martedì 19 Marzo 2024

In Messico viene ucciso un giornalista ogni nove giorni

In Messico la libertà di stampa e di espressione è una chimera. Soprattutto quando per ogni indagine, per ogni inchiesta e per ogni pubblicazione su un qualsiasi quotidiano il prezzo da pagare è la vita. Proprio come è accaduto ad Armando Linares, direttore del quotidiano locale Monitor Michoacán, crivellato di colpi davanti casa sua, il 15 marzo. È l’ottavo giornalista assassinato nel paese dall’inizio del 2022 (erano stati 9 in tutto il 2021): un bilancio che, in meno di tre mesi, ha reso il Messico il luogo più pericoloso della Terra per fare il giornalista, con una vittima ogni nove giorni.

 

Precedentemente all’omicidio di Linares, solo sei settimane prima aveva perso la vita il collega Roberto Toledo, morto anche lui Zitacuaro, città famosa per i santuari delle farfalle monarca, ma negli ultimi anni anche per i combattimenti tra gruppi criminali rivali. Questi si contendono terreno fertile per portare avanti attività illecite di droga. Come? Incentivando il disboscamento illegale ad esempio, per favorire la coltivazione di marijuana o chiedendo ai piccoli agricoltori del denaro in cambio di protezione dei raccolti.

Della morte di Toledo ne aveva parlato poche settimane dopo El País, pubblicando un video che mostrava i momenti prima del suo omicidio. Secondo le dinamiche della vicenda, l’uomo stava per entrare in ufficio quando due giovani gli si sono avvicinati. Le immagini sembrano mostrare un colloquio fra i tre, che continua all’interno dell’edificio. La stessa palazzina da cui i due aggressori escono poco dopo, fuggendo con le pistole in mano. Per il suo omicidio, l’ufficio del pubblico ministero non ha ancora avviato delle approfondite indagini né arrestato alcun possibile sospettato. Tuttavia, al contrario, durante una conferenza stampa tenutasi mercoledì scorso, Obrador, presidente messicano, ha ribadito che le autorità stessero invece facendo delle ricerche. Ma la fiducia che questo stia accadendo per davvero è molto bassa.

Il suo impegno, in ogni caso, è troppo poco. I giornalisti si trovano spesso a documentare vicende pericolose, diventando il bersaglio dei cartelli della droga. La loro morte il più delle volte non trova giustizia. In molti casi nelle vicende sono coinvolti anche politici locali e funzionari del governo, che ignorano gli accadimenti o ne fanno parte. In Messico infatti l’impunità degli omicidi supera il 90%.

E di questo i giornalisti stessi ne sono consapevoli, così come del rischio che ogni articolo pubblicato possa essere l’ultimo. Già prima della morte di Toledo, che Linares aveva annunciato con un video pubblicato il 31 gennaio, i giornalisti del Monitor Michoacan avevano subito diverse minacce da un gruppo locale. Senza ovviamente ricevere protezione alcuna dalle forze di polizia locali.

Per questo motivo il governo ha recentemente ricevuto una condanna internazionale per l’alto livello di violenza che nel paese si registra contro la stampa. Ma Obrador continua a negare l’evidenza. Anzi, il presidente ha spesso un atteggiamento indisponente nei confronti dei giornalisti. Li chiama per nome, denigra le testate giornalistiche per cui lavorano e sostiene che facciano di tutto per andargli contro.

Dopo che la scorsa settimana il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione nei suoi confronti, per spronarlo a migliorare la sicurezza dei media locali e smettere di “rimproverare” i giornalisti, in risposta Obrador ha pubblicato una lettera aperta in cui criticava gli europei, definendoli delle pecore.

Ma la realtà dei fatti è che il presidente non dà la giusta importanza a quello che accade nel suo paese. Alcuni colleghi di Linares, del giornale Michoacán, hanno criticato a gran voce l’apatia del governo messicano nei confronti degli omicidi. “Non ci sono parole per descrivere la rabbia, l’impotenza e il disgusto che proviamo per il numero crescente di omicidi di giornalisti”.

[di Gloria Ferrari]

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