sabato 14 Dicembre 2024

Lago Ex Snia: ancora una volta la regione Lazio protegge gli interessi privati

Mancava solo la firma dell’ex presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti affinché si potesse finalmente procedere con i lavori di ampliamento del Parco del Lago ex SNIA di Roma. Da mesi un gruppo di cittadini, militanti del Forum Parco delle Energie, si era mobilitato a questo scopo, lanciando un’accorato appello al presidente (anche attraverso la campagna Nicola, mettici la firma!). Eppure, lo scorso 10 novembre Zingaretti si è dimesso, in anticipo sulla scadenza del suo mandato, e la firma non è mai arrivata. Di conseguenza, l’azienda proprietaria di parte dell’area potrà continuare a cementarla, distruggendo il piccolo polmone verde sorto per caso in una delle zone più inquinate della Capitale.

Il Lago ex SNIA nasce dal tentativo (fallito) di cementificare un’ampia zona di Roma est, al fine di costruirvi un parcheggio. Sull’area dove si trova il lago sorgeva infatti la fabbrica di viscosa SNIA S.r.l., la quale venne acquistata all’inizio degli anni ’90 da Antonio Pulcini, imprenditore proprietario della società immobiliare Ponente 1978 S.r.l., intenzionato a costruire sull’area un parcheggio destinato a servire il più grande centro commerciale di Roma est. Tuttavia, non appena le ruspe iniziarono a lavorare incapparono nella falda acquifera sottostante, la cui presenza era bene nota già in precedenza. Cercando di riparare al danno, il costruttore fece convogliare l’acqua fuoriuscita verso il collettore fognario, il quale tuttavia non resse il carico, causando l’allagamento di Largo Preneste: così si formò il Lago Bullicante.

I lavori, tuttavia, non furono mai portati a termine, in quanto presto venne dimostrata l’avvenuta falsificazione delle planimetrie relative alla concessione edilizia. Nel 1993, con un’ordinanza, la VI circoscrizione del Comune di Roma ordinò la demolizione delle opere eseguite in base alla concessione poi revocata. L’azienda si rifiutò di portare a termine la demolizione e presentò ricorso al TAR, il quale venne accolto solamente nel 2010 (7 anni dopo). Il risultato: l’ecomostro è ancora lì, in piedi, su di un’area di proprietà di Ponente 1978. Il resto venne sottoposto a esproprio, fino alla realizzazione del Parco delle Energie, un luogo oggi centrale nella vita degli abitanti della zona. L’azienda, negli anni a seguire, cercherà di portare a termine vari tentativi di speculazione su questa parte di territorio, attraverso la realizzazione di progetti non coerenti con la destinazione d’uso del luogo (includendo i ruderi della fabbrica, sottoposti a vincolo archeologico) e senza interpellare minimamente la volontà dei cittadini, i quali si sono sempre opposti con successo. Solamente nel 2014 emergerà che l’area di Lago aderente a via di Portonaccio era divenuta di proprietà pubblica nel 2004, anno nel quale l’amministrazione comunale ne aveva portato a termine l’esproprio al fine di realizzare un parco pubblico. I lavori tuttavia avrebbero dovuto essere terminati entro 10 anni, ovvero entro il 2014. Quando i cittadini se ne accorsero, iniziò una mobilitazione che portò, nell’agosto dello stesso anno, all’abbattimento di parte del muro di cinta (nel punto in cui oggi sorge l’ingresso), rendendo così effettiva la proprietà pubblica del luogo dove, a quel punto, il V Municipio chiese che fosse realizzata un’area attrezzata a verde pubblico.

Oggi il Parco rappresenta un piccolo scrigno di biodiversità con funzioni ecosistemiche di rilievo. I cittadini hanno chiesto più volte aiuto alle istituzioni affinché ne fosse garantita la tutela. Una delle iniziative messe in atto fu il riconoscimento a Monumento Naturale, avvenuto tuttavia solamente nel 2020 e in maniera parziale, in quanto non comprendeva l’area della fabbrica: l’iter per l’estensione della tutela è partito solamente nel 2022. Allo stesso modo, anche il Lago (in quanto composto di acque provenienti dalla sottostante falda freatica) avrebbe dovuto essere demanializzato, procedura attivata solo per una parte dello specchio d’acqua, escludendone la porzione privata. E mentre la Regione tergiversava nel concedere l’ampliamento del parco, nelle zone private sono state portate avanti opere di abbattimento degli alberi e distruzione del verde. La firma di Zingaretti avrebbe potuto mettere la parola fine, ma non è mai arrivata.

All’incirca un mese fa, inoltre, al di fuori dei cancelli della ex fabbrica è apparso un cartello che autorizza Ponente 1978 S.r.l. a dare il via a una serie di interventi, sulla base di permessi rilasciati dal Dipartimento Urbanistica del Comune di Roma. In barba ai tavoli tecnici svoltisi tra militanti del Forum e Regione Lazio in questi mesi, nel corso dei quali nessuno avrebbe avvisato gli attivisti dell’inizio dei lavori. Il Comune inoltre, forte del già esistente vincolo archeologico sugli edifici dell’ex fabbrica, avrebbe potuto opporsi alla loro ristrutturazione da parte dell’azienda, cosa che invece ha scelto di non fare.

Lo scorso 19 dicembre gli attivisti hanno quindi diffidato la Regione Lazio, sostenendo che l’ampliamento del Parco sia stato interrotto “senza alcuna motivazione scientifica da parte della Direzione Regionale dell’ambiente”. Sottolineando così che la battaglia è ben lontana dall’essere conclusa.

[di Valeria Casolaro]

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