lunedì 27 Ottobre 2025

Un boss pentito ha rivelato come funziona la mafia in Lombardia

«Il Consorzio lombardo tra le tre mafie esiste, è stato creato nel 2019 e nasce per gestire il tesoro e gli affari di Matteo Messina Denaro». Con questa dichiarazione, William Alfonso Cerbo, noto come “Scarface”, ha deciso di collaborare con la giustizia, confermando l’esistenza di un’alleanza criminale in Lombardia tra Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra nel capoluogo meneghino. Il boss pentito, ritenuto uno dei vertici di questo “sistema mafioso lombardo” indagato dall’inchiesta Hydra, ha cominciato a parlare dal 22 settembre scorso, fornendo alla Procura di Milano dettagli inediti sulla nascita e il funzionamento del Consorzio, che a suo dire sarebbe nato per gestire il patrimonio del superlatitante e creare una “camera di compensazione” al fine di risolvere i conflitti interni.

Cerbo, catanese di 43 anni organicamente inserito nel clan Mazzei dei “carcagnusi”, ha depositato quasi mille pagine di verbali che i pm Alessandra Cerreti e Rosario Ferracane hanno presentato al gup Emanuele Mancini durante l’udienza preliminare nell’aula bunker di San Vittore. Le sue rivelazioni blindano l’impianto accusatorio e offrono per la prima volta uno sguardo dall’interno della macchina criminale. «Intendo rispondere e ribadisco l’intenzione di collaborare pienamente con la giustizia, riferendo tutto quanto è a mia conoscenza», ha esordito il pentito il 22 settembre, aggiungendo: «Ammetto la partecipazione al reato associativo quale affiliato e collettore economico a Milano del clan Mazzei di Catania. Ho deciso di collaborare per i miei figli e la mia famiglia, cambiare vita e dare loro un futuro migliore».

Secondo la ricostruzione di Cerbo, il Consorzio – da lui chiamato «unione» – si è formato nel 2019 principalmente per due scopi: gestire unitariamente il tesoro di Messina Denaro e dirimere le controversie tra i clan. «Il cardine di tutto è l’aspetto economico», ha spiegato il pentito, sottolineando come le mafie si siano consorziate proprio per massimizzare gli affari illeciti, lasciando invece alla discrezionalità di ogni componente il traffico di droga. Il suo ruolo all’interno dell’organizzazione era di primo piano: gli vengono contestati «compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni da compiere, conducendo attività illecite in ordine alla sfera delle attività economico-finanziarie illecite e delle intestazioni fittizie, contribuendo all’alimentazione della cassa comune, acquisendo il controllo di attività economiche, in particolare nel settore logistico e della ristorazione». Inoltre «mettendo a disposizione dell’associazione la propria sfera relazionale, accrescendo il cosiddetto capitale sociale, mirando all’infiltrazione del tessuto economico/sociale lombardo».

Cerbo ha partecipato personalmente al primo summit del Consorzio monitorato dalle forze dell’ordine, il 3 giugno 2020 al ristorante Sardinia di Inveruno. All’incontro – uno dei venti poi documentati – erano presenti anche Vincenzo Senese, figlio del boss della camorra romana Michele Senese, Gioacchino Amico e Giancarlo Vestiti, manager di vertice della nuova “Mafia Spa”. In un’intercettazione, lo stesso Amico sintetizzò la portata del sistema affermando: «Abbiamo costruito un impero e ci siamo fatti autorizzare tutto da Milano passando dalla Calabria, da Napoli, ovunque». Cerbo ha inoltre raccontato di essere stato avvertito delle indagini a suo carico da un carabiniere corrotto: «Un mio amico, nonché personaggio molto inserito, mi disse che aveva un carabiniere in servizio corrotto che poteva darmi tutte le informazioni possibili su eventuali indagini in corso su me. Così un giorno organizzammo un fermo in strada». L’agente gli riferì «che avevo la Dda milanese addosso. Sapeva tutto, mi avvertì che a breve ci sarebbe stata un’operazione per 416 bis».

Le dichiarazioni di Cerbo non solo confermano l’esistenza del Consorzio, ma aprono nuovi fronti investigativi, anche grazie al rinvenimento di intercettazioni della Procura di Catanzaro in cui si fa esplicito riferimento a una “cupola” mafiosa in Lombardia. Come ha spiegato un inquirente, «quando iniziamo l’indagine fotografiamo una macchina in corsa. Una macchina nuova che ha appena iniziato a muoversi. Le parole di Cerbo ci aiutano a capire come è stata costruita questa macchina e quali sono gli strumenti che la comandano». Un vaso di Pandora che potrebbe cambiare per sempre la comprensione delle infiltrazioni mafiose al Nord.

Lo scorso ottobre, i giudici del tribunale del Riesame avevano ufficialmente riconosciuto la presenza di un’alleanza tra le tre grandi consorterie mafiose dello Stivale in Lombardia, che era stata ampiamente documentata dalle ricostruzioni dei carabinieri del Nucleo investigativo di Milano in merito agli incontri tra i loro esponenti, interamente confluite nell’inchiesta Hydra. Al centro del “patto”, hanno attestato i giudici, vi sarebbero stati la gestione del traffico di droga, l’infiltrazione del tessuto economico e imprenditoriale della regione, il riciclaggio e le estorsioni. Accogliendo le tesi dei pm, che un anno prima non erano state avallate dal GIP, il Riesame ha ritenuto «ampiamente dimostrato che il sodalizio contestato abbia fatto effettivo, concreto, attuale e percepibile uso, anche con metodi violenti o minacciosi, della forza di intimidazione nella commissione di delitti come nella acquisizione del controllo e gestione di attività economiche», ovvero degli «ambiti di attività che, secondo il parametro normativo, tipizzano la natura mafiosa del gruppo».

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

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