giovedì 28 Marzo 2024

Il glutine fa davvero male alla salute?

Eliminare il glutine dalla propria dieta è una tendenza che si è diffusa anche in Italia negli ultimi anni, dopo il grande boom degli USA delle diete gluten-free. Ma è una scelta sana o nasconde piuttosto gli interessi delle aziende del gluten-free? Una piccola anticipazione: diversi indizi fanno presumere che la seconda ipotesi abbia un peso notevole, probabilmente preponderante, nel vertiginoso aumento di diagnosi di presunta intolleranza degli ultimi anni. Questo articolo mira a dettagliare i dati e le informazioni certe a nostra conoscenza, quindi procediamo con ordine. 

Cos’è il glutine?

Il glutine è un complesso proteico presente in vari cereali come il frumento, l’orzo o la segale: niente di straordinario quindi, solo una proteina naturale come quelle delle uova o della carne, solo che proviene da un cibo del regno vegetale anziché del regno animale. Ma allora come mai si punta il dito contro questa sostanza?

L’ADI – Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica – sostiene che negli ultimi anni si è verificato un incremento delle diagnosi della Intolleranza al Glutine Non Celiaca (Non-Celiac Gluten Sensitivity) e della celiachia, fino a 5 volte soprattutto nei bambini, dovuto anche al miglioramento delle tecniche di accertamento per riconoscere questi disturbi.

Il glutine è sempre più difficile da digerire?

Numerose sono le ragioni del perché il glutine sia diventato sempre più difficile da digerire. Tra queste possiamo ricordare: 

  • La modificazione del patrimonio genetico dei cereali attraverso tecniche di ibridazione o attraverso radiazioni ionizzanti (dalla metà degli anni 70 del 1900). 
  • L’utilizzo eccessivo di glutine nelle industrie come additivo o come riempitivo per gli impasti, per conferire maggiore elasticità e rendere gli impasti più facili da lavorare.
  • La mancanza di adeguate preparazione degli impasti, come da tradizione con lievitazione lenta di almeno 12-24 ore.
  • Il massiccio utilizzo di pesticidi durante la coltivazione del grano o in fase di post-raccolta per far seccare e maturare il grano nei campi (tipico delle coltivazioni in Canada e USA).
  • Le modifiche della flora batterica intestinale dovuta ad un eccessivo utilizzo di antibiotici, conservanti, emulsionanti, edulcoranti e additivi nei Paesi occidentali.
  • La scarsa assunzione di fibra solubile con la dieta moderna.

La difficoltà nella gestione del glutine viene aumentata ulteriormente dall’aggiunta alle farine dei cosiddetti “miglioratori del pane” in grado di abbreviare i tempi della lievitazione e di produrre altre modifiche di tipo chimico negli impasti. Tutti questi fattori e sostanze moderne (pesticidi, additivi delle farine ecc.) rappresentano un aggravio in più per il fegato e rendono l’impasto delle farine meno digeribile per la mancata pre-digestione dell’amido e del glutine da parte dei lieviti. Infatti è la corretta lievitazione (lunga lievitazione con lievito naturale) a rendere i prodotti molto più digeribili per il nostro intestino. Sono i lieviti a digerire gran parte del glutine e dell’amido delle farine, se gli si lascia fare il loro lavoro in maniera naturale senza alterazioni tecnologiche e industriali.

È quindi preferibile acquistare prodotti a base di grano fatti con farine poco raffinate e con grani antichi, dove il contenuto di glutine è ridotto rispetto ai grani moderni ibridati e migliorati dall’industria al fine di aumentarne la resa per ettaro sui campi. E possibilmente optare per le versioni biologiche di tali prodotti.

Tutti sensibili al glutine, dunque? Certamente no. Quel che è certo, tuttavia, è che lo stato infiammatorio dell’intestino, connaturato a questa particolare proteina del frumento, si sta dimostrando sempre più presente nella popolazione italiana, forse anche a causa di un abuso nella nostra alimentazione di questo nutriente ormai onnipresente (pasta, pane, pizza, biscotti, crackers e panature lo contengono).

I veri problemi di digestione dell’era moderna: la lievitazione

Dopo la farina, l’altro elemento chiave che può davvero far la differenza nel nostro pane o in genere in tutti i prodotti lievitati da forno come pizza, biscotti, brioche, è il lievito. Se la lievitazione è lenta, con l’aggiunta di lievito di birra o lievito naturale, l’impasto riposerà almeno 24 ore in frigo prima di finire in forno: questo processo consentirà una pre-digestione degli amidi e del glutine da parte dei lieviti e dei batteri presenti nell’impasto, la quale faciliterà  successivamente il lavoro del nostro intestino.

Tutto ciò non si verifica nel caso di lievitazione rapida (o chimica) effettuata tramite lievito di birra lasciato agire per troppo poco tempo, lievito istantaneo e altri additivi: la pizza e le focacce ad esempio risulteranno molto meno digeribili, come anche il tipico pane bianco.

Cos’è la Gluten Sensitivity (sensibilità al glutine non celiaca)

Solo recentemente confermata come entità clinica, la gluten sensitivity si manifesta in seguito all’assunzione di cibi contenenti glutine. È caratterizzata da disturbi del tratto gastrointestinale quali gonfiore addominale, dolori, diarrea o stitichezza, inseriti in un quadro di stanchezza generalizzata, difficoltà a concentrarsi e, spesso, mal di testa. Possono essere inoltre presenti rash cutanei, dolori articolari o muscolari, ansia o depressione, tosse, raucedine e produzione di muco. I sintomi regrediscono dopo pochi giorni dalla riduzione nella assunzione di prodotti a base di glutine. Chi è affetto da gluten sensitivity risulta negativo ai test normalmente condotti per fare diagnosi di celiachia: le pareti dell’intestino sono normali e così sono gli anticorpi.

