giovedì 28 Marzo 2024

Amazzonia, il business della soia aggira le leggi per continuare a disboscare

Tre delle più grandi aziende alimentari al mondo sono accusate di aver acquistato soia favorendo la deforestazione illegale nell’Amazzonia brasiliana. In particolare, le aziende Cargill, Bunge e Cofco avrebbero comprato regolarmente semi di soia dalla multinazionale cinese Fiagril e dalla brasiliana Aliança Agrícola, entrambe rifornite da un agricoltore multato e sanzionato più volte per aver disboscato illegalmente la foresta. A rivelarlo un rapporto del The Bureau of Investigative Journalism. Analizzando immagini satellitari e verbali della polizia, gli autori del documento hanno scoperto come la soia sia stata piantata su terreni precedentemente posti sotto embargo, un divieto governativo rivolto agli agricoltori che hanno violato le norme sulla deforestazione o causato altri danni ambientali.

Un primo caso ha riguardato almeno 15 chilometri quadrati di terreno posti sotto embargo nel 2019, coltivati illegalmente e registrati a nome dell’agricoltore che rifornisce le due multinazionali. Un altro, riguarda invece un divieto imposto nel 2016 dallo stato del Mato Grosso. Qui, l’analisi satellitare condotta da Repórter Brasil ha stabilito che la soia è stata coltivata illegalmente nel 2018 e nel 2019. L’agricoltore, al tempo multato per oltre 1 milione di euro, avrebbe venduto soia a Fiagril e Aliança nel 2019. Quindi, in ogni caso, dopo l’imposizione dell’embargo. L’azienda Bunge ha acquistato soia da Fiagril, mentre Cargill e Cofco da Aliança, dopo che le due società erano state rifornite dal recidivo proprietario terriero. Tuttavia, poiché quest’ultimo coltiva anche terre legittime, non è certo che la soia acquistata dalle due multinazionali provenisse proprio dai campi posti sotto divieto governativo.

La questione ha però attirato particolarmente l’attenzione dal momento in cui tutte le aziende accusate sono impegnate, in quanto firmatarie della Moratoria sulla soia (Amazon Soy Moratorium), a non vendere, acquistare o finanziare il legume se coltivato deforestando l’Amazzonia. Un’iniziativa nata per tutelare la foresta che, tuttavia, ha mostrato ora i suoi primi limiti. «Consentire che diverse proprietà, gestite dalla stessa persona o cooperativa, seguano regole diverse, apre una scappatoia per aggirare la moratoria». È quanto ha affermato Lisa Rausch, ricercatrice presso l’Università del Wisconsin. Successiva solo all’allevamento del bestiame, la coltivazione della soia rappresenta ancora la principale causa agricola di deforestazione. Ciononostante, qualcosa è cambiato. Un recente studio, ha dimostrando che l’Amazon Soy Moratorium ha in realtà avuto un grande successo. Secondo le analisi, in dieci anni, l’iniziativa ha evitato la distruzione di oltre 18 mila km quadrati di foresta, senza che si sia verificata una sostituzione di pascoli con campi di soia o una riduzione della produttività. Alla luce delle recenti denunce, basterebbe quindi un adeguamento della stessa per evitare che i più ‘furbi’ se ne approfittino.

[di Simone Valeri]

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