venerdì 29 Marzo 2024

La UE ammette che l’inflazione energetica è dovuta alle speculazioni sulla borsa di Amsterdam

Legare i prezzi del gas al TTF (Title Transfer Facility) di Amsterdam, ossia la borsa virtuale con sede nei Paesi Bassi dove vengono contrattate le forniture energetiche, ha enormemente aumentato le speculazioni finanziarie grazie ai cosiddetti contratti futures, esponendo così gli Stati europei ad un aumento disastroso delle spese energetiche, specialmente in una situazione di tensione e instabilità geopolitica come quella attuale. È quanto emerge da un rapporto non ufficiale – i cosiddetti “non paper” – redatto dagli stessi funzionari della Commissione europea in vista del Consiglio dei ministri dell’energia tenutosi venerdì scorso. Nel non paper, composto da 17 pagine, i funzionari ammettono che il mercato virtuale olandese è piccolo e con una volatilità dei prezzi fuori controllo che rischia di mettere in ginocchio l’intera economia europea. Il che equivale sostanzialmente ad una implicita ammissione di colpa dell’Unione Europea stessa, perché fu proprio la Commissione a decidere nel 2003 di interrompere le sottoscrizioni dei contratti a lungo termine con Gazprom per passare a legare la quotazione alle leggi di mercato, con le fluttuazioni di valore data dalla dinamica della domanda e dell’offerta stabilite alla borsa di Amsterdam. Decisione che tra l’altro venne prese nonostante la forte contrarietà espressa dal colosso energetico russo. L’obiettivo della Commissione europea, infatti, era la liberalizzazione del settore energetico.

Il TTF è stato istituito come alternativa al National Balancing Point, il mercato del gas del Regno Unito, con il supporto dell’ICE (Intercontinental Exchange), il gigante delle piattaforme finanziarie fondato nel 2000 con l’appoggio delle grandi banche che controlla anche la Borsa di New York. Va da sé che quanti più scambi avvengono sul TTF, quanto più ICE guadagna. Non a caso, i volumi scambiati ad Amsterdam sono esponenzialmente cresciuti negli ultimi due decenni e rappresentano al momento oltre 14 volte la quantità di gas utilizzata dai Paesi Bassi per scopi domestici: in particolare, nel rapporto si evidenzia che, «secondo i dati di ICE, nel 2020 il volume di scambi è aumentato del 24%, dopo aver assistito a una crescita del 100% negli ultimi due anni». Ciò ha permesso al gruppo ICE di registrare nel 2021 una crescita del 10% dei suoi ricavi nel settore dell’energia, pari a 1,2 miliardi di dollari.

Nonostante sia un mercato piccolo, i fondi speculativi e le compagnie energetiche hanno adottato sempre di più la Borsa di Amsterdam come indice di riferimento per la determinazione del prezzo del gas a livello continentale, legando le forniture all’andamento del trimestre precedente dei contratti future. Tanto che nel non-report si legge che «nonostante sia indicativo del mercato nordoccidentale, grazie ai suoi volumi commerciali e alla liquidità, il TTF influenza gli altri centri europei di scambio che altrimenti sarebbero più vicini ai prezzi d’importazione del GNL». Inoltre, viene sottolineato che i valori del TTF sono del 30% superiori alla media dei prezzi registrati nei punti di scambio virtuali degli altri Paesi europei e ciò a causa dell’ampio utilizzo dei contratti futures. In questi contratti si scommette sul prezzo “futuro” del gas (o di altri beni reali detti commodities) e l’attuale situazione in Ucraina insieme allo stop del Nord Stream da parte di Gazprom, facendo presagire un calo delle forniture, ha dato il pretesto per poter mettere in atto le speculazioni: anche quando il gas arrivava ancora regolarmente infatti – ossia prima che Gazprom fermasse il Nord Stream – il solo timore che in futuro i quantitativi potessero diminuire ha giustificato scommesse al rialzo che hanno determinato l’aumento esponenziale dei prezzi in Europa. Cosa che non potrebbe accadere in un mercato maggiormente regolamentato o attraverso la stipula di contratti a lungo termine indipendenti dalle dinamiche di domanda e offerta.

Il non paper dei funzionari europei, dunque, prende in esame la possibilità di «congelare» il prezzo del TTF, ma preso atto che ciò potrebbe causare molti problemi e minare la “credibilità del mercato”, nel rapporto si suggeriscono subito altre due soluzioni: sottoporre il TTF ad una supervisione finanziaria e sviluppare un indice europeo complementare per le transazioni di gas importato. «Un indice europeo parallelo e più armonizzato in termini di equilibri regionali e di fonti di approvvigionamento che metta insieme i differenti indici europei può rappresentare una valida alternativa», si legge nel report.

In sintesi, la Commissione europea sta studiando delle contromisure per rimediare alle conseguenze negative che derivano dalle sue stesse decisioni: la liberalizzazione del settore energetico, infatti, ha permesso ancora una volta ai fondi finanziari e ai gruppi privati di speculare e arricchirsi a dismisura a fronte di un’inflazione dilagante che ha colpito i cittadini europei, confermando così i risvolti nefasti della liberalizzazione che rappresenta la stella polare delle politiche economiche europee. Ora, la stessa Commissione ha dovuto ammettere gli svantaggi e i disequilibri di questa impostazione, elaborando delle alternative ai meccanismi del libero mercato che, ad ora però, non sono ancora state messe in atto. Si tratta, dunque, di capire se l’esecutivo comunitario avrà la volontà di passare dalle ipotesi ai fatti in tempi rapidi con l’obiettivo di contenere il più possibile i danni economici nel Vecchio continente.

[di Giorgia Audiello]

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