venerdì 3 Maggio 2024

Un mondo in cui la censura alla stampa è decisa da YouTube: il caso RT

Con una decisione improvvisa la piattaforma video YouTube, ovvero Google che ne è proprietaria, ha deciso apparentemente di sua sponte di chiudere i due canali tedeschi di RT, testata internazionale di informazione finanziata direttamente dal Governo russo. La mossa è stata giustificata con la motivazione della guerra alla disinformazione ed ha destato profondi dissapori politici, con il Ministero degli Esteri del Cremlino che ha promesso ripercussioni sul portale stesso – paventando il bando totale di YouTube in Russia – nonché su ogni giornale tedesco operante nell’area controllata da Mosca.

Una reazione che può sembrare immotivatamente aggressiva, soprattutto se si considera che in vista delle elezioni russe la stessa Roskomnadzor (complicato acronimo che sta per Servizio federale russo per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa) aveva bloccato molti dei siti e delle app vicini all’opposizione. Tuttavia l’ira di Mosca risulta meglio comprensibile se analizzata nel contesto decisamente inusuale in cui nasce: un’azienda privata USA ha oscurato in toto una testata giornalistica operante in un Paese terzo che non aveva manifestato antagonismo nei confronti della sua redazione.

Stando a quanto dichiarato da YouTube, la branca tedesca di RT avrebbe pubblicato un video in cui diffondeva letture inesatte sul COVID-19, meritandosi di conseguenza una sospensione temporanea. Il giornale avrebbe dunque aggirato tale limitazione facendo affidamento al suo canale secondario, Der fehlende Part (“la parte che manca”), cosa che ha spinto gli admin a bloccare tutto.

Non è insolito che il social in questione oscuri dei singoli video o che sospenda momentaneamente alcune attività, piuttosto a essere insolito è il fatto che l’azienda abbia deciso di imporre un intervento tanto radicale nei confronti di un organo di stampa nonostante questo non sia incorso apertamente nelle ire del Governo che lo ospita. Questa incongruenza ha spinto molti a teorizzare che dietro alla manovra di YouTube ci sia la mano di una Germania che non ha voluto compromettersi con atti oscurantisti, accusa che però è stata esplicitamente negata da un portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert.

Altra ipotesi sul tavolo è che l’ordine di staccare la spina alle pagine di RT sia giunto direttamente dagli Stati Uniti, magari nell’ottica di minimizzare la diffusione delle narrazioni favorevoli agli interessi russi, teoria che si poggia sull’idea che l’azienda tech abbia più convenienze a supportare i messaggi della Casa Bianca che a proteggere la libertà di stampa.

Che YouTube abbia portato avanti una decisione presa internamente o che sia stata convinta da una forza censoria discreta ed occulta, resta il fatto che la faccenda rappresenta un precedente inquietante che, in mancanza di un’adeguata risposta politica, potrebbe destare grandi perplessità sul come l’UE sia in grado di difendere il diritto all’informazione.

[di Walter Ferri]

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