo va regolamentato.

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