mercoledì 17 Aprile 2024

Le scuole italiane cadono a pezzi addosso agli studenti

Ci sono molte cose su cui l’Italia deve ancora lavorare, ma ce n’è una, in particolare, su cui è talmente indietro che si fa fatica a intravedere qualche margine di miglioramento: la sicurezza nelle scuole. Intonaco che cede, finestre rotte, muri che non reggono: quello della scarsa sicurezza nelle scuole è un problema da affrontare con estrema urgenza e che riguarda tutto il Paese. Dal liceo Boggio Lera di Catania, dove il 10 novembre è crollato il tetto a causa delle abbondanti piogge, alla palestra della scuola media Staffetti di Massa, che ha subito la stessa sorte. Da Rodigo, in provincia di Mantova, dove è crollato il controsoffitto in un’aula della scuola primaria lo scorso 5 novembre, alle classi siciliane del Don Milani, dove il 3 novembre è venuta giù una parte dei soffitti.

Corridoio scuola

L’elenco potrebbe continuare ancora visto che solo nelle due settimane fra fine ottobre e l’11 novembre ci sono stati ben 6 casi di crolli e 35 fra settembre 2020 e agosto 2021. Sono dati forniti da Cittadinanzattiva, che con il suo XIX rapporto annuale “Osservatorio civico sulla sicurezza a scuola” fotografa un’Italia che trascura un aspetto fondamentale per la salute di un paese: l’istruzione. Mettere in secondo piano (o in terzo) manutenzione e ammodernamento delle strutture scolastiche non solo significa obbligare migliaia di studenti a recarsi ogni giorno in edifici che potrebbero cedere da un momento all’altro. Significa anche che questo può accadere per davvero. Negli ultimi vent’anni decine di studenti hanno perso la vita per il semplice fatto di essersi recati a scuola. Come i 27 bambini e la maestra di una scuola di S. Giuliano di Puglia, sepolti dalle macerie dell’edificio in seguito ad un terremoto.

Strutture inadeguate

Secondo i dati raccolti, più della metà degli istituti scolastici non ha il certificato di agibilità statica, anche se obbligatorio dal 2013 (il 54%) e di prevenzione incendi (il 59%). Anzi, il 39% non ha neppure un collaudo statico. Sarebbe opportuno invertire la rotta soprattutto su questo aspetto, dal momento che sono 17.343, cioè il 43% del totale, le scuole in zone ad elevata sismicità. Non c’è da sorprendersi se le mura e i tetti si sbriciolano di continuo, davanti agli occhi increduli di studenti e insegnanti. Gli edifici scolastici sono spesso vecchi e in piedi ormai da più di 50 anni (il 18%): in Piemonte e Liguria 4 edifici su 10 appartengono a questa categoria. Eppure negli anni non sono mancati fondi destinati nello specifico all’edilizia scolastica. Di certo non sarebbero stati sufficienti a far fronte a tutte le problematiche, ma avrebbero quantomeno arginato in parte il danno. Anche il PNRR ha previso, in questo senso, una somma di denaro (quasi 4 miliardi di euro) ed è importante ora accertarsi che non venga sprecata o utilizzata in maniera poco trasparente.

CROLLO

Soprattutto perché i dati ci dicono che i miglioramenti in ambito sismico, nel nostro paese, sono fermi alla media nazionale del 12%. In Campania, ad esempio, la situazione si presenta complessa e fortemente a rischio: solo il 6% delle scuole è stato migliorato sismicamente e il 4% adeguato. La media non cresce nemmeno tra gli edifici di recente costruzione, perché fra questi solo nell’8% dei casi è stata rispettata la normativa antisismica. Non è comunque indispensabile che si verifichi un terremoto per vedere venir giù qualche pezzo di intonaco. Anzi, accade con una certa frequenta in un quarto di aule (26%), bagni (27%), palestre e corridoi (28%).

Danni accentuati dalla presenza di muffe, infiltrazioni ed evidenti segni di usura. In sintesi, solo il 3% delle scuole può essere considerato in condizioni ottimali. In questa percentuale non rientrano di certo le 17 mila classi che ospitano più di 25 alunni. Quasi 460 mila bambini e ragazzi seguono le lezioni, studiano e svolgono verifiche in aule che dovrebbero contenere almeno dieci persone in meno. Le chiamano, non a caso, classi pollaio. Proprio nelle ultime settimane si sono verificate numerose occupazioni in diversi istituti superiori sparsi per l’Italia. L’intento è quello di chiedere al governo maggiore attenzione sulla condizione dei giovani e della scuola, che va migliorata sia strutturalmente che a livello organizzativo.

