giovedì 25 Aprile 2024

Il Tar boccia il ricorso: gli animali della Sfattoria saranno uccisi con l’elettroshock

Il Tar del Lazio ha rigettato la richiesta di sospensiva urgente del provvedimento deciso dall’Asl 1 di Roma, che pochi giorni fa ha notificato un’ordinanza di abbattimento dei 140 animali ospitati da La Sfattoria degli ultimi, a Roma, perché collocati in “zona rossa” per il rischio di peste suina. Gli animali risultano essere tutti sani e tutelati da un’attento rispetto delle norme di biosicurezza da parte dei volontari, tuttavia l’Asl ha comunque deciso di intervenire per tutelare le logiche del profitto e gli interessi dell’industria degli allevamenti italiana, come chiaramente specificato all’interno dell’ordinanza.

“La peste suina africana può avere gravi ripercussioni sulla salute della popolazione dei suini (suini selvatici e suini detenuti) e sulla redditività del settore zootecnico suinicolo, incidendo in modo significativo sulla produttività del settore agricolo a causa di perdite sia dirette che indirette con possibili gravi ripercussioni economiche in relazione al blocco delle movimentazioni delle partire di suini vivi e dei relativi prodotti derivati all’interno dell’Unione e nell’export”: questa la motivazione addotta dall’Asl 1 di Roma per giustificare l’abbattimento dei 140 suidi ospitati dalla Sfattoria degli animali, il rifugio sito nei pressi di Roma che da anni si occupa di cura e tutela di animali provenienti da contesti di pericolo. Abbattimento che, inoltre, verrebbe portato a termine con l’abominevole mezzo dell’elettroshock.

I suidi ospitati dalla struttura non sono stati contagiati da peste suina, ma si trovano in zona rossa e tanto basta per decretarne l’abbattimento. Angelo Ferrari, commissario straordinario per la peste suina, ha addotto come scusanti dell’impossibilità di accogliere la richiesta di sospensiva urgente del provvedimento (e quindi la necessità di rendere esecutiva l’ordinanza di abbattimento) il fatto che gli animali vivessero in una “condizione di illegalità”, poiché “a quanto riferito dall’Asl le strutture che ospitano gli animali risultano essere oggetto di provvedimento di sgombero in quanto sarebbero state occupate abusivamente, che gli animali sarebbero senza tracciabilità e certificazioni di provenienza, che i cinghiali rientrando nella fauna selvatica indisponibile e non possono essere detenuti”.

Tutt’altra la versione fornita dai volontari della struttura: gli animali sono “tutti sani” e la struttura è “regolarmente registrata nella Banca Dati Nazionale del Ministero della Salute”. I suidi, tutti registrati come animali da affezione nella banca dati nazionale (Pet), sono dotati di microchip e registrati come non DPA, ovvero come non destinati ad uso alimentare. In tale contesto la peste suina, qualora contratta, non comporterebbe alcun rischio per l’uomo perché non zoonotica – ovvero non può essere trasmessa dall’animale all’uomo. Alla signora Paola Samaritani, responsabile della struttura, è stato inoltre comunicato che verranno abbattuti tutti gli animali tranne due poiché questo è il numero massimo di suini da accogliere in qualità di animali da affezione non soggetti a macellazione preventiva, numero che tuttavia è stato pensato per i privati e non per i rifugi.

Nelle scorse settimane è partita una vera e propria gara di solidarietà per aiutare il rifugio: la petizione lanciata sulla piattaforma change.org ha raccolto oltre 180 mila firme in pochi giorni, mentre persone provenienti da tutta Italia si sono ritrovate davanti alla Sfattoria in segno di supporto al rifugio.

[di Valeria Casolaro]

 

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