Questo basta e avanza per dimostrare che il glutine non è il problema di tutte queste persone che si definiscono “intolleranti al glutine”. Spesso le persone si diagnosticano da sé la problematica o si convincono di non tollerare grano e derivati dopo aver eseguito dei test di intolleranze alimentari molto poco attendibili e di dubbia valenza scientifica a livello di diagnosi.

Secondo gli esperti, un individuo su 10 potrebbe essere affetto da Gluten Sensitivity. La terapia è l’iniziale astensione dagli alimenti contenenti glutine, ovvero tutti quelli a base di grano, segale, farro, orzo e, in parte, avena. Sono invece ammessi riso, quinoa, miglio, amaranto, grano saraceno, mais e teff. Dopo un periodo iniziale la cui durata varia a seconda dell’individuo (di solito dalle 4 alle 8 settimane), si consiglia la reintroduzione del glutine a piccole dosi, per non perdere definitivamente la tolleranza dell’intestino verso questa sostanza, preferendo quello proveniente da varietà di cereali non ibridati e biologici.

Reattività al glutine o ai prodotti lievitati?

La maggior parte delle persone con diagnosi (o autodiagnosi) di intolleranza al glutine presenta un particolare profilo alimentare personale, spesso correlato a una reattività al glutine o ai prodotti fermentati (lieviti) o anche ad una combinazione delle due. Questo aspetto non è trascurabile, in quanto spesso non si tratta di un problema col glutine bensì col lievito e con alimenti lievitati in maniera scorretta, specie quelli più industriali come il pane acquistato al supermercato o la pizza, oppure le brioche e i cornetti per la colazione che si consumano al bar. Si tratta di alimenti in cui la lievitazione è troppo veloce e inadeguata. Una lievitazione lenta invece, come detto, faciliterà il lavoro al nostro intestino e non darà problemi.

La dieta a basso contenuto di fruttani (dieta low FODMAP)

Nel tentativo di mostrare che il glutine in sé e per sé non sia affatto il nemico contro cui puntare il dito, negli ultimissimi anni ha guadagnato un certo credito un particolare aspetto dietetico che limita certe sostanze alimentari in grado di fermentare nell’intestino e di creare problematiche intestinali come la Sindrome del colon irritabile o più generalmente varie altre forme di colite.

Questo tipo di dieta elimina i cosiddetti FODMAP (iniziali dell’inglese Fermentable, Oligo, Di, Monosaccharides, and Polyols), ovvero alcuni zuccheri (i fructani ad esempio, che sono contenuti nel frumento, il fruttosio, il lattosio i galattani e la maggior parte dei dolcificanti artificiali). Uno studio pubblicato su Gastroenterology ha confermato che una dieta di questo tipo è in grado di ridurre in modo altamente significativo i sintomi del colon irritabile.

L’enzima glutinasi, questo sconosciuto

Glutinasi è l’enzima specifico che scompone e digerisce la proteina del glutine nel nostro intestino. Il lievito madre contiene esso stesso l’enzima glutinasi (la fermentazione dei batteri è ciò che fa produrre questa sostanza) e ne produce livelli decisamente più elevati del lievito di birra, portando ad una maggiore frammentazione delle proteine glutiniche e riducendone le difficoltà digestive. Questo significa che il pane o i prodotti da forno fatti col lievito madre sono più digeribili per il nostro corpo e non comportano problemi di intolleranza immunologica.

In Asia le stesse patologie degli occidentali, ma senza il glutine!

Serve a poco in definitiva puntare il dito su singole sostanze alimentari come il glutine, o il lattosio (altro business del marketing alimentare moderno), dal momento che anche recenti studi scientifici hanno mostrato come europei e cinesi soffrano delle stesse malattie intestinali, ma queste sono causate da gruppi alimentari diversi. In particolare, in Europa si soffre di sensibilità o intolleranza al glutine non celiaca (NCGS) e in Asia di intolleranza verso cereali come riso e legumi come la soia. Se una stessa malattia (ad esempio la malattia di Crohn) in Europa può avere una relazione con particolari gruppi alimentari (come frumento, lieviti e latte), in Cina può dipendere da soia, riso e mais.

Tutto questo può voler dire solo una cosa: è la dieta sbilanciata nel complesso, e la preparazione di tipo moderno-industriale dei cibi, a causare i problemi intestinali più frequenti che osserviamo oggi. Non si tratta del glutine bensì di un modo di alimentarsi ormai diventato troppo standardizzato e industrializzato. Ancora una volta, quello che potrebbe giovare è proprio il ritorno ad un cibo più genuino e a modalità di preparazione e cottura degli alimenti più semplici e meno artefatte. Raffinare il cibo in maniera troppo pesante ci porta sempre a peggiorare la qualità nutritiva. Spesso non serve raffinare un cibo che la Natura ha già preparato e reso perfetto, perché raffinandolo si va a perdere proprio quella perfezione che garantisce equilibrio anche da un punto di vista di “tolleranza” da parte del nostro intestino. Il caso delle farine e del pane è proprio uno dei casi emblematici di tutto ciò, e sono sempre più gli studiosi ad esserne convinti.

[di Gianpaolo Usai]

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