Studenti scuola

Fondi fantasma: la vicenda Renzi

Eppure, in Italia negli ultimi due anni sono stati impiegati circa 2 miliardi di euro per l’edilizia scolastica e per indagini diagnostiche. E prima ancora, anche i governi precedenti si erano impegnati a risollevare le sorti delle scuole. In particolare il PD di Matteo Renzi premier, che a suo dire avrebbe speso miliardi per cercare di mettere in sicurezza più di 41 mila edifici. L’obiettivo non è stato centrato nemmeno in regioni messe gravemente in ginocchio dai terremoti degli ultimi dieci anni. Ancora oggi delle 250 scuole destinate a ricevere interventi nelle quattro regioni del centro Italia colpite dal sisma del 2016 (Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria), solo 17 sono stati portati a termine.

Riecheggiano ancora, però, le parole del premier, che su Twitter aveva scritto “Investire sulla scuola è il modo per uscire dalla crisi”, prima di recarsi in un istituto scolastico per la prima uscita ufficiale. Un edificio scelto non a caso: nel profondo nord, in periferia, spesso frequentato da molti studenti immigrati.

Durante il suo insediamento Matteo Renzi aveva promesso di destinare ben 3,5 miliardi per l’edilizia scolastica, “per rendere le scuole più sicure e rilanciare l’edilizia”. Anzi, l’allora ministra dell’Istruzione Stefania Giannini aveva rilanciato la cifra, stimandola attorno ai 3,7 miliardi. Ma i fondi sono via via diminuiti, fino a sparire del tutto, anche se il governo aveva promesso che “2 milioni di ragazzi studieranno in scuole più sicure”. Promesse rimaste su carta, come dimostra il Def (documento di programmazione economica). Invece nei cortili delle scuole continuano ad esserci ingombri o rifiuti, o in un caso su tre (30%) gli spazi sono usati come parcheggio per il personale e le famiglie. Secondo Cittadinanzattiva “metà dei bagni (47%) è privo di carta igienica; nel 64% manca il sapone e nel 77% qualsiasi tipo di asciugamano. Pavimenti irregolari nel 22% dei servizi igienici, finestre e porte rotte rispettivamente nel 7% e nel 10%, segni di sporcizia nel 16% dei casi. E infine, una scuola su cinque (19%) purtroppo risulta priva di bagni per disabili”. Quei miliardi promessi sarebbero sicuramente serviti a qualcosa.

Certe cose non cambiano

Furono gli stessi vertici del ministero dell’Istruzione a svelare il bluff e ad attestare che effettivamente quei soldi erano stati utilizzati per altro. Altro di diverso dalle scuole. Migliaia di euro spesi per operazioni non così urgenti e per accontentare alcune categorie di lavoratori. “Pensavamo di poter gestire quelle risorse, con certe cifre avremmo potuto fare cose importanti. In realtà c’è solo da scegliere tra alcune opzioni di lavori possibili. È tutto incanalato perché quei soldi servono a dare da mangiare ai lavoratori socialmente utili, le scuole vengono dopo”, aveva raccontato al FattoQuotidiano Fernando Iurlaro, dirigente dell’Istituto comprensivo Copertino, in provincia di Lecce. Gli errori del passato non sono comunque riusciti a cambiare il corso degli eventi. Durante la pandemia si sono investiti 4 miliardi di euro tra banchi a rotelle, “personale Covid”, e altre spese inutili mentre ancora oggi nel 55% delle classi mancano attrezzature didattiche e tecnologiche che possano facilitare l’apprendimento degli studenti, soprattutto quelli con disabilità.

Proteste scuola

Il concetto di fondo che probabilmente sfugge agli addetti ai lavori è che le scuole non sono solo “contenitori” fisici, luoghi di ritrovo. Le aule sono piccole abitazioni in miniatura in cui i ragazzi imparano addizioni e sottrazioni, ma apprendono soprattutto i valori etici e sociali alla base di tutte le società democratiche. La scuola dovrebbe valorizzare le loro attitudini e le loro capacità. Cosa è in grado di insegnare loro uno Stato che non ritiene indispensabile garantirgli un posto sicuro in cui crescere?

[di Gloria Ferrari]

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