sabato 20 Aprile 2024

Come leggere le etichette dei cibi: poche regole, ma buone

Senza un minimo di preparazione, fare la spesa assomiglia a un gioco d’azzardo in cui le probabilità di mettere nel carrello solo cibo spazzatura sono molto alte. L’ideale sarebbe mangiare ogni giorno cibo fresco preparato in casa. Ma se il tempo di cucinare non c’è, e nemmeno la voglia, saper leggere le etichette si rivela fondamentale per scegliere i cibi in modo consapevole evitando i peggiori a disposizione. Anche perché non si tratta di una scelta opzionale o di un lusso, dal momento che la possibilità di vivere a lungo e in salute dipende anche dalla qualità del cibo che mangiamo. Su questo, forse, è meglio non giocare d’azzardo.

Poche regole, ma buone

La prima regola per non sfidare troppo la sorte è questa: se in un cibo la lista degli ingredienti è lunga, meglio lasciarlo sullo scaffale. Il motivo? È il segnale che l’alimento è stato sottoposto a processi industriali piuttosto elaborati. Un cibo così ha sicuramente perso molte delle sue proprietà nutritive a favore di elementi estranei che il nostro corpo dovrà in qualche modo smaltire. Sto parlando di elementi come conservanti, aromi, coloranti, addensanti, antiagglomeranti, nitriti ecc. Un’altra buona regola è quella di non affezionarsi troppo a un prodotto, finendo per mangiarlo troppo spesso. Anche nel cibo confezionato la varietà è fondamentale. Un’altra regola di base da conoscere è quella della elencazione degli ingredienti in ordine decrescente. Il primo elemento dell’elenco è quello che è presente in quantità maggiore. Se quindi i primi 3 ingredienti della lista sono, in ordine: zucchero, farina di frumento, olio di palma, significa che il prodotto è sostanzialmente composto di zucchero e farina bianca, con l’aggiunta di un pessimo olio industriale anch’esso raffinato e quindi privato dei suoi caroteni antiossidanti, dal momento che l’olio di palma usato dall’industria è deodorato e raffinato, non si utilizza nella sua versione grezza (olio di palma vergine).

Saper scegliere, senza fidarsi troppo

Le parole nell’industria alimentare sono un mondo tutto da scoprire e non sempre hanno il significato che ci aspettiamo. Quello che troviamo scritto è tutto a norma di legge, per carità, ma a volte alcune diciture possono effettivamente trarre in inganno. Come per ogni gioco che si rispetti, quindi, conoscere il linguaggio è fondamentale per giocare al meglio le proprie carte. Analizziamo ora alcune diciture molto comuni che possono avere risvolti inaspettati.

  • Uova fresche. Nelle etichette di snack, merendine, paste secche all’uovo, maionese e molto altro, leggiamo spesso la dicitura “uova fresche”. La prima cosa a cui pensiamo sono le uova deposte da poco. Non è proprio così. Gli alimenti industriali, nella maggior parte dei casi, contengono ovoprodotti, cioè un derivato delle uova fresche non più vendibili a scaffale. Dopo 21 giorni infatti, le uova fresche vengono declassate per legge da categoria A a categoria B e non possono più rimanere nello scaffale delle uova fresche al supermercato. Queste uova, miscelate, pastorizzate e addizionate con conservanti, possono essere utilizzate in altri preparati industriali chiamati appunto ovoprodotti, e anche nei cibi per animali. Ovoprodotti sono anche gli albumi in brik e l’albume d’uovo in polvere.
  • Carne separata meccanicamente. Si tratta di residui di carne recuperati meccanicamente dalle ossa e in genere dalle carcasse degli animali una volta tolti i tagli più pregiati. Scarti di macellazione, in sostanza, che possono includere ossicini finemente tritati, cartilagini e anche zampe (nel caso dei polli) che vengono utilizzati per realizzare wurstel, spinacine, cordon bleu, salsicce e anche ripieni per paste semi fresche (ripieno dei tortellini). A queste carni sono aggiunti aromi artificiali, conservanti, e alti livelli di sale. Occorre essere molto cauti nel loro utilizzo, ma in realtà sarebbero da evitare completamente, ad essere onesti.
  • Pane integrale. Il pane integrale è spesso consigliato come sostituto del pane bianco per il suo minor carico glicemico e per la maggiore presenza di fibra. Ma può capitare di trovarsi di fronte ad un pane che integrale proprio non è. Spesso infatti troverete pane in cui si utilizza farina di tipo 00, cioè raffinata, a cui si aggiunge della crusca o del cruschello. Le norme di legge consentono questo genere di etichettatura e dicitura ed è per questo che, per essere certi di consumare un alimento che conservi integralmente le sue proprietà nutritive e che derivi dalla macinatura del chicco intero di frumento, non basta accontentarsi della dicitura legale, ma conviene verificare che nella lista degli ingredienti ci sia scritto 100% di farina integrale.
  • Senza zuccheri o senza zuccheri aggiunti. Prima di farsi prendere dall’entusiasmo e pensare che si possa mangiare cibo dolci a volontà semplicemente perché l’industria ci ha fatto il regalo di sostituire lo zucchero con qualcos’altro di meno nocivo, o addirittura salutare a sentire le aziende produttrici stesse, è bene sapere che ci sono tanti altri ingredienti che hanno le stesse proprietà nocive dello zucchero ma che possono passare inosservati, come maltitolo, sorbitolo, sciroppo di maltitolo, estratto di malto, fruttosio, succo d’uva, succo di mela, succo d’agave. Tutti zuccheri che si trovano non solo nei prodotti da forno come i biscotti o i muffin per la colazione, ma anche nelle zuppe pronte, nel pane in cassetta, nelle marmellate, negli affettati da banco frigo, nei cibi light, solo per fare alcuni esempi. Se ogni giorno si mangiano prodotti di questo tipo è facile capire quanti zuccheri superflui si rischia di ingerire con conseguenze gravi sulla salute.

Il vero azzardo? L’effetto accumulo

Se state pensando “ma che sarà mai un cordon bleu o qualche biscotto a colazione”, sappiate che il problema non è il singolo prodotto, ma l’effetto accumulo. Con l’alimentazione moderna di tipo industriale, a cui tutti siamo soggetti per via dello stile di vita frenetico e fuori casa, ogni giorno ingeriamo diversi additivi chimici che entrano nel nostro organismo e possono condizionare la chimica del nostro corpo. Anzi, lo fanno certamente, non c’è solo la possibilità che ciò avvenga ma la certezza scientifica. Sarebbe proprio questo danno da accumulo, secondo molti esperti, la base di patologie come tumori, malattie autoimmuni e neuro-degenerative. Per questo, tornare ad un’alimentazione più naturale, può essere davvero la nostra scommessa vincente.

[di Gianpaolo Usai]

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